"Fai un respiro profondo..." disse Iano, appoggiando lo stetoscopio sul torace di Massimiliano. Il freddo del metallo lo fece sobbalzare appena, ma lui obbedì, inspirando profondamente. Iano si concentrò, il viso serio, mentre ascoltava i sibili provenienti dai suoi polmoni.
"Posso rivestirmi ora?" chiese Massimiliano, interrompendo il silenzio. "Sí, io ho finito." Iano si spostò indietro, appese lo stetoscopio al collo e tornò alla sua scrivania per compilare il modulo sul computer. Massimiliano si abbottonò la camicia in fretta, le sue dita si muovevano con una nervosità malcelata. "Iano, io ho bisogno di lavorare." disse con un tono teso, quasi accusatorio.
"Capisco..." rispose Iano senza spostare lo sguardo dallo schermo. Non parlava per prammatica però. Capiva davvero cosa stesse attraversando. Eppure, a cosa serviva comprendere, se non poteva fare nulla per aiutarlo? "Al Centro hanno aumentato il prezzo dell'acqua ancora una volta!" Massimiliano esitò per un attimo, poi aggiunse, più forte: "Io mi sento inutile! Non posso lasciare che Giusy pensi a tutto!"
Iano continuava a scrivere, le dita ferme ma precise sulla tastiera. Non disse nulla. Era abituato a quel genere di sfoghi: li aveva sentiti mille volte, parole diverse, ma stessi temi. "Sto tutto il giorno a casa, l'unico diversivo sono le tue..." Massimiliano si interruppe di colpo. Iano aveva alzato lo sguardo e lo stava fissando, serio, con un'espressione che non ammetteva repliche. Gli occhi del suo amico si abbassarono come per riflesso e la frase gli si bloccò in gola, strozzata. Deglutì, cercando di recuperare la calma, ma il rossore che gli era salito alle guance tradiva la sua vergogna.
Massimiliano si passò cosí una mano tra i capelli, scompigliandoli, prima di sbottare: "Insomma, Iano, io sto pensando di lasciare Ragusa e andare al nord a lavorare." Quelle parole risuonarono nell'ambulatorio come una confessione a lungo trattenuta. Massimiliano si passò poi una mano sulla nuca, senza riuscire a guardare l'amico. Iano sospirò e smise di digitare sulla tastiera. Lo osservò con l'espressione di chi sapeva già dove quella conversazione sarebbe andata a finire.
"Massimiliano..." disse, con un tono esortativo. "Sì, lo so cosa devi dirmi ora..." Massimiliano alzò finalmente gli occhi, cercando di sorridere con amara ironia. "Se vado in Lombardia nelle mie condizioni, tanto vale che mi lanci contro un treno."
La battuta era vecchia, un tormentone fra i due, eppure la ripeterono in coro come una sorta di rituale. Solo che stavolta nessuno rise. "Lo sai meglio di me, Massimiliano," riprese Iano, la voce grave, "le tue condizioni di salute non migliorano.""Io non ce la faccio più!" sbottò l'altro con il volto paonazzo. "Ma si può sapere cosa ho, Iano? Sono due anni che ho i sintomi dell'influenza! Sempre la stessa stanchezza, la stessa febbre che va e viene... È come vivere a metà!" Fece una pausa, passandosi una mano sul viso con un gesto stanco. «E Giusy... Giusy è stanca di mandare avanti tutto da sola. E ha ragione." Iano incrociò le braccia e non gli rispose: non aveva risposte per la sua condizione.
L'inverno era ormai sparito dalle vite di tutti. Le stagioni erano ridotte a un caos di nubifragi, tifoni e ondate di calore. L'unico simulacro rimasto del freddo di un tempo era l'influenza, che ormai colpiva in qualunque mese dell'anno. Tuttavia l'influenza fu solo un'etichetta comoda per una malattia che, due anni prima, aveva travolto l'emisfero boreale, contagiando milioni di persone, tra cui Massimiliano. La ricordava bene, Iano, quella fase pandemica: nessuna misura per contenere il contagio, nessun piano d'emergenza. Era stata trattata come una banale malattia stagionale, nonostante le terapie intensive si fossero riempite fino al collasso e i decessi fossero saliti vertiginosamente.
Iano si era arreso all'idea che nulla sarebbe stato fatto quando, durante quelle settimane frenetiche, aveva cercato notizie online.Aveva digitato pandemia Covid-19 sui motori di ricerca ufficiali e aveva trovato solo articoli che minimizzavano l'efficacia di ogni misura preventiva: isolamento, mascherine, distanziamento sociale. Non si parlava di come fermare la malattia, ma solo dell'impatto negativo di quelle misure sull'economia e sulla stabilità sociale. A quel punto, gli fu chiaro il motivo di tutta quella negligenza: le fabbriche dovevano continuare a produrre. Era la Guerra Grande e bloccare le industrie significava rallentare la macchina militare che sosteneva i conflitti globali.
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Un mondo alla fine del mondo
Science FictionIn un mondo devastato dai cambiamenti climatici e dal caos derivante dalle guerre per le risorse scarse, la vita è difficile ma la resistenza é ormai inesistente. Iano è un medico che vive in Sicilia, e cerca come può di aiutare una popolazione che...