Capitolo 13

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Non può piovere per sempre, è molto probabile che quando smette di piovere venga a grandinare!

(Prima legge di Cabri sulla meteorologia – Legge di Murphy)



Pioggia. Pioggia. Pioggia e ancora pioggia.

E pensare che quella giornata era iniziata con una splendida alba, piena di colori che andavano dal giallo al blu con qualche nuvoletta passeggera qua e là. Nel pomeriggio il cielo si era coperto in fretta di nuvole nere e minacciose tutt'altro che passeggere. Non avevo alcuna intenzione di fare un altro bagno sotto la pioggia scrosciante, perché sarebbe stato il terzo in due settimane. Al diavolo Cullen e il lavoro; mi doveva ancora una giornata libera per aver lavorato da sola per tutta la domenica e per aver fatto l'apertura il lunedì mattina. Per assurdo mi aveva promesso un giorno di ferie e sarebbe stato lui a decidere quando. Da non crederci.

La cosa più saggia da fare era quella di aspettare che smettesse di piovere sotto la tettoia dell'ingresso principale della scuola, tanto se ne erano già andati via tutti riparati dai loro ombrelli. Avevo quello richiudibile in borsa e dubitavo che in bici potesse essermi utile vista la tempesta in atto. Così mi sedetti sul pavimento – le panchine erano troppo esposte alle intemperie – con il cellulare alla mano pronta ad avvisare Chan. Almeno lui avrebbe potuto far sapere a quello schiavista di Cullen il motivo per cui non ero ancora arrivata.

Ash: Diluvia. Di' a Cullen che arrivo quando smetterà di piovere.

Nel momento in cui gli inviai il messaggio, la pioggia sembrò diminuire fino a diventare solo una pioggerellina lieve.

 Ash: Niente. Lascia perdere. Arrivo.

Mi alzai aiutandomi con una mano e mi incamminai per andare a recuperare la mia bici, legata a un palo nel parco oltre il parcheggio anteriore; avevo deciso di lasciarla lì, piuttosto che sul retro della scuola dove tutti potevano vederla. Il problema fu che dopo aver attraversato la strada, la pioggia cominciò di nuovo a cadere con una certa intensità; prima con gocce fini simili a nevischio e poi a chicchi di grandine che mi rimbalzavano sulla testa.

«Cazzo». Battei in ritirata rifugiandomi di nuovo sotto la tettoia. «Che giornata di merda».

Dovetti fermarmi di botto perché qualcuno stava per uscire dalla porta; non un professore, non il consulente scolastico, non il preside. Si trattava di un mio compagno di scuola. Uno dei tanti che non mi andava di incontrare in pubblico, ma con cui desideravo tanto parlare in privato: Elliott.

Forse si era trattenuto dopo le lezioni a parlare con qualche professore o per i fatti suoi. Ma fanculo il motivo per cui fosse lì. Pensai che fosse la giusta occasione per prenderlo in disparte e parlare senza il gruppetto degli "odiosi" intorno. Ero quasi tentata di muovere un passo dopo l'altro per raggiungerlo e abbracciarlo, perché tanto non ci avrebbe visto nessuno. Avrei voluto dirgli che si era comportato da stronzo, che io non ero come mio padre e non avrebbe dovuto prendersela con me. E anche che non avrebbe mai dovuto lasciarmi per rimettersi con la sua ex. Invece rimasi ferma con lo sguardo fisso su di lui che non si era ancora accorto di me perché aveva la testa bassa. Non appena mi vide si pietrificò incrociando il mio sguardo per degli attimi interminabili, senza cambiare espressione o mostrare le sue intenzioni o farmi capire ciò che gli girava per la testa; fino a quando mosse il primo passo incerto, guardingo, come fosse un uomo braccato da una bestia feroce. Mi raggiunse in poco tempo senza mai distogliere lo sguardo; sentivo che voleva dirmi qualcosa, come era già successo in pizzeria, tuttavia qualcosa lo tratteneva. Qualcosa che non aveva a che fare con Ruby e gli altri. Avrei preferito che mi urlasse contro tutti i suoi pensieri, piuttosto che essere investita dal suo silenzio. Si fermò proprio di fianco a me, non certo per abbracciarmi o per tendermi la mano in segno di pace... no. Si affrettò a prendere l'ombrello dalla borsa, lo aprì e se ne andò via. E il silenzio si trasformò in tanti piccoli tonfi della grandine mista a pioggia sulla copertura dell'ombrello. Mi voltai e lo vidi mentre si allontanava a passi lenti e pesanti. Si bloccò dopo aver notato un'auto sportiva nera parcheggiata rasente al marciapiede. Channing era in tenuta da lavoro e mi aspettava sotto a un ombrello formato gigante della Goodyear. Channing Glynne che veniva a prendermi a scuola di sua spontanea volontà? I miei occhi erano tutti per Elliott che si era girato a sua volta verso di lui per seguirne gli spostamenti. Infatti, Chan, si stava avvicinando per venirmi a prendere fin sotto la tettoia.

Mai innamorarti del tuo confidente (Confident #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora