Capitolo 20

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Il regalo più prezioso che possiamo fare a qualcuno è la nostra attenzione.

(Thich Nhat Hanh)


Ero entrata da poco nel negozio di Dolly perché non avevo altro da fare; sarebbe stato meglio starmene fuori a parlare da sola o con Cullen che sospirava ogni cinque minuti, ripensando probabilmente alla notte – o alle notti, chi poteva dirlo – passate con la sua Dolores. Erano comici quei due insieme. A Dolly avrebbe fatto bene frequentare un solo uomo per volta. Cullen era di poche parole, a volte scorbutico e arrogante, ma dall'animo buono e si meritava di essere felice.

«Tesorino, sta per entrare il tuo amichetto del cuore», mi stuzzicò lei con la sua spiccata malizia.

Non c'era bisogno di voltarmi per capire di chi parlasse. Da quando ci aveva beccati a sbaciucchiarci non aveva perso occasione per fare qualche battutina ironica delle sue o a prendermi in giro, anche di fronte a mia madre con riferimenti in codice che solo io e lei potevamo interpretare, del tipo: «Gli uomini e le donne non possono essere amici. Tu che ne pensi, Ash?».

Fortuna che mia madre aveva fin troppe cose a cui pensare e lo aveva considerato come un normale scambio di opinioni tra donne. Era anche rimasta soddisfatta dal fatto che Dolly mi avesse resa partecipe dei loro discorsi e non mi avesse esclusa, come invece faceva di solito.

«E anche di letto», sottolineò a voce bassa, poco prima che Chan fosse entrato in negozio a passo svelto. Aveva una strana espressione disegnata sul volto, come se avesse fretta o fosse impaziente di fare qualcosa. «Sarà qui per chiederti un incontro clandestino», nel frattempo Dolly continuò a prendermi in giro. Si lasciò addirittura andare a un «Grrrr», agitando la mano in aria come a voler imitare la mossa della tigre.

«Ma la vuoi smettere?», la redarguì lui con tanto di occhiataccia rivolta verso di lei. Si avvicinò a me, mi cinse le spalle con un braccio e si piegò per darmi un bacio innocente sulla testa pungendomi con la barba che si era lasciato crescere; a me piaceva di più quando era senza, con la pelle liscia e non ispida, perché sembrava più giovane e la differenza di età tra me e lui non si notava poi così tanto. La barba, invece, gli infondeva un che di più maturo, più adulto. Lo scansai malamente cercando di divincolarmi e nel farlo provocai l'effetto contrario perché serrò la stretta dandomi modo di respirare l'odore acre che emanava la sua tuta da lavoro. Tra tutti e due era una gara a chi puzzasse di più di benzina; il suo era più pesante ed era reso più irrespirabile dai fumi di scarico e dal grasso di motore. «Devi venire con me», aumentò la pressione della mano sulla mia spalla. «Ti devo far vedere una cosa».

«Uhhhhh», Dolly si sistemò i capelli vaporosi pettinandoseli all'indietro, come se fosse stata investita da un'ondata di caldo improvvisa. «E cosa ti farà mai vedere?», sghignazzò in preda alla ridarella.

Chan sbuffò. «Ma pensi sempre a quello?», scrollò la testa.

«E a cos'altro dovrei pensare? Come te, no? Non per niente siamo parenti», rise ancora più forte.

La ignorò di proposito concentrandosi su di me in attesa di una risposta. «Non ho molto tempo, comunque», lo freddai con un'occhiataccia in tralice.

«Be' cinque minuti per una sveltina si trovano sempre, Ash», si intromise lei, mostrandomi un ghigno sornione.

«Non è per una sveltina», Chan le rispose acido, indirizzandole una smorfia con le labbra. Si voltò verso di me: «Ti fidi?».

Strinsi le labbra per trattenere un sorriso. «Ovvio», mugolai, «anche se quel sorrisetto non mi piace affatto».

Mai innamorarti del tuo confidente (Confident #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora