Dia 14

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Pov Dia

Ero in camera quando improvvisamente sentii un liquido scorrermi lungo le gambe. Mi bloccai, incredula, e poi un dolore pungente mi scosse. Le acque si erano rotte. Istintivamente urlai, e poco dopo Bram arrivò, con il viso rigido ma gli occhi pieni di allarme.

Bram: "Cosa succede?"

Dia: "Mi si sono rotte le acque!"

Ci fu un istante di silenzio, come se anche lui stesse realizzando la portata del momento. Poi si mosse con rapidità.

Bram: "Oh mio Dio, stiamo per avere nostro figlio. Va bene, prendo la borsa. Ti porto subito in ospedale."

Lo guardai muoversi con determinazione, e dentro di me si mescolarono emozioni opposte. Paura e sollievo. Quel momento che avevo sognato e temuto stava arrivando. Avrei passato il resto della mia vita con quest'uomo, un vecchio ma ricco. Forse non era amore, ma Bram era gentile, attento, e in qualche modo... protettivo. Forse questo bastava.

Presi il telefono con mani tremanti per chiamare mia madre.

Fatima: "Sí?"

Dia: "Mamá, mi si sono rotte le acque."

Sentii un urlo dall'altro lato della linea.

Fatima: "¡Dios mío! È fantastico! Dimmi, dove ti porta Bram?"

Alzai lo sguardo verso di lui, che stava controllando tutto meticolosamente.

Dia: "Bram, dove mi porti?"

Bram: "New York Presbyterian Hospital. È il migliore."

Ripetei le sue parole a mia madre, e lei approvò con entusiasmo.

Fatima: "Perfetto, tesoro. Vai tranquilla. Ti voglio bene!"

Dia: "Anche io, mamá."

Chiusi la chiamata e sentii un'altra fitta. Bram mi prese subito sottobraccio.

Bram: "Andiamo, ti porto in ospedale."

Mi aiutò a salire in macchina. Ogni movimento faceva crescere il dolore, ma non era solo fisico. Era la consapevolezza che tutto stava per cambiare. Il mio respiro si fece corto.

Dia: "Fa male... tanto male..."

Bram: "Shhh, tesoro. Respira. Andrà tutto bene."

Dia: "Ho paura, Bram."

Lui mi guardò mentre guidava. Per un attimo, la sua espressione tradì qualcosa di profondo, forse compassione, forse incertezza.

Bram: "Lo so. Ma sei forte. E io sono qui per te."

Quando arrivammo all'ospedale, il caos prese il sopravvento. Bram scese e chiamò subito aiuto.

Bram: "La mia fidanzata sta per partorire!"

Apparvero subito i medici, efficienti e rapidi. Mi misero su una sedia a rotelle.

Dottoressa: "Signora, si calmi. Faremo tutto il possibile."

Mi guidarono lungo i corridoi, e io cercai di rispondere alle domande della dottoressa.

Dottoressa: "Il suo nome?"

Dia: "Dia Castillo."

Dottoressa: "Messicana?"

Annuii, e notai un'espressione strana sul suo viso. Prima che potessi dire qualcosa, Bram intervenne. Il suo sguardo freddo e penetrante la fece subito cambiare atteggiamento.

Dottoressa: "Che meraviglia! Il Messico è un paese bellissimo."

Sentii un'altra fitta, più forte, e urlai. Bram si chinò verso di me.

Bram: "Non è niente, tesoro. Respira. Ci sono io."

Quando mi portarono nella sala parto, Bram non mi lasciò. Mi prese in braccio e mi mise sul lettino, con una delicatezza sorprendente. Poi si chinò e mi baciò. Era un gesto che prima mi faceva ribrezzo, ma ora... lo tolleravo. Forse c'era qualcosa di più.

Bram: "Sei straordinaria, Dia. Farai un ottimo lavoro. Non ti lascerò mai."

Mi strinse la mano, e in quel momento il dolore sembrò più sopportabile. Forse perché, per la prima volta, mi sentii davvero al sicuro. E così, il parto cominciò.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 hours ago ⏰

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