Bram 2

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POV Bram

Entrai di nuovo in quel pub. Ogni volta che varcavo quella porta, mi assaliva il disgusto per l'odore di birra stantia e il rumore delle chiacchiere inutili, ma mi ripetevo che tutto questo sacrificio aveva un fine più grande. Se giocavo bene le mie carte, avrei avuto un bambino, ed era tutto ciò che contava. Quella volta avevo portato dei fiori per Dia, un gesto calcolato per guadagnarmi la sua fiducia, per farle sentire che la stavo coccolando. Mi sedetti al solito tavolo, e lei mi vide subito.

Dia: "Ciao, Bram."

Bram: "Ehi, Dia. Ti ho portato dei fiori."

Dia: "Davvero? Sono per me?"

Bram: "Sì, sono tutti per te."

Lei sorrise, sorpresa e un po' imbarazzata. Glieli diedi, osservando la sua reazione, e sentii che la mia tattica stava funzionando.

Bram: "Posso toccarti la pancia?"

Dia: "Sì, va bene."

Appoggiai la mano sulla sua pancia. Era un gesto intimo e, per un attimo, provai un piacere quasi morboso sentendo il bambino muoversi sotto la mia mano. Quel bambino sarebbe stato mio, ne ero convinto, e la sensazione di possesso che provavo mi rendeva euforico. Tolsi la mano con riluttanza.

Bram: "Sta crescendo bene."

Dia: "Sì."

Bram: "Sono felice di saperlo. Potresti portarmi una birra piccola?"

La birra piccola. La detestavo, ma tra tutte le opzioni sul menu era la meno peggio. La verità era che odiavo tutto di quel posto, tranne lei e quello che rappresentava.

Dia: "Certo."

La osservai mentre andava al bancone. C'era qualcosa di vulnerabile e al tempo stesso forte in lei, una combinazione perfetta per il mio piano. Tornò con la birra, e le rivolsi un sorriso falso, ma caloroso.

Bram: "Grazie. Posso farti una domanda? Hai delle amiche con cui esci, dopo il lavoro?"

Dia: "Beh, da quando sono incinta non faccio molto con le mie amiche. Prima ci divertivamo ad andare in discoteca, a uscire e chiacchierare. Eravamo un bel gruppo e ci sostenevamo a vicenda. Ora le vedo solo la domenica, quando posso."

Bram: "Capisco. È bello avere qualcuno su cui contare. E loro, come hanno reagito alla tua gravidanza?"

Dia: "Sono state tutte molto carine."

Bram: "Mi fa piacere. E quando nascerà il bambino, prenderai una pausa dal lavoro?"

Dia: "Sì, penso di sì, ma non so ancora per quanto."

Era troppo presto per fare la mia mossa. Non potevo ancora proporle di far figurare me come il padre del bambino; avrei rischiato di spaventarla. Ma era solo questione di tempo, e sapevo che dovevo guadagnarmi la sua fiducia un passo alla volta.

Bram: "Fai bene a pensare di prenderti una pausa. So che lavori sodo per guadagnare, ma anche il riposo è importante. Devi pensare a te stessa e al bambino."

Dia: "Grazie. Vorrei davvero riuscire a farlo crescere bene, che possa andare a scuola e avere un futuro, ma so che sarà difficile."

Le parole che mi passavano per la testa erano diverse da quelle che dissi: “Non preoccuparti, me ne occuperò io. Il bambino avrà tutto ciò di cui ha bisogno.” Ma non era ancora il momento di mostrarle la mia intenzione, così rimasi vago.

Bram: "Sono sicuro che ce la farai. Adesso devo andare."

Prima di andarmene, tirai fuori 200 dollari e glieli allungai con un sorriso che sapevo avrebbe trovato rassicurante.

Bram: "Hai fatto un ottimo lavoro anche oggi."

Dia: "Grazie, Bram."

La salutai e me ne andai verso la macchina, ma nella mia mente continuavano a girare pensieri ben diversi da quelli che le avevo appena mostrato. Ripensai a tutte le donne che avevo lasciato nel corso degli anni, quelle che non mi avevano dato un figlio. Non mi importava quanto le avessi amate, alla fine erano diventate inutili. L'amore senza un bambino era un vuoto, e non avevo mai avuto remore a chiudere quelle relazioni. Quando scoprii di essere sterile, ci fu una parte di me che si spezzò, ma anche allora non mi fermai. Continuai a cercare, a provare, come se volessi sfidare il destino.

Dia rappresentava la mia occasione di avere ciò che avevo sempre voluto, ed ero pronto a tutto pur di ottenere quel bambino. Non mi importava di sembrare un maniaco o un uomo ossessivo; l'importante era che, alla fine, avrei avuto un figlio da chiamare mio.

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