"Mum?"

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A volte la vita ti riserva delle sorprese, belle o brutte che siano. Ho sempre pensato che il nostro scopo della vita fosse proprio quello di affrontare tutti gli ostacoli e abituarsi alle sorprese che il fato riservasse per noi. Non sono mai stata una che credeva a ste cazzate ma dopo aver passato un'adolescenza come la mia ci si abitua a tutto. Le sorprese più belle che ci possono capitare sono le persone. Arrivano nella tua vita quelle persone che, da un giorno all'altro, ti fanno ricredere, ti fanno cambiare. Ma capita anche che le persone ti possano uccidere. Si, sono le persone che uccidono, con quelle parole a cui danno così poco peso, ma che possono ferire nell' anima più profonda. Eppure, a volte, non sono solo persone reali, è questo il problema.

***
La luce filtrava a malapena dagli alberi così vicini tra loro e così grandi. Quel bosco sembrava tutt'altro che uno di quei boschetti alla "Bambi", ma al contrario era un ambiente cupo, inquieto, che solo a vederlo ti si gelava il sangue. Non sapevo perché mi trovavo in quel posto, ma avevo tanta paura. La pelle nuda dei miei talloni venne a contatto con l'erba umida e i miei capelli vennero leggermente spostati da un lieve venticello freddo. Avevo addosso una camicia bianca, strappata in alcuni punti, che mi arrivava alle ginocchia e stavo tremando per il freddo, ma, vista la situazione continuai a camminare, andando avanti in cerca di qualcosa o qualcuno. Il venticello stava aumentando, ora era vero e proprio vento e dovetti incrociare le braccia e raggomitolarmi di più per tenermi calda. Sentivo il rumore che faceva, il vento, tra quegli alberi così fitti. Era tanto forte che iniziarono a cadere anche dei piccoli rametti e, ad ogni caduta, un brivido si faceva strada per tutta la mia schiena. Continuai a camminare convinta che non avrei mai trovato una via d'uscita mentre ora anche le foglie avevano iniziato a staccarsi e a cadere pesantemente sulla terra. Quando pensai di essere al limite di sopportazione intravidi una figura davanti a me. Era una donna, una bellissima donna. Non era tanto alta, aveva i capelli di un biondo ramato, ma il viso era offuscato, come se mi fosse proibito riconoscere quella persona.

-Senti il freddo e il gelo? Senti la paura e l'ansia? Senti il dolore e la preoccupazione?- Sentii che pian piano stava alzando il tono della voce, sempre più roca, sempre più intimidatoria e la mia paura andava sempre più crescendo.

-Te li meriti Loraine. Tu non sei fatta per questa vita, per questo stai soffrendo! Credi che delle personcine che conosci a malapena possano tenere a te e possano davvero migliorarti la vita?- Il suo tono di voce era duro e io sapevo che non sarei riuscita a sostenerlo per tanto.

Iniziavo a sentirmi male, tutto diventava sempre più sfocato e gli alberi iniziavano a crollare. Lei si stava avvicinando e io non feci altro che rimanere immobile, mettendomi le mani sopra le orecchie. La donna era sempre più vicina, fino a quando non fummo faccia a faccia. Un albero crollò dietro di me.

-Sii più realista, figlia mia.-

Iniziai a urlare e continuai, continuai finchè sentii un albero scricchiolare sopra di me. Stava arrivando. Ebbi il tempo e le forze di dire solo una cosa che parve rimbombare nella mia testa. "Mamma?".

Aprii gli occhi e mi tirai su di scatto su quello che doveva essere un divanetto di pelle. La testa iniziò subito a pulsare e tutto girava intorno a me. Mi ci volle un po' di tempo e un barista che mi passò davanti per capire che mi trovavo ancora nel locale in cui la sera prima ero entrata per cercare informazioni. A quanto pareva non mi ero soffermata tanto sulle informazioni, ma non ricordavo nulla.

-Alla buon'ora signorina! Vuole anche un caffè per caso o un croissant alla marmellata di mirtilli?- Un tizio della security molto alto e palestrato mi si parò davanti e iniziò a parlare molto sarcasticamente, ma io non riuscii a stargli dietro. La testa faceva male e mi sentivo davvero uno schifo.

-Dov'è il bagno?- Chiesi ancora frastornata. Mi sembrava di sentire ancora quella musica nelle orecchie.

-Da quella parte.- Disse l'omone indicando un punto non preciso alla mia destra. –Ma prima prendi questa, ti servirà se vuoi riuscire a tornare a casa.- E mi porse una pastiglia con un bicchiere d'acqua. Ingoiai subito la pastiglia e bevvi tutto il bicchiere d'acqua senza esitazioni. Sentii il mio stomaco brontolare, forse il per la mancanza di cibo, ma me ne fregai.

L'uomo si allontanò e io mi alzai dal divano e dovetti aggrapparmi al bracciolo per non cadere. Con molta fatica mi avviai verso il punto che mi aveva indicato precedentemente fino a che non vidi una porta rossa e vi ci entrai. Appena misi piede lì dentro un pesante odore di erba mi travolse costringendomi a tossire un paio di volte. Quell'odore mi ricordava tanto il mio primo incontro con Brent...Ah Brent, se solo sapesse dove sono.

 Decisi di scacciare quei pensieri dalla testa e mi specchiai, a forza. Il trucco era abbastanza rovinato per tutti i pianti del giorno prima e quasi non c'era più, gli occhi erano gonfi e sembravo una maledetta drogata di quelli del libro "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino"; le occhiaie invece facevano padronanza su tutte le gote e la mia carnagione pallida non aiutava per niente. Aprii l'acqua fredda e mi sciacquai la faccia un po' di volte per togliere anche quel poco trucco rimasto. Legai i capelli che, nella notte dovevo aver slegato per chissà quale motivo e feci pipì. Uscii dal locale salutando e ringraziando il barista e l'omone che mi diedero informazioni per poter tornare a casa. Mentre camminavo mi chiedevo veramente se volessi davvero tornare a casa, poi guardai l'orario: 8.16, sarei dovuta entrare a scuola. Entrare a scuola con i vestiti del giorno prima, struccata, con i capelli legati, gli occhi gonfi e la puzza di alcool addosso. Non era proprio consigliabile ma date le circostanze era l'unico posto in cui potevo andare e mi autoconvinsi che era la cosa migliore da fare.

 Per strada vidi un sacco di ragazze della mia scuola tutte vestite bene e truccate e poi c'ero io...Sì, perfetto "sarà una giornata grandiosa" pensai. Arrivai davanti al cancello della scuola e molte persone mi guardarono male.

-Fatevi i cazzi vostri.- Dissi a bassa voce tra me e me.

Stavo per entrare nel cancello quando qualcuno da dietro mi fermò, afferrandomi per i fianchi. Ebbi una grande paura che fosse Brent.

-Ehi, ehm...Tutto bene?- Un ragazzo quasi della mia altezza mi si presentò davanti. L'avevo già visto da qualche parte e cercai di ricordare dove l'avevo già visto, ma il mal di testa non voleva abbandonarmi. Non avevo neanche più le forze per spingerlo via e andarmene.

-Ti conosco?- Chiesi con quella poca voce che mi rimaneva.

-Si...Sono l'amico di Brent, quello che era con lui la prima volta che l'hai incontrato.-

Ora stavano riaffiorando i ricordi e, soprattutto quelli con Brent.

-Oh, si, ora ricordo.- Risposi con una punta di tristezza, iniziando a guardare in basso. Non potevo piangere, non avevo più lacrime e non avrei più dovuto farlo per Brent.

-Sei conciata malissimo e, per di più, non hai neanche uno straccio di zaino. Perché sei qua? Non mi sembri una che vuole entrare a scuola e buttarsi sui libri, anche perchè non ne hai neanche uno.- Disse con un tono leggermente ironico.

Aveva ragione, ma non avrei potuto di certospiegargli tutto ciò che era successo dal mattino precedente; nel senso, mancosapevo il suo nome. Cercai di controbattere ma la vista iniziò ad offuscarsi,le gambe farsi sempre più leggere e così, davanti a tutta la scuola, persi i sensi.,

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