Capitolo 16

11.5K 426 2
                                    

(Contenuti leggermente forti.)

La trovo seduta sugli spalti con gli occhi rivolti al pavimento. Ha le sopracciglia corrugate e un'espressione arrabbiata sul viso. Mi siedo ad un metro di distanza da lei e aspetto che dica qualcosa.
~Come va il braccio?~ domanda dopo qualche minuto.
-Bene, è solo un graffio nulla di che- rispondo. Sembra di essere su un campo minato. Se una delle due fa un passo falso puó esplodere tutto. Comincia a mordersi il labbro in modo nervoso e noto il corpo irrigidirsi.
~Scusa se sono scappata ma rivedere quella scena mi ha un po' sconvolta.~
-Rivedere?- chiedo confusa. Non é mai capitata una cosa così tra me e quelle oche.
~Due anni fa feci amicizia con una ragazza del secondo anno e loro la minacciarono affinchè non mi parlasse più. Lei si rifiutó e loro la picchiarono. Si trasferì pochi mesi dopo a Washington senza dire niente a nessuno~ dice con rabbia. Ora capisco a cosa si riferiva poco fa. Mi sdraio e appoggio la testa sul suo grembo. La guardo negli occhi e noto un velo di preoccupazione in questi ultimi.
-Io non sono quella ragazza. Io sono io e non me ne andró solo perchè tre oche fanno le bulle- dico sorridendo. Sembra tranquillizzarsi o almeno spero si sia tranquillizzata.
~Ti confesso che prima, negli spogliatoi ho avuto un po' paura.~
-Di cosa?-
~Che ti facessero del male~ afferma tranquillamente. Rido di gusto e lei rimane sorpresa.
-Ci vuole ben altro. Comunque ho vinto la scommessa. Ora subirai dieci minuti di interrogatorio.-
~Ma manca ancora mezz'ora, e negli altri venti minuti che si fa?~ chiede sbuffando.
-Vedrai- le dico amaramente.
Sospiriamo quasi contemporaneamente e questo la fa ridacchiare. Sorrido lievemente e poi inizio il mio terzo grado.
-Perchè non parli mai della tua famiglia?- chiedo indiscreta. I suoi occhi sono ancora dentro i miei e ne posso cogliere il lieve dolore che essi contengono.
~Da quando hanno saputo che mi piacciono le ragazze hanno iniziato a trattarmi come se non fossi normale, ad evitarmi e a comportarsi da estranei. Non hanno mai accettato la cosa e quindi, in seconda superiore, sono andata a vivere da mia nonna. Mi sono trasferita in quell'appartamento l'anno scorso per non darle più fastidio, pagando l'affitto grazie all'eredità che mi ha lasciato mio nonno.~
Parla abbastanza veloce con un tono basso e faccio uno sforzo enorme per sentirla, dato il vociare nella palestra.
-Capisco, mi dispiace. Ti sei mai innamorata?-
A quella domanda mi guarda un po' strana, come se non se l'aspettasse.
~Non proprio, ma ho provato una cosa simile una volta~ dice dopo averci pensato un po' su. Una domanda si fa subito largo nei miei pensieri.
-Com'è stato?-
~Confusionario, strano, ma bello, finchè non è finito tutto~ sorride triste. Come pensavo. Non ho mai sentito nessuno che dopo essersi lasciato ricordasse con piacere il passato, sopratutto se c'erano bei ricordi con persone che ora non ci sono più.
-Cosa provi per me?- mi scappa.
Arrossisce un po', ma il suo viso mostra un'espressione sicura.
-Di preciso non lo so, ma mi piace stare con te, mi attiri, mi fai stare bene. Mi mandi in confusione, non riesco mai a capire del tutto cosa pensi e provi, sei imprevedibile e hai due occhi che sembrano l'oceano. Sei una persona interessante e non intendo farti andar via- afferma sicura. Sento il cuore martellare e la vedo avvicinarsi al mio volto.
-Sai che siamo in palestra?-
~Mh~
-Con tante persone e un insegnate?-
~Mh~
Continua ad annuire.
~Ma non m'importa, ho bisogno di un bacio ora~ sussurra sulle mie labbra. Non la fermo, non la evito, non protesto. Mi mancava il sapore delle sue labbra sulle mie, come giocava con la mia lingua, come mi mordeva il labbro inferiore, mi mancava morderle la lingua e succhiarle le labbra. Appoggio la mia mano sinistra sul suo capo, attirandola di più verso di me. Ci stacchiamo poco dopo e guardando l'orologio appeso al muro della palestra leggo le 12:45. Sospiro e mi dico che è arrivato il momento di affrontare certi argomenti.
-Allora, cosa volevi chiedermi?-
Rimane un po' sorpresa dalla domanda ma poi si fa' coraggio.
~Perchè ti sei trasferita qui?~
-Mio padre é un ingegnere di fama e ha trovato un lavoro qui, e avendo avuto un offerta per mia madre di lavorare insieme hanno deciso di accettare e traslocare.-
~Ti manca la tua vecchia casa?~
-No, devo ammettere che dell'Australia non mi mancano la scuola, la vecchia casa e le persone. Mi manca più che altro la vegetazione e l'aria di madre natura. Non so se mi spiego- le spiego sorridendo. Qui a New York c'è parecchia puzza di smog e per il mio problema d'asma non é una cosa positiva.
~Uhm capisco. A questa domanda puoi anche non rispondere... Com'è morta tua sorella?~
Per un attimo distolgo lo sguardo da lei e cerco di non andare in panico. Non ne ho mai parlato con nessuno, tranne con la polizia e i miei genitori.
~Scusa, non volevo essere invasiva, se non sei pronta non fa nulla aspetteró~ dice accarezzandomi piano i capelli.
-Era maggio, il 5 maggio per l'esatezza. Ero appena tornata a casa dal mio allenamento in palestra, quando sentii delle grida- inizio. Mi volto a guardare gli altri che fanno gli affari loro mentre i ragazzi continuano a fare la partita e la prof l'arbitro. Noto che le tre oche sono ancora vive e vegete e sono in un angolo a parlare tra di loro. Non voglio lei mi veda così, penso che la mia voce triste sia sufficiente.
-Corsi velocemente nel salotto perché pensai provenissero da li, ma mi accorsi poco dopo che i rumori e le grida si concentravano al piano di sopra. Arrivai nella stanza di Kayli troppo tardi.-
Mi fermo per trattenere le lacrime e la rabbia che risalgono a galla. Lei non dice nulla, continua ad accarezzarmi i capelli delicatamente. Ricaccio le lacrime indietro e mi calmo.
-La trovai a terra con i vestiti strappati e un ragazzo sopra di lei. Non mi accorsi nemmeno di quello che feci. Presi la mazza da baseball di Kayli e lo colpii in testa facendolo cadere di lato. Il corpo di mia sorella era pieno di lividi,tagli e il ventre di... Beh si puó immaginare e dal viso vedevo lacrime scendere copiose. Mi avvicinai velocemente a lei e chiamai i soccorsi. L'ultima cosa che mi disse fu "Ti voglio bene". Dalla rabbia picchiai l'assalitore, rompendogli due costole e un labbro. Lei morì prima che i soccorsi arrivassero.-
Cala un silenzio lungo non so nemmeno io per quanto e l'orologio segna ormai le 12:55.
~Guardami~ dice dolcemente. Mi volto nascondendo il viso nella sua pancia. L'abbraccio e lei mi accarezza dolcemente una guancia. Mi stacco giusto il tempo di finire di raccontare l'accaduto.
-Dopo aver picchiato l'assalitore, mi fermai a guardarlo e lo riconobbi. Era Jason, un ragazzo che mi perseguitó per un anno. Lo rifiutai parecchie volte e quando una sera provò a portarmi a letto con la forza, chiamai la polizia. Penso volesse vendicarsi, ma quel giorno invece di me trovò Kayli.-
La campanella suona e tutti vanno negli spogliatoi, tutti tranne noi. Mi alzo e mi metto seduta. Lei mi abbraccia da dietro e non dice nulla. Qualcuno avrebbe detto mi dispiace/ non è colpa tua" eccetera, lei invece non dice nulla, e lo aprezzo. Ci dirigiamo verso gli spogliatoi e nessuno si azzarda a dire una parola sul perchè siamo entrate insieme o cose varie. Dopo esserci cambiate Lucy si offre per darmi un passaggio ed io lo accetto volentieri. Quando arriviamo a casa non trovo la macchina di mia madre, e la cosa mi stupisce un po' dato che oggi aveva il giorno libero. Invito la bionda a rimanere da me e lei accetta volentieri. Neanche il tempo di entrare che inciampo su qualcosa e cado, seguita da Lucy che atterra su di me. Ci alziamo doloranti e notiamo le ciabatte di mia madre in mezzo all'entrata. Dio quanto è sbadata. Ci dirigiamo in camera mia, dove regna il caos più totale. Lucy fa una battuta non molto divertente ed io le lancio un cuscino in faccia. Inizia così una battaglia di cuscini che finisce con la mia sconfitta. Vado a farmi una doccia per rinfrescarmi un po', quando all'improvviso sento la porta del bagno aprirsi e chiudersi a chiave.

You're my storm.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora