3.

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Era passata un'altra settimana e ormai l'anniversario della morte di Brooklyn era passato da un po', così come il mio chiudermi in me stesso. Stavo cercando di fare del mio meglio per ricordarmi com'era il mio carattere e com'ero io quando stavo con lei, ma non avevo stimoli per cambiare di nuovo, così ogni tanto avevo quegli sbalzi d'umore e quegli scatti che spaventavano persino me stesso. Gli altri parlavano continuamente di quel viaggio in California e avevo avuto il coraggio di dirgli che ci sarei andato volentieri anche io, rendendoli felici. Avevano intenzione di farlo verso agosto e a me infondo andava bene. Però ognuno di noi doveva trovarsi un lavoro, anche perché non avevamo così tanti soldi per partire, calcolando che stavamo anche pagando l'affitto. Forse lavorare o fare qualcosa mi avrebbe aiutato anche a sbloccarmi e ad abbattere quel muro che avevo alzato. Quel giorno girai per vari negozi e posti per chiedere se avessero bisogno di un commesso o qualcosa di simile, ma tutti avevano detto che mi avrebbero chiamato se avessero avuto bisogno. Ciò mi faceva ben intendere che non c'era speranza. Era il giorno del compleanno di Liam e aveva organizzato una cosa da tra noi in un locale vicino al nostro appartamento. Così verso le nove entrammo in quel posto che era tutto illuminato e ci mettemmo a sedere ad un tavolo che avevamo prenotato. Mi alzai per andarmi a lavare le mani al bagno, ma andai a sbattere contro qualcuno. Alzai lo sguardo e appena incontrai gli occhi di una ragazza sentii come una scossa percorrermi il corpo. Quegli occhi... quegli occhi mi ricordavano così tanto quelli di Brooklyn. Restai a fissarla, finché non aprì bocca per parlare.

«Mi dispiace tanto.» disse guardandosi attorno imbarazzata. La stavo probabilmente mettendo a disagio.

«La prossima volta sta più attenta.» dissi freddamente, e continuando a camminare per andare verso il bagno.

Quell'incontro era stato così strano. Sicuramente non era stato come l'incontro tra me e Brooklyn. Mi ricordavo ancora il momento in cui incrociai i suoi occhi, sembrava così scocciata quel giorno e mi aveva persino risposto a tono, facendomi innervosire. Invece quella ragazza sembrava totalmente il contrario, si era persino scusata ed era imbarazzata. Aveva i capelli un po' lunghi e marroni, gli occhi grandi e forse verdi scuri, e diamine se mi ricordavano quelli di Brooklyn. Però questa ragazza era più bassa e piccola, sembrava quasi una bambina. Non sapevo perché aveva attirato così tanto la mia attenzione, ma avevo sentito una sensazione strana che inizialmente non mi era piaciuta per niente.

Tornai al tavolo dagli altri cercando di dimenticare l'avvenimento e per il resto della serata parlammo del più e del meno, dando i regali a Liam. Era stato molto contento, ma soprattutto per il regalo di Jeremy, il quale era stato un anello. Disgustosamente sdolcinata come cosa. Tornammo all'appartamento veramente tardi, ma tanto il giorno dopo mi sarei potuto alzare all'orario che volevo, o almeno così pensavo.

***

Un fastidiosissimo rumore mi fece aprire gli occhi e portai lo sguardo sul comodino accanto al mio letto, da dove proveniva la ragione per la quale mi ero svegliato. Il mio cellulare. Era un numero sconosciuto che mi chiamava, così dopo aver sbuffato, risposi.

'Salve signor Styles, la contattiamo per riferirle che abbiamo bisogno di una persona che lavori qui da noi.'

Appena sentii ciò, mi svegliai improvvisamente, mettendomi seduto sul letto.

'Uh sì, certo. Che negozio è?' chiesi.

'Perfetto, allora domani mattina alle nove potrà già iniziare a lavorare, ci sarà una persona che le spiegherà cosa fare. È la libreria Sole e Luna.'

'Uhm, okay, grazie mille.' Risposi.

'Grazie a lei.'

Attaccai il telefono, mettendolo sul comodino. Una libreria? Non potevo sicuramente definirmi un ragazzo che leggeva molto, ma forse mi sarei potuto adattare. Visto che ormai ero sveglio mi alzai definitivamente dal letto e uscii dalla camera, andando in cucina, dove gli altri facevano colazione parlando rumorosamente come al solito.

«Lascia i miei biscotti, tu!» urlò Niall, cercando di togliere il barattolo dei suoi biscotti preferiti dalle mani di Louis, che li teneva in alto.

«Smettila, Louis.» urlò Kate. «Fai il piacere di dare quei dannati biscotti a Niall?» aggiunse.

«Non urlate.» disse tranquillamente Liam.

«I miei biscotti!» urlò appunto Niall.

Restai a fissare la scena, finché non decisi di andare verso il frigorifero a prendere qualcosa da mangiare per la colazione.

«Harry, mettiti qualcosa addosso.» si lamentò Kate.

«Dovresti essere abituata.» dissi, riferendomi al fatto che ogni mattina mi presentavo in cucina con solo un paio di boxer addosso. «E poi a te che importa? Non sono una ragazza.» aggiunsi, alzando le mani.

«Sì, ma faresti allungare gli occhi anche a Jeremy in questo stato.» disse, facendo la battuta usando la povera cecità di Jeremy.

Sbuffai, alzando gli occhi al cielo e andandomi a sedere accanto a Louis, che stava mangiando un biscotto di Niall. Quel povero ragazzo aveva dovuto mettere persino il nome sul suo barattolo, ma non era servito a niente.

«Buongiorno Harreh» disse Louis. Gli feci un cenno con la testa, mentre mangiavo i cereali con il latte.

«Mi hanno preso a lavorare in una libreria qui vicino.» annunciai e gli altri sorrisero contenti.

«Fantastico!» esclamò Jeremy, seguito da Liam.

Anche loro avevano trovato dei lavori fortunatamente, così saremmo potuti partire ad agosto unendo i nostri stipendi. Dopo aver finito di fare colazione andai in bagno per farmi una doccia e per lavarmi i denti, per poi vestirmi e uscire dall'appartamento. Sarei andato a farmi una corsa per il bosco dietro casa, così avrei anche smaltito un po' di grassi. Forse avrei dovuto fare tipo uno sport, ma non mi andava. Con gli auricolari ancora nelle orecchie mi sedetti su una panchina per riposarmi, visto che avevo corso un sacco e notai un messaggio da parte del padre di Brooklyn. Mi irrigidii, ma comunque lessi.

'Ciao Harry. Volevo chiederti come stavi, non ti sento da un sacco di tempo e mi farebbe piacere rivederti per parlare di alcune cose. A presto. George.'

Non avevo intenzione di rispondergli in quel momento. Mi riportava, anche lui, a troppi ricordi. Gli avrei risposto quando mi sarei sentito meglio.

Mi alzai dalla panchina, continuando a correre.


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