𝓘𝓵 𝓟𝓻𝓲𝓶𝓸 𝓖𝓲𝓸𝓻𝓷𝓸

4.1K 186 6
                                    

Quel manto erboso era particolarmente morbido, per questo ignorai completamente la presenza di alcune radici che facevano capolino dal terreno e che mi avrebbero causato alcuni lividi sulla schiena, ma tutto passò in secondo piano quando, nel bel mezzo della notte, mi rigirai e, aprendo gli occhi, non potevo ignorare l'espressione beata di Newt in un sonno profondo. Le labbra erano dischiuse e le palpebre rilassate, indice che non stava avendo alcun incubo e la cosa, in un certo senso, mi rincuorava. Era da quando avevo messo piede lì per la prima volta che avevo la netta sensazione che Newt lo avessi già incontrato da qualche parte, lo avevo conosciuti, probabilmente con un altro nome... Eppure, nonostante l'assenza completa di ricordi, il mio cuore era incapace di sopportare qualsiasi brutto avvenimento potesse accadergli, quell'espressione ferita, probabilmente una pugnalata mi avrebbe fatto meno male.

Ignoravo come, lentamente, il sole stesse sorgendo e l'alba si faceva avanti, tanto che riuscì ad accorgermi del cambiamento di luce solamente nell'attimo in cui un raggio di luce si posò sul mio volto, facendo timidamente capolino da dietro le imponenti mura. Mura che svegliarono tutti i ragazzi con il loro frastuono, dato che con estrema lentezza e assordante rumore i cancelli che davano sul Labirinto vennero riaperti, come mi era stato detto precedentemente dagli altri. Mi misi seduta, non riuscivo più a prendere sonno, per questo mi soffermai ad osservare come questi, su tutti i quattro lati del quadrato nel quale ci trovavamo, venivano aperti da imponenti meccanismi, indubbiamente lenti a causa dell'importanza e del peso delle grandi pietre mosse ogni giorno come porte. Quando volsi nuovamente il capo verso la zona occupata da Newt, mi accorsi che era svanito nel nulla, tanto che tentai di guardarmi intorno, una lieve preoccupazione era sorta in mente naturalmente, il non vederlo più al mio fianco mi aveva messo in uno stadio precoce di ansia, dove il soggetto di tale sentimento era assente.

Alby mi fece sobbalzare quando mi picchiettò sulla spalla, mi fermò prima che potessi scattare contro di lui e colpirlo. Mortificata dalla mia reazione esagerata, abbassai lo sguardo, ma fortunatamente lui si fermò a ridere, animando un minimo quella situazione già tesa.

<< Buongiorno anche a te... Veni, seguimi, gli altri si stanno svegliando e tra poco sarà ora di colazione, ma prima voglio farti fare una cosa. >>

Mi alzaia a fatica, tanto che stavo decisamente comoda lì, ma alla fine, rimossi alcuni fili d'era che mi erano rimasta sui vestiti e nei capelli, mi incamminai accanto ad Alby. Non proferii alcuna parola, non ne avevo alcun desiderio e non ero una persona mattiniera, non lo sono tutt'ora, dunque il parlarmi prima di una certa periodo avrebbe suscitato in me risposte brusche anche per sciocchezze. Impiegammo poco tempo nel raggiungere una zona del muro ben preciso: era ricoperto di nomi, incisi, alcuni erano stati sbarrati, altri cancellati da più linee, mentre gli ultimi erano rimasti immutati, lasciati lì scritti come un ricordo, probabilmente.

<< Scrivi il tuo nome, dai... Ormai per noi è una tradizione, è per non dimenticare nessuno che è stato qui, che sia vivo o sia morto per colpa del Labirinto, è un segno per evitare che, chi magari giungerà dopo di noi, possa dimenticarsi di quello che abbiamo fatto e ripeta i nostri stessi errori. >>

Mi tese così un pugnale, molto grezzo, ma funzionale, con il quale incisi semplicemente il mio soprannome, accanto a quelli di altri, non era molto grande né elegante, ma era ciò che mi rappresentava di più al momento.

<< Hey, Chuck! Vieni qui... >>

Un ragazzino basso, dai capelli ricci, trotterellando, si stava avvicinando a noi, aveva appena quattordici anni, infatti presentava ancora dei lineamenti da bambino, dei grandi occhioni nocciola brillavano sul quel volto ancora arrossato, mentre dei piccoli riccioli castani gli ricadevano intorno al volto. Era una visione alquanto tenera a cui assistere, era così piccolo e così dolce che non sembrava appartenere in uno scenario tanto pericoloso.

&quot;W.I.C.K.E.D. is good...&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora