𝓤𝓷'𝓾𝓵𝓽𝓲𝓶𝓪 𝓿𝓸𝓵𝓽𝓪 𝓷𝓮𝓵 𝓛𝓪𝓫𝓲𝓻𝓲𝓷𝓽𝓸

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Quella fu l'ultima volta che mettevamo i nostri piedi all'interno del Labirinto. Diedi per scontato che eravamo destinati a fallire e fu difficile, per me, mettere da parte questo tipo di ragionamento fu un'impresa ardua destinata a fallire, se solo non avessi avuto Newt al mio fianco. Che fossimo destinati a succedere, anche se a caro prezzo, era qualcosa di cui non ne ero affatto consapevole.

Completamente pervasi da un'immane scarica di adrenalina, tutti noi non mostravamo alcun segno di cedimento, nonostante la corsa intrapresa stesse durando da ormai diverso tempo, ma il mantenimento di un passo durante una marcia impedisce l'iperaffaticamento delle articolazioni e l'eccessiva produzione di acido lattico.

Thomas e Minho erano in testa e mostravano al resto dei Raduari la strada da intraprendere per arrivare alla sezione giusta. Non mancavano di incoraggiare gli altri ragazzi, specialmente Thomas, che, con esortazioni continue, li spronava a proseguire e a non mollare la presa, perché ce l'avremmo fatta, era positivo sull'esito del nostro tentativo. Fu quel suo sano ottimismo a fare dei veri miracoli, quella determinazione fu la nostra chiave.

Ancora oggi posso ricordare il respiro affannato alle mie spalle che aumentava man mano che andavamo avanti, chi silenziosamente singhiozzava, ma nonostante tutto continuava a posare un piede avanti l'altro, con convinzione. Era comprensibile come alcuni, stanchi di quella vita da reclusi, avessero deciso di unirsi a Thomas, anche con la minima possibilità di riuscita, il sapore della libertà era un gusto che tutti noi bramavamo di assaporare.

È incredibile come posso ancora oggi udire i loro passi rimbombare sul vecchio cemento ricoperto occasionalmente da qualche filo di edera. Era evidente la tensione tra di noi, soprattutto per alcuni, che con foga, occasionalmente facevano battere la parte posteriore delle lance contro il suolo, andando a creare un rumore sordo che, accompagnato dal movimento, era anche in grado di fornire loro una spinta ulteriore per andare avanti e tentare di ignorare le gambe indolenzite, il dolore dal quale erano completamente avvolte e come i muscoli fossero rigidi, quasi impossibile da muovere.

Girai il capo verso Newt e non potei notare come da primo, a causa del suo zoppicare, fosse finito tra le ultime file. Il suo volto era contorto in una piccola smorfia di dolore che tentava di nascondere abbassando il volto verso il suolo. Quando si accorse che mi ero soffermata nel guardare cosa stesse facendo e soprattutto come si sentisse, dolcemente si sforzo nel sorridermi e sebbene quel sorriso ebbe una breve durata a causa di quel dolore lancinante, ricambiai quella premura e, rallentando il mio procedere, mi soffermai al suo fianco.

<< Manca davvero poco, Newt... Ce l'abbiamo fatta. >>

Lui sospirò e sorrise debolmente, ancora una volta.

<< Sono convinto che ci riusciremo... Non abbiamo fatto tutta questa strada per una manciata di polvere, usciremo da qui, finalmente. >>

Tentai di afferrare la sua mano in una presa delicata, ma non riuscii a fare in tempo che, con rapidità, Newt intrecciò le sue dita con le mie e mi strinse a sé in una presa salda, sicura. Furono quei piccoli gesti che mi fecero innamorare, poco a poco, di lui. Quel suo voler essere al mio fianco, quel volermi proteggere, quel combattere con ardore per un sogno che entrambi condividevamo.

<< Tutto finirà in un modo o in un altro, ma abbiamo ancora una vita davanti a noi, Newt... Riusciremo ad uscire di qui, combatteremo. >>

Lui sorrise dolcemente.

<< Giusto, hai ragione... Ne usciremo vittoriosi, allora. >>

Intenti a parlare, non ci accorgemmo di come Minho e Thomas si fossero accostati al muro, che dava su un unico e sottile corridoio sospeso nel vuoto, ultima frontiera della nostra avventura tra quelle mura titaniche. Ci accostammo agli altri e Thomas, facendomi un cenno, mi incitò a stringermi a loro, stessa cosa che fece anche Newt. Non impiegammo molto nel comprendere la motivazione dietro quella sua scelta: un clangore metallico anche fin troppo familiare, accompagnato da un lamento mutato infine da uno stridio squarciava quell'inquietante silenzio, una scena che mi fece accapponare la pelle e causo un brivido di disgusto che mi pervase dalla schiena.

&quot;W.I.C.K.E.D. is good...&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora