cinq

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[unedited]

"Non scusarti."

cinq; not enough

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Presi la mia penna, cominciando a muoverla sul foglio bianco come se fosse un pennello e il foglio, la mia tela. La mia voglia di scrivere era ritornata, non potevo esserne più felice.

18 aprile 2012, 5.30 (circa) di mattina.

È mattina, ormai, e tu non sei ancora tornato.
È mattina, ormai, e la flebile luce del sole sfiora la tenda mentre ti aspetto.
Mi sento ancora strana, scrivendo mentre la musica della natura è in riproduzione.
Gli uccellini cinguettano, le foglie del grande albero accanto al nostro appartamento producono un rumore mentre sfiorano la finestra della nostra camera, mi fermo e osservo le rondini svolazzare qua e là.
Sono uguali a quelle che hai tatuate, e sembrano così libere e felici.
Posso essere come loro?
La felicità è ciò che cerco ma sto cercando qualcosa che, purtroppo, non posso ottenere.
La mia vi

Fermai la mia mano. Sentii una lacrima scendere, solitaria, finendo sul foglio. Finì proprio accanto a 'felicità' e non ci fu cosa più triste. La mia sola, insignificante lacrima  fece spargere l'inchiostro della penna dall' 'à' fino al '', rendendo quasi incomprensibile ciò che scrissi poco prima. Sapevo bene che, ogni pianto, iniziava con una sola lacrima per poi trasformarsi in un oceano. Un oceano di ansia, disperazione, tristezza, sottoforma di lacrime. Sapete meglio di me cosa sono le lacrime e perchè ci succede di piangere. Potreste pensare-chi non lo ha mai fatto?- che magari piangere senza un apparente valido motivo sia solo uno spreco. Eppure, ricordate che ho detto apparente. Sì, apparente. Voi non lo vedete, il motivo, eppure piangete. E se steste piangendo per tutte quelle volte che le lacrime non erano abbastanza? E se steste piangendo per tutte quelle volte che l'orgoglio vi ha fermato? E se steste piangendo perchè infondo siete tristi, anime depresse, persone senza uno scopo? E se steste piangendo per tutte quelle volte che vi siete resi conto di essere soli pur essendo circondati da tante, troppe persone?

Onestamente, io piangevo ogni singolo giorno. Harry, era la mia salvezza e la mia rovina. Piangevo per lui, mi uccidevo l'anima per lui, mi facevo del male, per lui. Cos'ero io? Ero semplicemente la sua valvola di sfogo.

Tornando ad osservare la finestra, notai la sua macchina abbassando lo sguardo e il cuore cominciò a sentirsi pieno, pieno di sangue e forte abbastanza per battere velocemente. Era questo che Harry mi faceva, lo stesso effetto ogni volta. Sorrisi, nonostante fossero le - quasi - sei di mattina e non avevo chiuso occhio aspettandolo, quindi delle occhiaie bluastree e violacee mi contornavano gli occhi stanchi.

Sentii il rumore dei suoi stivaletti di camoscio sbattere sul parquet, ogni secondo era sempre più udibile da un semplice lato del letto morbido e confortevole. La maniglia si abbassò e in quel momento il mio cuore si fermò, cessò di battere, come se le mie emozioni fossero sparite alla vista del suo viso teso.

"Leen," la sua voce roca e un po' sballata mi arrivò alle orecchie e mi girai subito verso di lui, tremando. "che cazzo ci fai ancora sveglia?" mi urlò arrivando velocemente dal mio lato.

"Stavo aspettando te..." risposi con voce tremolante e insicura.

"Non devi aspettarmi e, - abbassò lo sguardo sul mio quaderno e lo prese tra le mani, anche se non volevo - oh, fammi leggere le stronzate che scrivi." abbassai lo sguardo alle sue parole dure, aggressive, prive della solita gentilezza. Non era ubriaco, potevo percepirlo, sembrava sobrio.

"La felicità è ciò che cerco ma sto cercando qualcosa che, purtroppo, non posso ottenere?" lesse a voce alta, arrabbiato. Chiusi gli occhi lasciando cadere le lacrime sulle mie guance. Mi prese per i capelli e mi gettò per terra, io incapace di muovermi e priva di forze mi limitai solo ad urlare. "Non farlo, ti prego, Har-" ricevetti uno schiaffo e lui cominciò a parlare, avvicinandosi al mio viso con aria minacciosa.

"Meriti tutto questo dolore, stronza. Non sei felice? Per questo non mangi? Per questo stai chiusa in camera tua tutto il tempo quando io sono fuori casa? Pensi che non sappia che tu non tocchi cibo da giorni? Pensi che non sappia che l'unica cosa che hai ingurgitato è un po' di fottuta acqua? - mi diede un pugno nello stomaco - Sai cosa? Sei senza speranze. Sei una lurida depressa e per questo io mi scopo tutte quelle che trovo al club, piccola. Non mi soddisfi più, sei diventata nulla, sei vuota. Jane era proprio felice di vedermi oggi, ha chiesto di te sai? Cosa le ho detto, vuoi saperlo? - mi tirò i capelli e mi diede un altro pugno, sul petto, il mio dolore era lancinante ma sopportavo tutto per poterlo sentirmi dire la verità, la dura e sincera verità - Le ho detto che sei diventata merda, spazzatura e che fai schifo." Un pugno arrivò al muro dietro di me, frantumandolo e lasciando il segno delle sue nocche. "Scusami." gli dissi con le poche forze che avevo, sentendo l'aria nei miei polmoni diminuire e avevo bisogno di quell'ossigeno. "Non scusarti. Non puoi fare un cazzo quando sei un casino." e si alzò, sdraiandosi sul letto, chiudendo gli occhi e dormendo mentre io, ero lasciata sul pavimento inerme, decisa a spegnere tutto, persino le mie emozioni.

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