six

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A te, fragile creatura, che esplodi dentro di te per non distruggere gli altri.

six; fragile

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16 maggio 2015.

"Sì, mamma. Ora sta riposando. Certo, appena si sveglia gli dirò che lo saluti. Devo cucinare, adesso, ci sentiamo domani."  Chiusi la telefonata con mia madre, cliccando sul tasto rosso. Rosso. Un colore così forte.

Decisi di cucinare, e poi svegliare Harry, stava riposando da quasi due ore. Andai in cucina, e mettendo nel microonde la pizza del giorno prima. Ultimamente, ero molto debole e stanca. Continuavo a non mangiare, cucinavo solo per Harry. Dopo quel giorno di Febbraio decisi di continuare a non mangiare, era ovvio che aveva deciso di dire quelle cose a Jane perchè ero grassa. Quindi davanti a lui mangiavo solo un po' di verdura, ma non era abbastanza per rendermi forte.

Misi il timer: un minuto e trenta secondi. Mi diressi verso il piano di sopra, dirigendomi davanti la nostra stanza, e cercai di aprire la porta. Era chiusa con la chiave. Cominciai a sudare, era successo qualcosa. Presi la torcia del telefono, e cercai. E fu lì, che vidi un luccichio. Per terra vidi la chiave, ringraziai chiunque me l'avesse fatta trovare, ringraziai la mania di Harry di avere sempre una copia di tutto. La presi velocemente e la posai nella serratura, girandola due volte a destra freneticamente. Aprii la porta, di scatto.

Bianco pallido. Il colore della sua pelle. Chiusi. I suoi occhi. Evidenti. Le vene sul suo braccio. Nudo. Il suo petto. Devastanti. Le mie emozioni.

Corsi, tremando, la paura di perdere il mio raggio di sole cominciò a farsi sentire. Lo schiaffeggiai, urlando il suo nome, cominciando a piangere. Solo in quel momento, il suo braccio si mosse e notai una siringa vuota con l'ago ancora nella sua vena più sporgente. La tolsi, e cominciai a correre in cucina.

Soluzione salina. Avevo visto usare questo metodo in un documentario, non sapevo se funzionasse, ma la mia mente in quel momento cercava solo di salvarlo.

Salvarlo. Lacrime riuscivo a percepire sul mio viso. Mi offuscarono la vista, presi un bicchiere, ci versai velocemente dell'acqua dal rubinetto e presi la confezione di sale, versai del sale e mescolai con la siringa che avevo ancora in mano, era la prima cosa che mi venne in mente. Tutto questo successe in venti secondi, massimo.

La mia velocità mi sorprese, non riuscivo a correre ma cercavo di farmi forza, ero il suo unico appoggio in quel momento.

Il tremolio delle mie mani non mi aiutava, cadevano alcune gocce d'acqua e imprecai, andando velocemente in camera. Mi sedetti a cavalcione su di lui, scuotendolo, ma nessun segno di vita. Impugnai la siringa e presi la soluzione salina, infilai subito l'ago sulla vena che sporgeva di più rispetto alle altre e iniettai nel suo sangue il liquido. E fu lì, sentii un rumore. Mi allarmai, guardando il suo viso, ancora spento. Era il microonde. Piansi, piansi per il vuoto che avevo dentro. Piansi, piansi perchè era morto. Lo presi, lo presi perchè avevo bisogno di sentire il suo corpo contro il mio. Lo baciai, lo baciai perchè io non potevo, non potevo, smettere di avere quelle labbra sulle mie. Non potevo nemmeno pensare a un mondo senza lui. Non potevo nemmeno minimamente immaginarlo. Le sue labbra morbide erano posate sulle mie mentre lo abbracciavo, lo abbracciavo forte.

Poi sentii un singhiozzo, i miei occhi si aprirono, i suoi occhi verdi erano incatenati nei miei. Allora lo strinsi più, forte a me, tremando.

"I-" la sua voce roca arrancava, "ero in paradiso." pianse.

Tremavamo entrambi, io lo stringevo, lui era debole. Lo stringevo perchè era il mio appoggio. Lo stringevo perchè volevo diventare un solo corpo. Lo stringevo perchè la poca energia che avevo volevo darla tutta a lui, perchè lui ne aveva bisogno, a me bastava sapere che lui fosse vivo per essere forte.

Un sussurro. Un "Ti amo, Aileen." e io mi sentivo pronta a dargli tutta la mia vita.

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