Capitolo 14

13 6 0
                                    

Avevamo passato tutto il resto del pomeriggio a finire il lavoro e finalmente alle sette di sera eravamo riuscita a concludere. Ero felice perché non ce la facevo più ed ero stanca morta, però ciò significava dover tornare a casa e lasciare Louis e questo mi rendeva molto triste.

-Allora ci vediamo domani.- disse dandomi un bacio. Questa volta però era un vero bacio. Un momento che avrei ricordato per sempre –Scusa, ma ne avevo proprio bisogno.- mi confessò sorridendomi mentre mi accarezzava la guancia. Era così bello. E i suoi occhi, indescrivibili. –Sicura che non vuoi che ti accompagni?- chiese vedendo fuori e notando che stava calando la notte. Io scossi la testa.

-Tranquillo davvero, sono abituata.- lui annuì. Lo abbracciai –Louis, voglio solo che tu sappia che se ritieni che questa faccenda sia troppo per te, come qualsiasi altra persona normale farebbe, e decidi di non parlarmi più ed evitarmi, io capirò, davvero non mi offenderò, promesso.- sussurrai al suo orecchio e lo strinsi con tutta la forza che avevo. Lui rise.

-Tu ne vali la pensa.- sussurrò mi lasciò un bacio sulla guancia e io uscì dalla porta. Dovetti usare tutta la mia forza per camminare fino alla fermata dell'autobus e non tornare indietro. Prima di salire sul pullman che stranamente era arrivato puntuale, lo vidi salutarmi da casa sua con la mano. Ricambiai. E mi andai a sedere su uno dei tanti posti liberi.


Scesi dall'autobus, con la mente immersa nei miei pensieri, mentre leggevo dei messaggi che mi erano arrivati nel gruppo della classe.

Quando vedo qualcosa muovermi davanti a me. D'isntinto alzo lo sguardo e metto il cellulare in tasca. Il portone del mio edificio era completamente oscuro, eppure potevo giurare di aver sentito qualcosa. Improvvisamente la figura avanza verso il fioco lampione. Un ragazzo con una sigaretta in bocca e una giacca di pelle si avvicina. Alza lo sguardo. Jack.

-Ciao.- sussurrai dirigendomi verso il mio edificio –Che ci fai qui?- chiesi indifferentemente. Giusto per non stare zitta.

-Ero venuto a trovare la mia ragazza infortunata, ma il suo adorabile fratello mi ha cacciato e detto che non c'eri.- commentò girandomi attorno come un condor. Che voleva ancora?

-Ti ricordo che sono infortunata per colpa tua.- chiarì nel caso se lo fosse scordato. Il medico aveva detto che avrei dovuto tenere il gesso per tre settimane un mese e quindi, ovviamente, non potevo lavorare.

-Si, ma di solito un infortunato non è che va in giro no?- mi provocò. Buttano la sigaretta finita per terra e spegnendola con il piede.

-Mi hai rotto un polso non una gamba.- gli feci notare sarcastica.

-già forse ho fatto male.- commentò in tono duro. Il suo sguardo aveva un qualcosa di freddo e distaccato, ma anche spaventoso. Era strano. Non avrei saputo dire cosa ci fosse di diverso quella sera in lui, ma definitivamente non era come il suo solito.

-Che?- balbettai chiedendo spiegazioni. Quella frase mi stava trasmettendo un senso di ansia. Il mio cervello mi stava dicendo solo una cosa: corri. Perché non lo ascoltavo.

-Che stavi facendo?- chiese cambiando discorso. Il suo sguardo era fisso sui miei occhi.

-Non sono affari tuoi.- dissi incrociando le braccia al petto per darmi un tono. Stavo trovando del coraggio in me. Ma era opportuno sfidarlo un'altra volta? Aveva dimostrato da poco che non aveva limiti, cosa altro sarebbe potuto succedere?

-Scusami.- disse sorridendo beffardo –Penso di aver sentito male.-

-Io invece penso che tu abbia sentito benissimo.- dissi. Lo guardai un ultima volta. Poi lo superai spingendolo leggermente con la spalla e mi diressi verso il portone. Mi aveva stufata.

Avremo mai un finale felice?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora