Capitolo 2

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Mi svegliai di soprassalto rischiando di cadere dal letto. La sveglia sul comodino emetteva un suono fastidioso per le mie orecchie e, come ogni mattina, rischiava di farmi venire un infarto.
Oggi l'avevo programmata per le 6.30, mezz'ora prima del solito. Guardai un'ultima volta il soffitto bianco della mia stanza poi mi misi a sedere sul bordo del letto. Non ero per niente una persona mattiniera e ogni giorno prima di andare in cucina a fare colazione avevo bisogno di 10 minuti per svegliarmi completamente.
Mi alzai controvoglia dal letto e mi incamminai verso la cucina. Preparai la caffettiera, presi i biscotti dalla dispensa, la mia tazza gialla e ci versai dentro del latte. Mangia la mia colazione. Lavai la tazza e andai verso il bagno.
Dopo una rapida doccia e dopo essermi lavata i denti mi diressi verso camera mia.
Scelsi un paio di shorts di jeans e una camicetta bianca senza maniche. Mi legai i capelli in una coda alta e indossai i miei sandali marroncini. Presi la borsa, infilai all'interno il biglietto aereo, il cellulare e il portafoglio. Scrissi un veloce biglietto ad Alice dicendole che l'avrei chiamata non appena sarei atterrata e poi uscii di casa.
Chiamai un taxi e in cinque minuti fui all'aeroporto. Dopo aver fatto il ceck-in salii sull'aereo.
Avevo programmato di passare il viaggio ascoltando la mia playlist così mi infilai le cuffiette.
Amavo viaggiare in aereo e, a differenza di molte altre persone, mi piacevano molto la fase di decollo e di atterraggio.
Dopo quasi 20 minuti il comandante ci disse di allacciare le cinture e decollammo.
Due file davanti a me c'era un gruppetto di ragazzi che continuava a parlare con un tono di voce molto alto. Nonostante la musica sentivo perfettamente il loro discorso, stavano discutendo riguardo agli sport migliori da praticare. Ero molto curiosa così decisi di mettere via le cuffie ed ascoltare.
«No il football è uno sport troppo scontato, troppi ci giocano ormai» disse uno di loro.
«Se mi dovessero chiedere di giocare nella squadra del college io ci andrei. I giocatori di football acchiappano molte ragazze e poi ci sono le cheerleader» quest'altro si lasciò andare contro lo schienale del sedile con aria sognante, mi venne da sorridere.
«Naaah io preferisco il basket o il baseball» continuò un altro. Solo un ragazzo non aveva ancora fiatato ma rideva ai commenti degli amici. Loro lo guardarono aspettando una sua opinione così lui si mise a sedere dritto
«Sapete già come la penso. Il nuoto è lo sport migliore: ti sviluppa i muscoli e diciamocelo ti fa diventare un gran figo. Guardatemi!» A quel punto scoppiai a ridere, e si girarono verso di me. Diventai paonazza.
«Stai ridendo per quello che ho detto?» chiese il ragazzo del nuoto.
Mi indicai per essere sicura che parlasse con me e lui annuì. Allora mi alzai dal mio posto e mentre li raggiunsi inizia a parlare.
«Voi ragazzi siete tutti uguali, volete tutti le stesse cose: ragazze ai vostri piedi e un fisico da paura.- dissi indicandoli - Beh sbagliate! Sia il football, il basket che il baseball sono diventati ormai sport di moda che la gente pratica solo perché vuole o diventare famoso o "aggiudicarsi" le belle ragazze.- Poi rivolsi lo sguardo verso il nuotatore e continuai - Il nuoto ti sviluppa i muscoli certo ma se ti capitasse di essere rapinato da un uomo armato non credo che i muscoli ti servirebbero a molto. Gli sport sono svago ma devono servire anche nella vita reale.»
Li avevo colpiti e affondati. Girai sui tacchi e feci per tornare al mio posto quando uno mi disse :
«Sentiamo Miss SoTuttoIo, qual'è lo sport migliore?»
Non aspettavo altro che questa domanda.
«La kickboxing é la migliore in assoluto. Per chi di voi non lo sapesse é l'unione delle tecniche di pugno della boxe e delle tecniche di calcio del karate.»
Li guardai e poi tutto d'un fiato dissi.
«Ti migliora i riflessi, diventi rapido e preciso nei movimenti e ti mantieni in forma. Infine è la tecnica migliore di autodifesa.»
Rimasero ammutoliti e si scambiarono un'occhiata che non riuscii a decifrare.
Forse non si aspettavano che una ragazza praticasse uno sport del genere.
Uno di loro fece per parlare ma venne interrotto dal comandante che chiedeva di allacciarsi le cinture per l'atterraggio. Non mi ero resa conto che era già passata un'ora dalla partenza.

************

Non avendo bagagli con me, uscii subito dall'aeroporto. L'aria di Miami era calda e gioiosa come mi ricordavo. La gente correva da una parte all'altra per raggiungere la spiaggia. Erano tutti felici, come non esserlo: erano a Miami, la città del divertimento. Solo a me, ogni volta che mettevo di nuovo piede in questa città, veniva voglia di distruggere tutto. Mi guardavo intorno e la tristezza aumentava. Dovevo immediatamente chiamare un taxi, andare da loro e tornarmene in fretta a casa. Non volevo far riemergere brutti ricordi.
Alzai una mano per chiamare il taxi. Stavo per salire ma ad un tratto sentii qualcuno che mi bloccava tenendomi il gomito.
«Ehi ragazzina - non capivo chi potesse essere - Non abbiamo finito il nostro discorso»
Con un movimento rapido del braccio mi liberai dalla sua presa e mi girai. Era il nuotatore. Non so perché ma tirai un sospiro di sollievo. Lo guardai dritto negli occhi verdi smeraldo per capire cosa intendesse.
Era alto almeno 20 centimetri più di me. Spostai lo sguardo verso la sua bocca: aveva delle labbra perfette. Dovevo assolutamente guardare da un'altra parte. Scesi verso le spalle larghe tipiche dei nuotatori, la maglietta aderente faceva intuire il suo corpo tonico e muscoloso. Scesi ancora un po'. La sua vita era stretta, i pantaloncini corti si adattavano perfettamente alle sue cosce e i polpacci muscolosi lasciano intendere che era uno sportivo. Ripercorsi il suo corpo passando per le braccia: aveva dei bicipiti che erano il doppio dei miei se non il triplo. Era davvero un bel ragazzo. Se non distoglievo subito lo squadro sarei finita per sbavare davanti alla sua bellezza. Basta dovevo smetterla. Feci un passo indietro.
«Mi hai ascoltato?» lo guardai senza capire.
Lui invece aveva capito che lo stavo squadrando dalla testa ai piedi, glielo si leggeva da quel sorrisetto stampato in faccia.
«Non c'è niente da ridere!- sbuffai. - Senti io avrei fretta quindi se ti sbrighi a parlare va bene altrimenti addio.»
«Che caratteraccio!»
Non mi ero accorta che alle sue spalle c'erano gli altri tre ragazzi. Spostai lo sguardo verso quello che aveva parlato e gli lancia un'occhiataccia. Poi spostai di nuovo gli occhi verso il nuotatore.
«Stavo dicendo- fece una pausa - Tu pensi che noi non saremo in grado di difenderci come si deve solo perché non siamo allenati in quello sport.»
«Esatto, sono sicura che anch'io potrei stracciarvi in un combattimento su un ring.» dissi con un sorrisetto in volto.
«Bene- continuò - Allora che ne dici di metterti e metterci alla prova?»
«Non mi tiro mai indietro quando si parla di sfide» dissi.
«Seguici, conosciamo un posto dove possiamo batterci anche adesso.»
Una lampadina si accese nel mio cervello.
«Adesso?»
«Si adesso, domenica 2 agosto.»
Guardai verso il ragazzo alle sue spalle che si era appena messo a ridere, probabilmente avevo la faccia di una che non capiva più dov'era e cosa faceva.
Non so perché ma sentire la data dell'incidente mi faceva sempre uno strano effetto.
«Vuoi ritirarti per caso?» disse il ragazzo che rideva.
«Io non posso adesso. I-io ho d-da fare... Scusate» balbettai.
Il panico aveva preso il sopravvento. Chiamai un altro taxi visto che il primo se n'era andato. I ragazzi continuavano a parlarmi ma io non li ascoltavo. Salii sull'auto e indicai la mia destinazione all'autista. Una decina di minuti dopo ero arrivata.
Non mi ero ancora calmata, anzi, il nervosismo aveva preso in ostaggio tutto il mio corpo. Torturavo il bordo della maglietta camminando a passo spedito. Percorsi una cinquantina di metri prima di arrivare dove dovevo e poi mi sedetti difronte a lei.

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