Capitolo 32

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Perché faceva così male? Non sapevo neanche se mi considerava un'amica, ma ci ero rimasta lo stesso così tanto male.
L'idea che lui poteva anche solo provare qualcosa per me mi piaceva, ma ora non c'era più. Certo, io non gli avrei mai potuto dare niente di più che una semplice amicizia, ma mi piaceva quello che avevamo, o meglio, quello che si stava creando tra noi.
Adesso però era tutto finito, senza una spiegazione era tutto svanito.
Se ne era andato via con quella ragazza nonostante dovessimo vederci.
Per l'ennesima volta qualcuno si era allontanato da me.
Non sapevo neanche perché volevo provare a vivere di nuovo se poi rivivere significava solo stare male.
Fino a qualche mese prima ero io da sola, senza nessuno al mio fianco. Poi Matt mi aveva fatto cambiare idea e avevo ricominciato ad aprirmi agli altri.
Peccato che Matt non era riuscito a farmi cambiare, lui era riuscito a farmi dimenticare la promessa che mi ero fatta.
" Non lascerò più avvicinarsi nessuno. Da oggi in poi non mi affezionerò più!" Avevo detto cinque anni prima.
Sapevo cos'era il dolore, la delusione di perdere qualcuno, di allontanarsi da qualcuno per sempre. Non mi ero dimenticata quella sensazione, ma ero riuscita comunque a farmi del male di nuovo.
Dovevo smetterla di credere di potermi aggiustare. Ero rotta e, come un oggetto distrutto, non sarei mai potuta tornare come nuova. Dovevo smetterla di provarci.
Stavo camminando velocemente verso la palestra. Non avevo pranzato e non ne avevo neanche la voglia.
Volevo solamente distrarmi, allontanarmi da tutto e tutti.
Marcus mi aveva detto che non aveva più bisogno di me in palestra, per questo non lavoravo più lì.
Andavo da lui solo quando dovevo rilassarmi o quando avevo voglia di picchiare qualcosa.
Era diventato come un rifugio per me, una seconda casa, forse anche più sicura della prima.
Solo poche persone sapevano che andavo lì quando stavo male, solo quelle poche persone che tenevano ancora a me: Alice, Matt e Marcus.
« Ehi ciao, non pensavo venissi oggi.» mi salutò Marcus.
« Ho avuto un cambio di programma.»
« Tutto a posto?» aveva capito che qualcosa non andava.
Ogni volta era come se mi leggeva nel pensiero. Solo dal mio tono di voce capiva il mio stato d'animo. Non capivo come ci riusciva.
« Certo, perché non dovrebbe?» finsi.
Alzò le spalle. Non mi credeva, ma mi lasciò comunque andare a cambiarmi.
Tenevo sempre una tuta di scorta nel mio armadietto per occasioni come questa, così non dovevo andare a casa a cambiarmi.
Fui pronta in pochissimo tempo e iniziai ad allenarmi.
Non mi fermai un attimo, passai tutto il pomeriggio a tirare calci e pugni al sacco. Ad ogni colpo mi rilassavo sempre di più e alla fine non avevo più energie né per continuare a malmenare quel povero sacco né per essere arrabbiata con me stessa per aver permesso a qualcuno di avvicinarsi troppo.
Ero esausta, ma molto più tranquilla di quando ero entrata qua qualche ora fa.
Non avevo visto Marcus per tutto il tempo, probabilmente era rimasto chiuso nel suo ufficio per sistemare alcune scartoffie burocratiche.
Prima di uscire bussai alla sua porta.
« Avanti.» disse.
Aprii e mi appoggiai allo stipite della porta.
« Che fai?»
« Compilo moduli.» sventolò un foglio in aria.
Mi avvicinai e mi sedetti su una sedia di fronte a lui.
« E l'operazione?»
« Il medico dice che non è urgente per cui posso ancora aspettare. I soldi ce li ho, ma pensavo di farla in primavera quando chiuderò la palestra.» disse tutto d'un fiato.
« Sai che se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere, vero?»
« Lo so, ma sto bene. Tu, piuttosto, cosa combini? Mi sembri giù di morale.»
Alzai le spalle.
« Sono tre notti che non dormo e oggi ho avuto una giornataccia.» tagliai corto.
Se gli avessi detto che Tyler mi aveva dato buca avrebbe voluto il suo indirizzo per picchiarlo. Mi ricordavo cosa aveva detto quando gli avevo presentato Matt.
« Come mai non dormi?»
« Sono ritornati gli incubi e sono di nuovo sonnambula.» risi amaramente.
Marcus si incupì. Anche lui sapeva tutta la mia storia legata al sonnambulismo e sapeva anche cosa avevo provato durante tutta la "cura".
« Merda Élodie!» si alzò e si mise le mani nei capelli.
« Sto bene.» dissi.
« No, non stai bene. Come è successo?» chiese avvicinandosi.
« Non lo so. Sono tornati e basta.» dissi.
Non volevo raccontargli del mio attacco d'ira con Tyler alla festa. Probabilmente era quello che mi aveva fatto ripercorrere brutti momenti e quindi mi aveva fatto fare di nuovo gli incubi.
« Non dormi proprio per niente?»
« Solo un paio d'ore circa.»
Annuì.
« Probabilmente è per lo stress della scuola, essendo l'ultimo anno.» continuai.
Non era vero, non ero mai stata una ragazza stressata dalla scuola.
Anche Marcus lo sapeva, ma ci credette comunque. O almeno fece finta di crederci.
« Va bene, ma se continuano dimmelo ok?»
Annuii e gli sorrisi.
Mi alzai dalla sedia.
« Ci vediamo domani forse.» dissi.
« D'accordo, stai attenta mi raccomando.»
« Ti voglio bene, Marcus» lo abbracciai.
« Anch'io Élo.»
Uscii dal suo ufficio e tornai a casa.
Erano le sei passate, ero rimasta per quasi quattro ore in palestra. Era da un po' che non mi allenavo così duramente.
« Sono a casa!» urlai entrando nell'appartamento.
Alice era in cucina, stava preparando la cena.
« Ciao.» disse.
Sembrava di buonumore.
Mi sedetti sul piccolo divano vicino al tavolo.
« Stanca?» mi chiese.
« Abbastanza, sono andata in palestra. Tra quanto è pronto?» chiesi riferendomi alla cena che stava preparando.
« Non prima di 45 minuti.»
« Ok, allora vado a farmi una doccia.»
Lei annuì e tornò a dedicarsi completamente alla cena.
Presi il cellulare e i vestiti che avevo usato in palestra dallo zaino.
Rimasi un po' delusa quando vidi che non c'erano messaggi. Speravo ancora che Tyler mi raccontasse una scusa.
Andai in bagno lasciando che l'acqua della doccia mi portasse via tutte le mie preoccupazioni.
Quando andai in camera per vestirmi erano passati quasi venti minuti.
Controllai ancora il cellulare e, ancora, non avevo messaggi.
A quel punto mi venne un'idea.
Andai in cucina per aiutare Alice ad apparecchiare il tavolo.
« Stavo pensando.» dissi mettendo i piatti.
« Devo preoccuparmi?» chiese ridendo.
« Domani pensavo di non andare a scuola. Volevo fare un salto a Miami per salutarli.» dissi.
Lei mi guardò, probabilmente non capendo il perché di quella mia decisione.
« Non puoi andare domenica? Sai che non mi piace che salti lezione!»
« Lo so, ma volevo andare domani almeno domenica mi riposo un po'.» dissi cercando di convincerla.
« Ok,va bene. A che ora pensi di partire?»
«Come al solito. Più tardi ordino il biglietto, sperando che ce ne si ancora uno»
«Perché vuoi andare?»
Mi sebrava strano che non mi aveva ancora chiesto il perché, solitamente andavo a trovarli solo il giorno dei loro compleanni e dei loro anniversari di morte. Certo, sarei potuta andare più spesso, ma quel posto mi metteva tristezza e mi faceva tornare in mente bei ricordi che non avrei piu potuto rivivere con loro.
Ovviamente non gli avrei mai detto che in parte era per evitare un certo ragazzo a scuola.
« Mi mancano.» dissi.
Lei annuì rattristandosi.
Mi maledissi mentalmente per averle fatto passare il buonumore.
«Quando ti prendi un po' di ferie dal lavoro?» chiesi per cambiare argomento.
Era da gennaio che non smetteva di lavorare. Sapevo che era una distrazione dai problemi, come era per me la kick boxing, ma si vedeva che era stanca perciò sperai prendesse ferie al più presto.
« Probabilmente il prossimo mese, quando arriva Simon. Mi piacerebbe passare del tempo con lui visto che non lo vedo quasi mai.»
« Da quant'è che non viene a trovarci?»
« Sono quasi nove mesi.» disse sedendosi a tavola.
La imitai e iniziammo a mangiare in silenzio.
Non veniva mai a trovarci nessuno qui ad Orlando. I parenti di Alice erano tutti sparsi per l'America. Suo fratello, il padre di Simon, abitava con la moglie e il figlio a Chicago e i suoi genitori erano a New York.
Mentre i miei nonni erano tutti e quattro a Miami.
Era difficile ritrovarsi tutti. Eravamo riuniti solo il giorno del ringraziamento e a Natale, il resto dell'anno eravamo solo Alice ed io.
Finimmo di cenare e, dopo averla aiutata a sparecchiare il tavolo, le diedi la buonanotte andando in camera mia.
Accesi la televisione visto che non avevo sonno e aspettai che la stanchezza prendesse possesso del mio corpo. Mi addormentai anche se sapevo che non avrei dormito a lungo.

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