Capitolo 10

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« Vuoi dirmi cosa c'è che non va?» chiesi dopo aver tirato un pugno che, per mia sfortuna, Marcus aveva evitato.
Eravamo sul ring da quasi 20 minuti ma non si decideva a dirmi quello che lo preoccupava.
Vedevo che non era in forma. L'avevo atterrato già due volte nel giro di un incontro e volevo a tutti i costi sapere cosa gli prendeva.
« Andiamo lo vedo che c'è qualcosa che non va! Ti conosco e poi avevi detto che ne avremmo parlato! - non disse nulla - Ho fatto qualcosa di male io?»
Se era colpa mia avrei fatto di tutto per farmi perdonare.
A quella domanda si irrigidì e il mio pugno lo fece cadere a terra. Non l'aveva visto.
Non l'avevo mai fatto cadere senza che lui non provasse a difendersi e questo mi preoccupò.
Feci due passi indietro e mi tolsi i guantoni. Mi sedetti sul bordo del ring e aspettai che Marcus mi raggiungesse. Quando si sedette vicino a me iniziai a parlare.
« Sai, mi stai facendo preoccupare. - sorrisi - Sei l'unico uomo che posso considerare come amico o, meglio ancora, come un fratello. Ti voglio davvero bene e sai che farei di tutto per te però quando mi chiudi fuori così mi fai innervosire talmente tanto che ti prenderei a calci nel sedere. Quindi se non vuoi ritrovarti con il sedere gonfio a causa mia raccontami cosa ti passa per la testa.»
Lo dissi scherzando perché sapevo che Marcus non sopportava i discorsi troppo seri.
« Mi fai quasi paura quando sei così determinata e so che saresti capace a prendermi a calci, in fondo te l'ho insegnato io!» rise.
« Allora sai ancora parlare!» appoggiai la testa alla sua spalla per pochi secondi poi tornai a guardarlo. Tutto d'un tratto si fece serio.
Guardò dritto davanti a sé, aveva il volto teso e la mascella contratta.
« Tu non hai fatto niente Élo! Sono solo sotto stress tutto qua, sono arrivate le bollette della luce e del riscaldamento della palestra e sto facendo di tutto per riuscire a pagarle. Sono aumentate rispetto a quelle precedenti. Non c'è nulla di cui preoccuparsi, sistemerò tutto.»
Sapevo che non era quello a preoccuparlo, mi stava mentendo e non potevo non sapere cosa veramente lo turbasse.
« Non raccontarmi cazzate Marcus! Non sei uno che si preoccupa per le bollette. Tu hai qualcosa di più grave che non va. Dimmi cosa!»
Non si sarebbe liberato di me tanto facilmente.
Sospirò, mi guardò per pochi istanti poi tornò a guardare davanti a sé e disse.
«Lo scorso mese ho fatto degli esami per la salute. Sai quelli di routine che devo fare una volta all'anno per poter continuare ad allenare e a tenere la palestra aperta. Qualche giorno fa, non mi ricordo se sabato o domenica, mi sono arrivati i risultati. Pensavo fosse tutto a posto, ero sempre stato pienamente in salute, invece c'era qualcosa che non andava. Pensavo fosse un errore. Ho telefonato per conferma e loro non hanno smentito il risultato. Non volevo lo stesso crederci e allora sono andato anche da un medico privato e lui ha detto la stessa cosa degli altri.» sospirò.
Mi guardò di nuovo per poco e dal suo sguardo capii che aveva paura, molta paura. Gli presi la mano e gliela strinsi.
« Cos'ha la tua salute che con va Marcus?»
Allentò la stretta alla mia mano. Tremava. Lo sguardo rivolto davanti a sé e la sua espressione tesa mi impaurirono ancora di più. Non sembrava il solito Marcus pieno di vita e allegria ma, al contrario, era spento.
Non mi rispondeva.
« Parlami Marcus ti prego! Mi sto preoccupando.»
Prese fiato, mi guardò dritto negli occhi e parlò.
« Sto diventando cieco Élo! Sto perdendo la vista. Io non vedrò più»
Non ci potevo credere, non volevo crederci.
Era impossibile. Mi mancò l'aria nei polmoni, non poteva essere vero.
I suoi occhi divennero lucidi ma non pianse.
Ero senza parole ma lui non aveva ancora finito.
« Dicono sia una malattia genetica, mio papà è cieco da diversi anni. È molto rara ma io ce l'ho e... - una lacrima gli rigò il viso e io gliela asciugai con il pollice - Sai cosa significa?! Se perdo la vista non potrò più fare nulla, non potrò più guidare, andare in giro da solo e, soprattutto, non potrò più allenare. La palestra è tutta la mia vita, non ce la farei a chiudere.»
Le lacrime continuarono a scendere dai suoi occhi.
Mi alzai e mi misi davanti a lui con le mani sulle sue ginocchia.
« Ehi non piangere!» dissi in tono dolce.
Lui aveva abbassato lo sguardo.
« Guardami Marcus. Tu non diventerai cieco e non chiuderai niente! Ci sarà sicuramente una cura e se non dovesse esserci io non ti lascerò.»
« C'è una cura ma le possibilità di riuscita dell'intervento sono veramente scarse e costa molto cara!»
Forse non tutto era perduto.
Capii però dal suo tono si voce che non aveva i soldi per l'operazione e che non voleva farla.
Dovevo assolutamente fargli cambiare idea e farlo ragionare.
Dovevo aiutarlo.
« Me l'hai insegnato tu Marcus, non bisogna mai arrendersi, bisogna fare l'indispensabile per rialzarsi. Tu mi hai aiutato a rivivere e io aiuterò te a sopravvivere. Troveremo quei soldi te lo prometto...»
Non mi lasciò finire di parlare.
« Tu non devi aiutarmi Élo! Non hai tutti quei soldi e non voglio che lavori per guadagnarli. Hai già a molte altre cose a cui pensare e io non voglio essere di peso per te. Ti voglio bene ma non devi sdebitarti com me per quello che ho fatto io.»
Aveva centrato in pieno il punto. Io lo volevo aiutare perché gli volevo bene ma anche perché mi sentivo in debito con lui. Però non potevo ammetterlo.
« Non è una questione di favori. Tra fratelli ci si aiuta e come tale io ti aiuterò. E ti prometto che non chiuderemo per nulla al mondo la palestra!»
Marcus viveva per la palestra. Era tutto ciò che aveva e da quanto ne sapevo l'aveva aiutato a non cadere in depressione dopo che la sua ragazza l'aveva lasciato.
Questa volta toccava a me dargli sicurezza così lo abbracciai come lui di solito abbracciava me. Lo strinsi a me per molto tempo.
Lui non pianse più ma sapevo che era distrutto dentro.
C'ero passata anch'io.
Davanti a queste situazioni pensi di essere impotente di non poter fare nulla. La capacità di combattere muore e non si riesce a risolvere tutto da soli.
Si inizia a cadere in un crepaccio di solitudine e sofferenza senza uscita. Ti chiudi in te stesso e il mondo non esiste più.
È difficile rialzarsi e trovare la forza di tornare come prima. Spesso non si torna mai come si era: qualcuno diventa più forte e qualcuno più debole.
Qualcuno, per esempio io, non si rialza mai del tutto e la vita rimane per sempre appesa a un filo. L'unico modo per resistere è non fare spezzare il filo da nessuno quindi non fare entrare nella propria vita nessuno.
Marcus non sarebbe diventato come me. Lui sarebbe sempre stato la stessa persona solo più forte.
Mi aveva fatto una promessa cinque anni prima e sapevo che avrebbe mantenuto la sua parola. Per questo ero sicura che non mi avrebbe più chiusa fuori e si sarebbe fatto aiutare.
Lui non mi avrebbe abbandonato e io non avrei abbandonato lui.

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