Capitolo 21

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Facendo un resoconto generale di queste ultime ultime settimane m avevo constatato che da quando era cominciata la scuola me ne erano successe di cotte e di crude. O meglio, da quando avevo incontrato Louis. Io e il mio ragazzo ci eravamo lasciati, i miei amici mi avevano snobbata per poi tornare ad essere cordiali da un momento all'altro, poi mi avevano detto che non mi volevano più nel gruppo, che non mi meritavo di essere loro amica, che ero falsa ed opportunista. Michael, il mio amico d'infanzia, era tornato e si era aggiunto alla lunga lista di disastri. Mia madre aveva lasciato mio padre per un altro uomo. Avevo litigato con Abby, una brutta litigata, per poi riappacificarci in una squallida stanza d'ospedale, nel quale ero finita a causa di un brutto incidente. E adesso sembrava andare più o meno decentemente, senza contare il fatto che ero finita in coma, che la testa spesso mi faceva male, avevo strane allucinazioni, svenivo così, senza un reale motivo e la mia gamba era ancora ingessata. Cavoli! Louis aveva davvero stravolto il mio mondo. E più io cercavo di tenerlo distante, più me lo ritrovavo in mezzo al mio cammino. Ma, pensandoci su, non era poi così male. Guardarlo prendersi cura di me, senza il minimo imbarazzo nonostante mio padre si mettesse sempre in mezzo, mi rendeva felice. Per la prima volta dopo settimane, mi sentivo felice. Ed era proprio lui, il motivo della mi felicità. L'unica persona che, nonostante mi avesse creato più problemi di chiunque altro, era stata in grado di farmi sorridere, sorridere davvero.

"Ti senti meglio?" Chiese sedendosi delicatamente sul mio letto. "Decisamente." Risposi sorridendo. "Mi dispiace averti fatta arrabbiare, non volevo farti sentire male." Sembrava davvero dispiaciuto, come se si sentisse in colpa. "Oh tranquillo, mi capita spesso. La mia testa, per ora, ha un certo livello di autonomia e devo dire che stasera ero davvero stanca." Risposi. "È tardi, non devi tornare a casa?" Non appena pronunciato quelle parole mi sentii una stupida. Lo volevo mandare via? "Non ho un copri fuoco, torno a casa quando mi va ma se ti dà fastidio la mia compagnia allora posso..." Toccai la sua mano. "Assolutamente no, mi fa piacere averti qui." Questa frase nella mia testa suonava meno disperata. "D'accordo." Rispose cercando di non far notare che sul suo viso apparve un sorriso. "Noelle, credo di doverti dire una cosa.." Il tono della sua voce ora era più serio. "Dimmi tutto." Cercai di non scompormi. "Ecco, ti ho detto che ero venuto qui per vederti e sapere come stavi ma non ti ho detto tutta la verità. Ero venuto qui per parlarti. Sono qui per parlarti. Ci avevo già provato in ospedale ma tu dormivi a causa dei farmaci e l'infermiera, non appena mi ha scoperto, mi ha cacciato via." Fece una lunga pausa. Il mio cuore batteva a mille, lo sentivo esplodere dal petto. Il momento che avevo tanto aspettato da quando ero uscita dall'ospedale era arrivato solo che io non mi sentivo pronta. Avevo paura. Ma di cosa? Forse avrei dovuto impedirgli di parlare, di continuare ma la curiosità era più forte della paura. "Beh mio papà sembra essersi tranquillizzato, i miei fratelli qui non entrano perciò hai tutto il tempo che ti serve per dirmi ciò che devi dire." Risposi senza pensarci più di tanto, cercando di nascondere qualsiasi emozione, sentimento o terrore che potesse trapelare dalla mi voce. Lui mi fissò e fece un respiro profondo per poi cominciare a raccontare tutta la storia. Cose che già avevo sentito, che già sapevo ma che lui credeva non avessi sentito. Finché non arrivò alla fine della storia, finché la sua voce si fece sempre più sottile e titubante, i respiri più affannosi e i suoi occhi più cupi. "Va tutto bene?" Chiesi notando l'agitazione sul suo volto. "Si, è solo che, ho paura di perderti e non voglio, mi ci sono già avvicinato troppe volte." Rispose fissandomi negli occhi. Poi prese la mia mano e delicatamente ci poggiò sopra l'altra. "Ti prometto che qualunque cosa tu mi dirai, ne parleremo con calma, non scapperò, anche perché non posso farlo." dissi ridendo e indicando la gamba. "È il momento di essere adulti. Perciò ti prego, parla, dimmi tutto quello che ti tieni dentro da tempo, perché credo di non poter sopportare più tutto questo mistero." Conclusi continuando a guardarlo. Per un attimo calò il silenzio nella stanza e fu una strana sensazione, poi Louis parlò. "Io credo, anzi, sono più che certo di essermi innamorato di te Noelle e non posso più nasconderlo, né a me, né a te. L'unica cosa che voglio è averti nella mia vita, saperti mia, poterti guardare negli occhi e notare che lo stavi già facendo. Vorrei che tu mi guardassi nello stesso modo in cui guardavi Calum, quella sera a casa mia, durante la festa. Come se non ci fosse altro di più bello al mondo. E ogni giorno mi chiedo come lui non si fosse mai accorto di ciò che aveva davanti ai suoi occhi, di ciò che ha perso e probabilmente mai riavrà." Nonostante il leggero freddo che circondava la mia stanza, io mi sentivo bruciare. Sentivo le mie guance talmente calde che potevo immaginarne il colore, il che bastava a farmi sentire ancora più in imbarazzo. Lo fissai stupita e lui fece lo stesso e quello sguardo sembrò durare secoli. Dovevo parlare, dovevo dire qualcosa o lo avrei ferito. Dovevo dirgli la verità, dirgli che anche io avevo bisogno di lui, che non facevo altro che pensare ai suoi occhi e alle sue mani che stringevano le mie, ai suoi sorrisi, rari ma meravigliosi eppure dalla mia bocca uscì solo una sciocca frase: "Louis non mi sento tanto bene, ti dispiace se dormo un po'?" La sua mano lasciò subito la mia e lui si alzò dal letto. "Si certo, scusa ancora per il disturbo, forse è meglio che io torni a casa, riposati e rimettiti in forma, buonanotte Noelle." Sul suo volto apparve l'accenno di un sorriso, un gesto spento, privo di ogni emozione. Spense la luce e uscì dalla stanza.

Just a moment || Louis Tomlinson (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora