Capitolo 36

214 11 1
                                    

"Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato."
(William Shakespeare)

Passai tutta la notte a girarmi e rigirarmi fra le coperte, non riuscivo a prendere sonno. Il gesto di Louis era stato strano, di solito agiva impulsivamente quando qualcosa non andava, quando era turbato o preoccupato ma proprio non riuscivo a capire cosa lo rendeva così nervoso. Era per via di mia madre? Aveva paura che potesse indurmi a cambiare idea? Oppure aveva paura che non potessi accettare realmente la sua nuova relazione?
Quando dicevo che stavo bene, non mentivo, ero sincera con lui e con me stessa. Ormai avevo passato quel periodo in cui detestavo mia madre per ciò che ci aveva fatto, ci ero passata sopra e lo avevo accettato, non le rivolgevo più le mie attenzioni né sprecavo altre lacrime per una donna che mi aveva abbandonata nel momento più importante della mia adolescenza.

La sveglia continuava a suonare ma non avevo nemmeno la forza di allungare il braccio per spegnerla. Mi sarebbe piaciuto rimanere al calduccio nel letto e dormire per tutta la mattina ma c'era scuola e non potevo fare ancora assenze inutili.

Mi imposi di alzarmi dal letto ed entrare sotto la doccia. L'acqua calda a contatto con la mia pelle era un altro punto a mio sfavore ma cosa potevo farci?! Mi diressi nel piccolo bagno della mia camera e allungai un braccio per aprire l'acqua che cominciò a scorrere e quando si fece calda entrai in doccia.

Quando finalmente riuscii ad uscirne erano già le sette, il che voleva dire che ero rimasta sotto la doccia per mezz'ora e che dovevo sbrigarmi.
Mi vestii e truccai velocemente, scesi al piano di sotto e, dopo aver preso la colazione che mio padre mi faceva trovare sul bancone della cucina quando usciva prima di casa, uscii chiudendo la porta alle mie spalle. I miei fratelli erano già usciti, perciò, girai la chiave nella serratura e scesi le scale.

Novembre era un mese freddo ma non troppo, come di passaggio, prima del grande inverno che dicembre portava con sé. Quest'ultimo era da sempre il mio mese preferito, o almeno fino a poco tempo fa. Quando ero piccola lo aspettavo con ansia perché dicembre era sinonimo di Natale, il che voleva dire grandi cenoni, amici, parenti e regali, montagne di regali. Ogni anno con mia madre addobbavamo la casa, dentro e fuori e con mio fratello Tyler ci divertivamo a fare un grande pupazzo di neve a Central Park. L'atmosfera del Natale era da sempre stata magica..tutte quelle luci, quelle canzoni, la neve, i bambini che giocavano per strada, gli alberi pieni di addobbi, era tutto così bello. Ma con il passare del tempo ogni cosa perdeva quel pizzico di magia che rendeva tutto più emozionante, e quest'anno le cose sarebbero davvero cambiate e mi metteva paura perché io potevo affrontarlo ma i miei fratellini no, per loro sarebbe stato tutto troppo difficile e sentirmi così impotente mi faceva star male. Non potevo garantirgli la serenità di cui avevano realmente bisogno. 

Il vento freddo mi scompigliava i capelli che fuoriuscivano dal cappello facendoli andare davanti agli occhi, cosa che, per la cronaca, odiavo. Avevo la musica che rimbombava all'interno della mia testa accompagnandomi nel tragitto casa - scuola.

Camminare con la cuffiette mi piaceva, era un ottimo modo per estraniarsi completamente dal resto del mondo e dai suoi problemi. Mi perdevo fra il ritmo della musica ed il significato delle parole, le stesse che per la maggior parte delle volte, sembravano fatte apposta per me e per descrivere la mia vita.

Guardai l'orologio e notai che era l'ora di mettere il turbo perché era davvero tardi così in pochi minuti arrivai davanti ai grandi cancelli della scuola. Varcata e la soglia, l'aria calda mi investì facendomi rilassare, tutto quel freddo mi aveva intorpidita.

Just a moment || Louis Tomlinson (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora