"Ognuno può padroneggiare un dolore, tranne chi l'ha."
(W. Shakespeare)"Poi è scappato via. Mi fissava come se all'improvviso mi fosse spuntato un terzo occhio, è stato...strano." Non appena tornai a casa, corsi al piano di sopra per chiamare Louis. Gli avevo praticamente attaccato in faccia, un gesto poco carino da parte mia.
"Magari si è ricordato che doveva fare una cosa importante ed è andato via senza dare tante spiegazioni." Ipotizzò il mio ragazzo. "Almeno ti ha detto il suo nome?" Chiese subito dopo.
"Ora che ci penso, no..non mi ha detto nemmeno il nome. Ripeto, era davvero un tipo strano." Cercai di ricordarne il volto e, stranamente, non fu così difficile. Lo associavo a qualcuno che conoscevo ma non riuscivo a capire a chi assomigliasse. "Però, ora che ci penso, è cambiato in faccia quando ha visto il mio telefono illuminarsi. È stato quando mi hai chiamato!" Esclamai infine.
"Me lo puoi descrivere?" Chiese Louis.
"Certo! Era alto, con i capelli castani e degli occhi molto fini e di un verde intenso. Non era grosso ma nemmeno tanto magro e aveva un accenno di barba. Hai presente no? Quando sai che te la devi radere ma ti annoi nel farlo? Ecco, era in quel modo." Quando finii di parlare, dall'altro lato della cornetta, sentii solo un profondo respiro e poi il silenzio. "Louis, ci sei? Va tutto bene?" Domandai non capendo il perché di questa sua reazione.
"Si, va tutto bene. Comunque no, non conosco nessuno che possa avere questo aspetto." La sua risposta non mi convinse granché, ma evitai di fare altre domande, ero stanca ed affamata e non volevo fare altro che scendere al piano di sotto e cenare.
"D'accordo..adesso vado a cenare, sto morendo di fame. Ci sentiamo più tardi." Lo salutai e staccai la chiamata.Dopo cena salii direttamente in camera per mettere il pigiama. Sapevo che mio padre aveva bisogno di sfogarsi e parlare ma non sapevo come cominciare, non volevo che soffrisse.
Mentre fissavo il soffitto cerca di le parole giuste per potermi approcciare con mio padre, qualcuno bussò alla porta della mia camera. "Entra pure." Risposi mettendomi seduta sul letto. La porta si aprì ed entrò mio padre. "Oh sei tu.." Commentai a bassa voce.
"Non era me che aspettavi, dico bene?" Da una parte speravo fosse lui, da un'altra no. Non avevo ancora preparato un discorso. "Vuoi che vada via?" Chiese non ricevendo alcuna risposta.
"No, no, vieni. Ero soprappensiero. Oggi sono successe tante cose.." Pensai a Tyler, all'uomo, a Ryan e a Louis.
"Parli di Tyler?" Lo guardai perplessa. "Non guardarmi in quel modo. A cena ho notato che tra voi due c'era una certa tensione." Rispose mio padre.
"Oggi abbiamo avuto una piccola discussione, mi sono arrabbiata e gli ho dato uno schiaffo. Non volevo, è stato come un riflesso incondizionato." Risposi sentendomi ancora in colpa.
"Non devi giustificarti, so quanto tuo fratello sia difficile, soprattutto in questo periodo e si sfoga così, prendendosela con la prima persona che si ritrova davanti."
"Papà, mi dispiace." Dal suo sguardo notai che non aveva capito per quale motivo mi fossi scusata. "Mi dispiace per non essere stata presente oggi, per non averti aiutato a superare al meglio questa giornata. Avrei voluto fare tante cose, ma non ho avuto abbastanza coraggio." Non appena comprese il motivo delle mie scuse si rabbuiò.
"È tutto apposto, Noelle. Tu hai i tuoi problemi e le tue giornate da affrontare, non puoi pensare anche a me. Ognuno di noi, porta con sè ciò che la vita gli ha preservato, e nel bene e nel male, dobbiamo accettare ogni conseguenza. Non possiamo fuggire dalle difficoltà, sarebbe troppo semplice, e la vita non lo è. Perciò, si va avanti e basta." Le sue parole mi fecero pensare molto ma non servirono a non farmi sentire in colpa. Era vero che anche io avevo i miei problemi, ma non erano niente in confronto ai suoi.
"Volevo comunque esserci per te." Risposi fissando il pavimento. "Tu sei sempre presente quando ne ho bisogno, per una volta, volevo essere io ad aiutarti." Ero sincera. Mio padre non mi aveva mai lasciata sola, non si era mai tirato indietro quando sapeva che avevo bisogno di aiuto. Caricava sulle sue spalle i suoi problemi ed i miei, e spesso anche quelli di tutta la famiglia.
"In questi ultimi mesi hai fatto tanto, ogni tuo gesto, anche se piccolo, ha ugualmente una sua importanza, perciò, non dire che non ci sei stata per me, perché non è assolutamente vero." Alzai la testa e lo guardai. Aveva uno di quei suoi sorrisi stampati sul volto, quelli che tanto amavo. "Adesso è meglio che tu vada a dormire, domani c'è scuola." Si alzò dandomi un bacio sulla fronte. "Buonanotte piccola mia." Mi sorrise nuovamente e uscì dalla stanza.
"Buonanotte papà." Sussurrai quando chiuse la porta.Erano le undici e un quarto e ancora non riuscivo a prendere sonno. Pensavo alle parole di mio padre, al suo tono di voce, ai suoi occhi, e poi mi veniva in mente mia madre. Ripensai a quel giorno, quando la sentii parlare con mio padre, lui la pregava di rimanere ma lei continuava a ripetere che non poteva più andare avanti, che non funzionava più.
Non ero mai riuscita a capire come dopo anni di matrimonio, dopo quattro figli, dopo tutti quei ricordi, una mattina si era svegliata pensando: "Le cose non funzionano più, meglio mollare, è più semplice."
Come aveva potuto lasciare mio padre per un altro uomo? Come aveva potuto lasciare tutti noi per un altro?
La rabbia mi ribolliva nelle vene a tal punto che avevo pensato diverse volte ad alzarmi, prendere l'auto di mio padre e andare da lei, dalla donna che ci aveva abbandonati, e dirgliene quattro. Ma ciò che più mi faceva rabbia era il comportamento di Louis, il suo essere così vago, strano, misterioso.
Gli avevo già dato la buonanotte da circa tre quarti d'ora promettendogli che avrei dormito senza fare cazzate. Ma come potevo stare ad ascoltarlo? C'era qualcosa che voleva nascondermi e non capivo cosa.
Tra noi andava così bene che non volevo rovinare questo equilibrio, ma il suo comportamento non giocava alla situazione.Guardai l'orologio, era mezzanotte. Ero ferma in macchina, posteggiata davanti casa del compagno di mia madre, indecisa se suonare o meno al campanello.
Non ero mai venuta qui, ma avevo scoperto dove abitava grazie a mio padre. La posta di mia madre continuava ad arrivare a casa, finché, mio padre, stanco di riceverla, disse al postino l'indirizzo della sua nuova abitazione.In un attimo, mi passò davanti agli occhi l'immagine di mio padre in lacrime la sera in cui lei era andata via e a quel punto, niente mi fermò. Scesi dalla macchina e salii gli scalini. Fissai il citofono sul quale c'erano scritti nome e cognome di quello che doveva sicuramente essere il compagno di mia madre, poi, presi un respiro profondo e suonai. Me ne pentii subito dopo e corsi subito giù dalle scale nel momento esatto in cui la porta si aprì. "Ehi tu!" Urlò una voce. "Hai idea di che ore siano? Ti consiglio di darmi un buon motivo per il quale non dovrei chiamare la polizia." Tuonò subito dopo. La sua voce era familiare.
Furiosa per questo suo modo di essersi porto, mi girai e salii di nuovo le scale.
"Sono qui per parlare con la donna che adesso è nel suo letto e che, probabilmente, sta dormendo spensierata." L'uomo si avvicinò mettendosi sotto la luce della porta e alla sua vista strabuzzai gli occhi. "Ma lei è...io l'ho già vista questa mattina! È il tipo del telefono. Ora capisco perché è fuggito via." Avevo capito tutto, lui mi conosceva.
"Si, sono io. Tua madre adesso sta dormendo, ti coniglio di passare un'altra volta." Quando fece per chiudere la porta, misi un piede in mezzo e la bloccai.
"Non mi importa di che ore siano, di ciò che vuole fare o di chi vuole chiamare, né tantomeno può importarmi del fatto che lei sia a letto a dormire. Fino a pochi minuti fa era il giorno dell'anniversario di mio padre e mia madre, se così si può chiamare, e mentre lui era a pezzi e ha passato una giornata di merda, come gli ultimi mesi del resto, lei era nel letto con un altro uomo, baciava un altro uomo, senza preoccuparsi minimamente di tutti i casini che ha fatto, perciò, o adesso lei sale sopra e la chiama, o non mi creerò problemi nel farlo io stessa, anche perché questa è anche casa mia, dal momento che ci abita mia madre, dico bene?" Ero talmente tanto arrabbiata che niente mi avrebbe fermata.
"Noelle, non penso tu voglia davvero fare questo, offendere la donna che ti ha messo al mondo e che ti ama, e credo anche che tu non voglia passare la notte in centrale e farmi poi litigare con tua madre, perciò, ascolta il mio consiglio; torna a casa, dormici su e magari torna un'altra volta." Quando finì di parlare tentò nuovamente di chiudere la porta e così, spinta dalla rabbia, la colpii violentemente, facendola spalancare.
"Ho detto che voglio parlare con lei." Mi imposi rivolgendomi all'uomo a denti stretti.
"Ma cos'è tutta questa confusione?" Una voce risuonò all'interno dell'abitazione. "Papà, che succede, chi è?" Non appena lo riconobbi, rimasi impietrita.
"Louis.."------
Eheheh eccoci arrivati finalmente al punto che più amo della storia. Chi di voi aveva già capito qualcosa? Sono curiosa di saperlo, perciò, commentate a più non posso ahah
Chissà come andrà a finire tra questi due...
Per eventuali errori correggerò domani, al prossimo capitolo, buonanotte ❤️
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Just a moment || Louis Tomlinson (In revisione)
FanfictionSpesso si crede che il primo amore sia il più bello, il migliore. Si dice che non si scordi mai e che si porti sempre nel cuore la prima persona della quale ci si è follemente innamorati. Ma non sempre è vero. Chiunque può entrarti nel cuore e spazz...