Capitolo 34

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"Ama chi ti ama, non amare chi ti sfugge, ama quel cuore che per te si strugge.
Non t'ama chi amor ti dice ma t'ama chi guarda e tace."
(W. Shakespeare)

Qui era tutto più facile. Lontano dai rumori, dalle risate, dalle persone, dalle difficoltà. Questo piccolo, anche se angusto, angolino mi dava una strana sicurezza, la certezza che nessuno sarebbe arrivato a distruggere la mia apparente serenità.

Ero rannicchiata nello sgabuzzino da un paio di minuti, il tempo necessario da lascarmi pensare che nessuno aveva pensato che potessi trovarmi qui. Continuavo a chiedermi perché, per quale motivo ero fuggita dalla mensa, per quale motivo avevo lasciato la mia amica a fissarmi incredula e secondo quale strana ragione avevo avuto paura di dirle la verità. Forse non volevo si facesse un'idea sbagliata di Louis, di nuovo, o forse non volevo che mi prendesse in giro o che giudicasse le mie scelte azzardate. Non avevo mai sopportato i giudizi della gente riguardo la mia vita, era la mia e decidevo io, solo e soltanto io. I consigli li accettavo, i giudizi li detestavo. Era come se la gente dicesse: "La vita come la vivi tu non va bene, devi viverla come dico io." Sentirmi sempre sotto esame, sempre sbagliata, mi dava tremendamente fastidio e così, per tutta risposta, fuggivo. Fuggivo dai problemi, dagli sbagli, dalle difficoltà, dai giudizi, fuggivo e basta. Se fosse stato uno sport, sarei sicuramente stata la campionessa indiscussa.

Il suono della campanella mi fece intuire che era ora di tornare a lezione. Potevo sentire la gente che si riversava fuori dalla mensa correndo da una parte all'altra della scuola. Abby sicuramente stava andando a lezione di matematica e probabilmente si era stufata nel cercami invano per la scuola o forse, pensandoci bene, non ci aveva nemmeno provato.
Quando non sentii più rumori di passi e schiamazzi nei corridoi, decisi di uscire da quel posto stretto e maleodorante dove ero stata chiusa per una buona mezz'ora.
L'unica cosa che volevo fare era tornare a casa senza farmi vedere da nessuno, evitando domande di qualsiasi genere.
Non avrei dovuto dare nemmeno spiegazioni a Louis perché oggi, stranamente, aveva deciso di andare all'università, cosa che faceva poco e niente, perciò, non sarebbe passato a prendermi all'uscita.

Con passo leggero e veloce corsi fuori dallo sgabuzzino dirigendomi verso l'entrata principale.
Stavo per svoltare l'angolo del corridoio quando notai qualcuno e di scatto mi nascosi dietro il muro.
Quando mi affacciai per controllare se quella persona era ancora lì mi sentii chiamare. Michael.
"Noelle, cosa stai...facendo?" Chiese guardandomi confuso.
"Uhm..sto tornando a casa." Risposi fissando i miei occhi nei suoi.
"Sai che non puoi fare così, vero? Non puoi fuggire sperando che nessuno ti veda, rischieresti tanto." Disse lui con fare paterno.
"Non mi importa, voglio solo andare via e dimenticare questa giornata. Facciamo che se qualcuno dovesse chiedertelo, tu-non-mi-hai-vista." Dissi scandendo bene le parole. Così mi avviai verso l'uscita ma lui mi bloccò.
"Non sarò tuo padre né tantomeno un professore, ma sono tuo amico e non ti permetterò di andare via rischiando l'espulsione. Adesso vieni con me." Senza lasciarmi alcuna scelta, prese il mio braccio e mi trascinò con lui.

"Stiamo salendo in terrazza, durante l'orario delle lezioni, anche questo è grave, lo sai vero?" Usai il suo stesso tono per schernirlo.
"Lo so." Rispose seccamente. "Ma finché non mi dirai cos'è successo, non ti lascerò uscire di qui." Continuò sedendosi davanti alla porta e bloccandola con la sua imponente statura. "Perciò, a te la scelta, abbiamo circa due ore." Incrociò le braccia e mi fissò in attesa di spiegazioni.

"E così sono scappata e mi sono nascosta, non sapevo cos'altro fare in quel momento. Probabilmente mi prenderanno in giro a vita ma sai cosa mi importa di ciò che pensano." Conclusi facendo spallucce. Dato che l'unico modo per uscire da questa scuola era raccontargli la verità, lo avevo fatto.
"Sei scappata? Cioè, fammi capire, non volevi che Abby ti giudicasse e così se fuggita e ti sei nascosta per tutto questo tempo dentro un puzzolente e stretto sgabuzzino? Io non ti capisco..." Esordì. Avrei voluto dirgli che nemmeno io riuscivo a capirmi ma le parole non volevano uscire dalla mia bocca. "Tu non sei la stessa Noelle che ho conosciuto anni fa, perché sei cambiata? Sei sempre stata una ragazza forte e determinata e non ti importava cosa la gente potesse pensare di te, sempre sicura di te stessa anche quando sapevi di essere in errore ma questo non ti fermava. Com'è che mi dicesti una volta?! "Comunque vada non voltarti mai indietro, punta avanti, sempre diritto per la tua strada." Si, erano state proprio queste le tue parole. Che fine ha fatto quella ragazza? Cos'è che l'ha portata a diventare così?" Michael non mi diceva niente di nuovo, erano cose che già sapevo, che mi aveva già detto Abby, ma sentirle uscire dalla sua bocca faceva un altro effetto e mi sentivo piccola, talmente piccola da sembrare invisibile.
"Io non lo so, non ho idea di cosa mi sia successo, sono così e basta e non riesco a tornare quella di una volta. Credi che non lo sappia? Credi che non mi accorga di quanto io sia stupida e debole? Di quanto io sia ridicola a comportarmi così? Credi che non mi manchi la Noelle di una volta? Insomma, ho quasi diciannove anni, devo smetterla di essere una bambina ma è una cosa che mi sembra impossibile. Vorrei poter tornare indietro e non ripetere gli stessi errori, però, so che sono stati tutti i miei passi falsi e non a portarmi a questo punto, a fare di me ciò che sono e anche se sono cambiata in negativo, a quanto pare, fa parte del processo dell'andare avanti e crescere ed evidentemente al destino non piaceva quella Noelle, troppo difficile da combattere, da buttare giù, ecco perché sono così, le circostanze mi hanno voluta tale, non io.
Un anno fa non avrei mai pensato che in così poco tempo la mia vita avrebbe preso una strada completamente opposta a quella che vivevo. Un anno fa non avrei mai pensato che mia madre avrebbe lasciato tutti noi per un altro uomo o che Calum mi avrebbe lasciata per una sciocchezza o che sarei finita in coma con una gamba rotta e non avrei mai pensato di poter incontrare Louis. Un anno fa le cose erano diverse perchè io ero diversa e per quanto mi piacerebbe tornare ad essere di nuovo come una volta non ci riesco." Notai di aver alzato il tono di voce quando Michael mi tappò la bocca con la mano. Questi discorsi mi portavano all'esasperazione. Sapere di essere debole e fragile come un bicchiere di vetro mi faceva stare male e mi faceva arrabbiare talmente tanto che mi sarebbe piaciuto urlare a squarciagola fino a perdere la voce.
"Noelle...io non..non volevo." Michael non aveva alcun colpa, ero io quella sbagliata, lo ero sempre stata.
"Smettila! Tu non c'entri niente, sono io ad aver sempre sbagliato, con me, con i miei, con Calum, con Abby e soprattutto con te Mike e mi dispiace tantissimo." Dissi sinceramente. "Ora posso andare via? Ti prego." Chiesi disperata.
"Non volevo farti stare male. Il tuo carattere è sempre stato il tuo punto debole ed io sono stato testardo ed impulsivo, dovevo stare zitto e lasciarti gestire la vita come hai sempre fatto e come hai sempre voluto fare, quindi si, è anche colpa mia." Rispose lui. "Andiamo, ti accompagno a casa." Così si alzò e mi porse la mano, io la presi e lui mi sollevò e, inaspettatamente, mi strinse fra le sue braccia. "Io per te ci sarò sempre, anche se vorrai essere la stronza più stronza del mondo, io non ti lascerò mai da sola." Le sue parole mi fecero sorridere, lo strinsi più forte e lui fece lo stesso.
"Sai una cosa, non voglio andare a casa. Ad ultima ora ho fotografia e non voglio perdermelo per colpa di quattro idioti." Dissi asciugando le lacrime.
"Ne sei sicura?" Chiese tenendomi per le spalle e fissandomi.
"Sicurissima!" Esclamai forzando un sorriso. "Andiamo."

Just a moment || Louis Tomlinson (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora