Capitolo 2

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Continuo ad agitare il corpo a tempo, ormai di Sam e Emily non c'è più traccia. Probabilmente sono diventata pazza ma mi starebbe bene ugualmente non rivederle fino a domani.
Mi guardo intorno e lo vedo:il 'barista', non si confonde in mezzo all'oceano di persone, al contrario. Sorride e mi viene incontro.
"Perché ti sto antipatico?" chiede accennando una risata.
"Per il matrimonio, insomma non che tu c'entri qualcosa ma sono piuttosto itritabile, e non sono felice.Non come dovrei almeno. Ma non so perché te lo sto dicendo, non ti conosco neanche" rispondo ridacchiando
"Non sembra che tu non sia felice" sorride.
"Sì beh, perché ora il matrimonio sembra una cosa così lontana e irreale e sarà questo posto ma voglio divertirmi come non ho fatto per tutta l'adolescenza" sbuffo con un sorriso "Devo essere molto ubriaca per parlare con uno sconosciuto di cose che mai mi sarebbero passate per la mente"
"Già non sembravi così chiacchierona prima"
Gli occhi neri gli luccicano e la pelle ambrata è leggermente imperlata di sudore mentre le labbra carnose sono aperte in un sorriso.
"Mi stai fissando" mi fa notare
"Lo so" rispondo e faccio la cosa più sbagliata, più pazza che avrei mai potuto fare. Premo forte le labbra contro le sue che si schiudono per permettere alle nostre lingue di unirsi in un bacio. Sento il mio corpo accendersi, un calore che si diffonde dallo stomaco. Le gambe mi tremano e per questo sospiro di sollievo quando mi solleva per farmi allacciare le gambe attorno alla sua vita.
"Domani ti sposi" mi ricorda succhiandomi la pelle del collo per lasciarci un segno rosso. Inarco la testa rabbrividendo. Se è sbagliato perché sembra così giusto?
"Lo prenderò per un 'non importa' "ridacchia mentre un ghigno si fa largo sul suo volto. Annuisco e il pensiero di Ethan all'altare mi attraversa la mente, ma se ne va lasciando posto al viso del ragazzo di fronte a me.
"Non so come ti chiami" rido. Sembra una cosa così idiota messa a confronto con quello che sto facendo.
"Calum tu?" geme quando fa scontrare i nostri bacini
"Abby " ansimo tirando con forza le punte dei suoi capelli scuri e sudati.
"Bene Abby, ti va di venire a casa mia? È giusto qui sopra" propone con un sorriso sbilenco. Sento la gola secca quindi mi limito ad annuire. La mia testa urla:Cosa cazzo sto facendo? Ma il corpo ormai non risponde più ai comandi.

Apro gli occhi a stento, le palpebre sono pesanti tanto quanto la testa. Non riconosco il luogo dove mi trovo  finché un flash non mi attraversa la mente: Calum, il bacio, il letto, il suo nome storpiato dai gemiti incontrollati. Il terrore si impadronisce di me, abbasso lo sguardo sul mio corpo nudo coperto da un lenzuolo bianco e quasi sento i conati di vomito.
"Cosa cazzo è successo?" urlo liberandomi del braccio ambrato che mi copre la schiena.
"Buongiorno " ridacchia continuando a darmi le spalle. Sento gli occhi pizzicare e non riesco a trattenere le lacrime. Ho rovinato tutto, la mia vita è stata spazzata via in poche ore. Quel ragazzo al mio fianco si è preso anche la mia verginità che avevo deciso di conservare per la notte dopo le nozze.
"Sei uno stronzo! Tu..dovevi fermarmi!" Non riesco a fermare le parole che escono dalla mia bocca "Forse sono ancora in tempo per il matrimonio... che ore sono? Dimmi che almeno abbiamo usato il preservativo" singhiozzo camminando su e giù per la stanza. La mia mente è un vortice di punti interrogativi a cui non so dare risposta. Non ricordo niente.
"Troppe domande" ride tirandosi su con i gomiti.
"Tu...tu! Ti odio! Dio mi hai rovinato la vita!" Urlo. Le lacrime sono sparite lasciando il posto alla rabbia. Dopo aver approfittato del mio stato di incoscienza si permette pure di rispondermi così?!
"Non sei incinta ora lasciami dormire"borbotta prima di accasciarsi. Le mani mi tremano e sento che potrei piangere di nuovo, senza più fermarmi.
Mi avvicino allo specchio dell'armadio: i miei occhi sono rossi, lucidi e senza vita, i capelli biondi arruffati e un grosso segno violastro colora parte del collo.
Devo trovare Ethan e dirgli la verità, glielo devo, per dimostrare a me stessa che non sono un mostro. Non del tutto.
Afferro i miei vestiti da terra e mi asciugo le guance arrossate con il dorso della mano. Mentre mi vesto lentamente non riesco a non dare egoisticamente la colpa al ragazzo nel letto, ben cosciente di essergli letteralmente saltata addosso. Il disprezzo per lui invade ogni fibra del mio corpo e resta anche quando esco dall'appartamento sbattendo con forza la porta in legno di noce.

A NIGHTMARE IN N.Y.CDove le storie prendono vita. Scoprilo ora