Capitolo 3

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Cammino in cerca di una qualsiasi cosa che mi ricordi di come tornare a casa mentre frugo nella tasca destra dei jeans alla ricerca del telefono.
I numeri di Sam, Emily e Ethan appaiono innumerevoli volte accanto alla scritta:'chiamate perse'. 
La vista si offusca ma non posso piangere di nuovo così chiamo Emily.
"Oddio Abby, come stai? Dov'eri?Ti stiamo aspettando da due ore.Ethan è preoccupatissimo, ha chiamato la polizia "
"È successo un disastro" la mia voce è rotta, il mio tentativo di mantenere la calma è vano "Ho bisogno che tu mi venga a prendere e dí a Ethan che arriverò tra, non lo so...un'ora?"
"Arrivo subito, dove sei?" La sua preoccupazione è percettibile persino attraverso il telefono
"Non lo so" singhiozzo cercando di focalizzare il nome della via a me sconosciuta "Middle Road"
"Okay"
Chiudo la chiamata e mi siedo sul marciapiede. Devo trovare il modo di dire a Ethan che non ci sarà alcun matrimonio. Raccontare l'intera verità sarebbe masochismo vero e proprio quindi decido per il 'mi sono resa conto di non essere pronta'. Sembrerà una barzelletta detta da me ma è l'unico modo per uscirne con un briciolo di dignità. Abbasso la testa sulle ginocchia piegate e mi lascio andare in un pianto liberatorio. Dove andrò adesso? Non a casa, non sono mentalmente e fisicamente pronta ad affrontare la nuvola di delusione di mio padre.
Non passa molto tempo che sento la Panda di Emily fischiare sull'asfalto. Mi viene incontro correndo, rischiando di inciampare nel suo vestito da damigella color glicine, il mio preferito.
"Abby!" Mi abbraccia fino a togliermi il fiato, ma a me va bene così.
"Vuoi parlarne?" Mi chiede non appena riesce a guardarmi meglio. Annuisco e mi siedo sul sedile passeggero.
"Io... non so da che parte cominciare"
"Non ti giudicherei mai" risponde calma. Avrà notato il succhiotto? Prego di no
"Lo so e ti ringrazio per questo" Prendo fiato prima di provare a dare una spiegazione "Ero così su di giri dopo aver bevuto, sarò stata ubriaca non lo so...."
"Abby non avresti potuto essere brilla. Hai bevuto un sorso e te ne sei andata. Ti devono aver messo qualcosa nel bicchiere, c'erano così tanti ragazzi là"
L'idea di essere stata drogata non mi aveva nemmeno sfiorato, ora sembra tutto così chiaro.
"Drogata?" Balbetto "Oh mio Dio"
"Io e Sam ti abbiamo cercato dappertutto: fuori, dentro, nei bagni ma non ti abbiamo trovata così abbiamo pensato che fossi andata a casa.... mi dispiace così tanto Abby,saremmo dovute restare con te" posso leggere il dispiacere negli occhi della mia amica.
"Ti credo, ma ora non si può tornare indietro" sussurro "Devo parlare con Ethan, ma prima portami a casa ti prego" imploro aggrottando le sopracciglia. La mia amica annuisce e mette in moto prima di sfrecciare per le strade familiari che portano alla villetta in stile rustico dove ho vissuto tutta la mia vita. La ghiaia scricchiola sotto le mie converse bianche quando raggiungo il portico in mattoni per cercare il secondo mazzo di chiavi nascosto nella fodera della sedia a dondolo.
Mi guardo indietro e Emily mi sorride incoraggiante prima di rientrare in macchina così giro le chiavi nella toppa e abbasso la maniglia.Non perdo tempo e salgo in camera per la lunga scala a chiocciola.
Un minuto e sto gettando in un borsone tutto ciò che penso mi potrebbe servire di lì a poco: una felpa, jeans, pigiama,calzini, intimo, la copia de 'Il grande Gastby' e l'ipod. Il clacson di Emily mi ricorda che è arrivato il momento di andare così cerco nel beautycase un fondotinta per coprire quell'orribile macchia vicino alla mascella ma il tubetto è finito. Grido esasperata e afferro una dolcevita prima di scendere a fatica le scale inciampando nel borsone.
Chiudo la porta dietro di me e mi maledico per l'ennesima volta, a quest'ora potrei star ballando con Ethan nella meravigliosa location che avevamo scelto e invece sono qua.

Quando ci fermiamo davanti alla chiesa mi manca il coraggio, ma glielo devo. Lo devo a tutti. Fiori di glicine colorano ancora il candido esterno donandogli un aspetto semplice ma raffinato, proprio come me.
Spingo l'imponente portone di legno ed entro; fissare il pavimento sembra la soluzione migliore in quel momento.
"Abigail" non riesco a decifrare il suo tono di voce proveniente dall'inizio della navata,forse un misto tra incertezza e delusione
"Ethan mi dispiace così tanto" scoppio coprendomi il viso con le mani. Sono un mostro.
"Dimmi solo perché" La voce s spezza e finalmente trovo il coraggio per alzare il viso. Non resto stupita quando noto i suoi occhi verdi inumidirsi.
"Andava tutto troppo veloce. Non sento di aver vissuto a pieno come avrei dovuto capisci?" Mento e mi sento ancora peggio, come se un elfante stesse passeggiando sul mio stomaco.
"Abby non mentirmi" mi conosce troppo bene "Dì che non mi ami più, dimmelo"
Amarlo? Sembra una parola così grossa in quel momento, non mi ero mai sentita in quel modo per un bacio prima di Calum quindi non sono neanche certa di aver mai provato amore per lui.
"No, non ti amo" Sussurro, sincera questa volta. Annuisce e si porta le mani ai capelli biondo scuro. Bello,dolce,intelligente. Il ragazzo che qualunque ragazza desidera avere al suo fianco e io non riesco ad amarlo.
"Puoi lasciarmi solo?" I suoi occhi mi implorano così annuisco ed esco, accompagnata solamente dal cigolio delle mie suole sul marmo bianco.
Come sono arrivata a rovinare quello che avevo di più bello?
Non posso proprio restare, devo mettere ordine nella mia vita, fare ammenda, andare via.
Devo assolutamente trovare un posto dove stare ma rifiuto l'offerta di Emily di stare da lei e mi faccio accompagnare in un Motel, vicino al centro di Albany.
"Promettimi che starai bene e che mi chiamerai se ne avrai bisogno, anche solo per un abbraccio" so che Emily si sente responsabile per tutta la faccenda anche quando non lo è.
"Starò bene. Ho un libro e la mia musica, che altro potrei volere?" Rispondo sfoggiando uno dei miei sorrisi più falsi.
Sospira scostandosi i capelli ricci e ricambia il sorriso prima di salire in macchina e tornare a sfrecciare fra le strade ormai buie.Alla reception devo suonare il campanello parecchie volte affinché qualcuno venga ad aiutarmi, ma fortunatamente un giovane ragazzo sulla ventina accorre asciugandosi la camicia bianca bagnata di quello che sembra succo.

"Non è pipí" si giustifica non appena nota il mio sguardo curioso.
"Non l'avevo pensato" ridacchio ordinandomi di non dire niente di sbagliato o offensivo. Ho i nervi a fior di pelle e ho davvero paura di scaricare la rabbia su di lui o qualcuno che davvero non ha un ruolo in questa storia.
"I bambini sono difficili da gestire"
"Bisogna solo saperci fare" gli sorrido incoraggiante. Annuisce prima di chiedermi il passaporto e un acconto, poi lo ringrazio e salgo due piani di scale prima di entrare in una semplice camera da letto matrimoniale.
Non ci metto molto a sistemare le poche cose che ho portato con me così mi siedo sul letto e sfoglio 'Il grande Gastby' alla luce fiebile di una lampadina. In quel momento afferro il significato della parola solitudine, sì ci siamo solo io e quel groviglio che ora è la mia vita.
L'unica mia stabilità ora è l'Nyu e capisco al volo di dovermi trasferire a New York per non farmi scappare l'unica occasione che mi resta.

Angolo scrittrice
Un altro capitolo è finito.  
Secondo voi cosa succederà? Vi adoro

A NIGHTMARE IN N.Y.CDove le storie prendono vita. Scoprilo ora