02:06, l'ora segnata dalla sveglia che cadde a terra con me.
La urtai cadendo dal letto, risvegliandomi dopo un'altra replica dei miei incubi.
Il muscolo cardiaco batteva forte, ma sentivo che faceva fatica a pompare sangue nelle vene.
Non respiravo: la stanza era ormai troppo soffocante, come se le pareti si avvicinassero tra loro non lasciandomi scampo. Nonostante l'ora uscii in corridoio, avevo bisogno d'aria.Mi sgonfiai come un palloncino bucato e caddi a piangere con la schiena contro al muro e la testa tra le ginocchia.
Mi sentivo una bambina, inerme davanti ai mostri della sua mente.
Un pianto isterico era quanto più mi servisse, dovevo scaricare il nervosismo. Doveva andarsene dalle mi spalle schiacciate dal suo peso.Si aprì una porta da cui uscì Ricky in pigiama. Si stava stropicciando gli occhi gonfi dal sonno.
«Ancora l'incubo?», mi domandò apprensivo, raggiungendomi e sedendosi affianco a me.
Mi scostò i capelli madidi di lacrime dal volto in attesa di una risposta.«Sì.», singhiozzai mentre le lacrime sgorgavano a fiotti.
Perché non riesco a fronteggiare le cose naturalmente? Perché piango sempre? Diamine.«Nulla di tutto quello è reale, calmati.», mi soffiò nell'orecchio e mi cinse con le sue braccia per tranquillizzarmi.
«Oh sì, invece.», dissi sconfortata.
«C'è la remota possibilità che succeda un quarto di quello che ti ha tormentata nel sogno. Ora calmati, fa' respiri profondi.», seguii il suo consiglio notando l'effetto positivo.
Mi chiese se andasse meglio ed annuii convinta.
«Dai, andiamo in camera.», si alzò e mi riaccompagnò nella mia stanza dove ci sedemmo sul letto e restammo in silenzio sotto la fievole luce di una lampada nell'angolo.«Tu fai incubi?», gli chiesi per smorzare il silenzio notturno.
Le lacrime evaporarono lasciando un sottile strato di sale sulle guance.«Certo, ma non ho il coraggio di raccontarli.», rispose quieto guardandosi le mani.
«Coraggio?», non afferrai il concetto.
«Sì.», i nostri occhi si incontrarono.
I miei gonfi per il pianto, i suoi per la stanchezza. Pensai che avesse due frammenti di cielo primaverile - stagione dell'amore - incastonati in quel volto altrettanto celestiale.
«Il coraggio di riviverli raccontandoli e di ammettere le paure che si celano dietro.», mi confessò.
«Io non ho questo "coraggio", tu sì. Hai tantissimo coraggio, addirittura da scegliere me.», si indicò poggiandosi una mano sul petto portando l'altra a sfiorare la mia.Lo guardai intensamente e tutto prese forma. Ci avvicinammo lenti e poi accellerò tutto. Ci baciammo con foga fino a stenderci sul letto.
Le sue mani, che afferrarndo l'orlo della mia maglia risalirono verso il collo nel tentativo di sfilarmela, mi fecero intuire le sue intenzioni.
Terrorizzata mi bloccai e lo scostai da me.«Rick. Non voglio.», esitai ricordando le mie paure di essere usata, di sembrare una facile, ma sopratutto, di avverare la prima volta.
«Di cosa hai paura?», era contrariato, ma anche preoccupato e scrutò la mia espressione intimorita cercando la risposta nel mio sguardo cioccolata.
I miei pensieri balenarono alla serata a Milano, quando mi chiusi in bagno e gli rivelai le mie preoccupazioni.
Ricordai di come si fosse offeso al mio sospetto di essere un ripiego per lui.
Potevo fidarmi, ma sopratutto, volevo fidarmi.
E non sarei stata facile. No.
Nessuno lo avrebbe saputo e anche se fosse stato, nessuno aveva il diritto di giudicarmi tale, nemmeno io.
Perché?
Perché io provavo qualcosa per Rick.
Che fosse una semplice cotta, un'infatuazione passeggera da teen-ager, oppure amore vero che sbocciava, io provavo qualcosa e volevo dimostrarglielo.
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City Lights
Fanfiction"Fin da piccola ho saputo distinguere le ambizioni per il futuro dai sogni, perché questi possono diventare incubi." Sofia, la sera precedente al suo diciottesimo compleanno, si era concessa il regalo più grande, la realizzazione del suo sogno: vede...