L'aria pesante riempiva ed appesantiva i polmoni e non riuscivano a trarne abbastanza ossigeno.
Il buio opprimente batteva sugl'occhi e la paura di cadere era l'unica cosa vera a cui affidarsi.
In equilibrio precario su un fine filo di ragnatela sospesa sopra l'oblio, a migliaia di metri dalla solida e dolorosa realtà.Dei potenti fari mi gettarono un fascio di luce contro, la mia vista si fortificò notando che quella tela di ragno divenne il filo della lama di un coltello. Quel coltello.
Caddi.
Giù.
Sempre giù, raggiungendo le tenebre più profonde del mio subcoscio.Atterrai in un mare di coltelli. Li sentivo addosso, contro, dentro me; ne sentivo il dolore, eppure tra tutti quelli, io ne potevo vedere solo uno.
Era sporco di un sangue non mio.
Era nel collo di qualcuno diverso da me.
Stava rubando la vita di qualcun'altro, non la mia.
In un attimo quel manico libero era stretto tra delle mani, le mie.Rosso.
Rosso ovunque.
Rosso sulle mani, sui vestiti, a terra, alla gola di quell'uomo, sulla mia coscienza, nella mia anima, nei miei incubi.Un fremito mi scosse e sentii un gelo sprigionarsi dal petto fino a raggiungere e mescolarsi al macabro calore del sangue sui miei palmi.
E quando pensai di aver toccato il fondo, il mio subcoscio mi mostrò quanto fossi in torto mostrandomi ancor più bassezza.
La mia schiena dolorante si scontrò su di un duro pavimento.
Era il lucido parquet di un tribunale ben illuminato ed affollato, eppure l'atmosfera non cambiò di una virgola.Centinaia di paia d'occhio erano fissi sulla mia soggezione.
Sguardi severi, duri, senza pietà, pieni di disgusto."Colpevole!"
Le occhiatacce da parte di chi amo mi bruciavano addosso mentre le manette ai polsi mi trasportavano altrove, dietro inespugnabili e fredde sbarre di metallo.
Un verso di compiacimento accompagnato dal suo arricciamento delle labbra era l'ultima cosa che avrei desiderato vedere.
"Me ne farò una ragione. Non sei l'unica munita di un buco tra le gambe a questo mondo."
Le sue parole rudi e senza alcuna censura giunsero dritte al centro del petto, come un pugno di ferro.Ti ha usata.
Una frase, una consapevolezza, una ferita.
Rimbombava prepotente nella mia testa.
Seguiva il ritmo con cui il mio cuore batteva stremato, distrutto da tutto ciò che stava accadendo.Le risate gelide di Rick lasciavano affluire la sua anima maligna che mi illuse di essere dolce e persa per me.
Trafitta dall'odio.
Nuda di ogni dignità.
Sola e senza libertà, solamente accompagnata dai sensi di colpa.Come un granello di sale dentro una brocca d'acqua, la mia immagine si dissolse.
Scomparii assieme alla luce.
Tutto lo spazio era dedito al buio e alle sue risate di scherno.Peggio della morte: vivere desiderando la morte.
Bene gente, so che il "capitolo" è corto, ma volevo fosse così.
L'ho scritto per chiarire come fossero gli incubi e spero di aver passato almeno un po' di angoscia che caratterizza le notti della protagonista.Sopra potete ammirare il bellissimo procione Olson.
Non ringraziatemi. U.UVi chiedo un'ultima cosuccia :3
Fino ad ora, che voto dareste alla storia - da 0 a 10?Baci, Sofia_Pitts💕
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City Lights
Fanfiction"Fin da piccola ho saputo distinguere le ambizioni per il futuro dai sogni, perché questi possono diventare incubi." Sofia, la sera precedente al suo diciottesimo compleanno, si era concessa il regalo più grande, la realizzazione del suo sogno: vede...