- 27 - Will You Marry Me?

151 19 4
                                    

Furono settimane tranquille che passavano scandite dalla routine incentrata sul lavoro

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Furono settimane tranquille che passavano scandite dalla routine incentrata sul lavoro.
Ricky era a casa in quel periodo, all'opera in studio assieme a Chris per i testi del nuovo album.
Filava tutto liscio eppure il suo comportamento mi sembrava sempre più strano: a tavola non parlava molto, preferiva fissare un punto imprecisato del piatto con sguardo vacuo, a pensare chissà cosa; spesso scompariva nel cuore della notte alzandosi dal letto, facendo lunghe assenze, e svegliandomi.

In una fatidica notte, sentendo che si stava allontanando, mi alzai a sedere poggiando la schiena sulla testiera del letto, tesi le orecchie e sentii i suoi passi sempre più distanti dalla porta accostata di camera nostra.
Presa dall'infrenabile curiosità, scesi dal letto e lo seguii con passo felpato.
Quando lo vidi uscire di casa lo imitai, non curandomi di indossare pigiama e pantofole - un vestiario non adatto alla rigida temperatura esterna.
In strada regnava il silenzio e le poche fonti di luce erano i lampioni, molti dei quali già spenti poiché nessuno gironzola a quell'ora tarda.
Ma Ricky sì, e questo era strano persino per lui.
Lo pedinai mantenendo una distanza che mi consentiva di vederlo senza esser notata.
I miei passi svelti segnavano un sentiero semi-asciutto sull'asfalto umido e talvolta gelato. Mi maledissi mentalmente per non aver preso una giacca o almeno una coperta da avvolgermi sulle spalle. La mia unica difesa contro il gelo era una fitta cortina di brividi che mi ricopriva la pelle.

Ricky camminava indisturbato con passo ritmico e veloce da almeno un quarto d'ora, che personalmente percepii come eterno per via della curiosità che mi bruciava nel fegato e per il freddo che mi congelava i piedi.
La sagoma scura che inseguivo svoltò in nel vialetto di una casa non molto grande ed assolutamente nella norma.
Rick estrasse una chiave dai pantaloni ed entrò nel garage come se fosse stato di sua proprietà. Lasciò la porta chiusa, ma non a chiave, così, dopo che passò una manciata di secondi, lasciai il cespuglio che mi nascondeva e mi avventurai dentro.
Rimasi appostata in garage, sbirciando dalla porta aperta di uno spicchio sull'altra stanza. Doveva esser una cucina da com'era arredata.

Seduta al tavolo c'era una ragazza che lo attendeva sveglia.
Setosi capelli biondi e mossi, occhi azzurri e cristallini, nonostante la stanchezza segnata sul volto a cuore.
Ricky, il mio Ricky, le passò un braccio dietro le spalle e, chinandosi su di lei, le posò un bacio sulle labbra con tenerezza.
Nel mio ventre sentii aprirsi una voragine ed inghiottire ogni cosa trovasse nel mio petto. Trattenni il fiato, bloccando le lacrime sul nascere.

«Stasera cosa facciamo?», chiese la bionda, alzandosi dalla sedia.
Rick, senza rispondere, la circondò con un braccio e la scortò fuori dalla cucina.

Non volevo crederci, ma il mio subcoscio voleva vederci chiaro, perciò impartì alle mie gambe di seguirli all'interno della casa.
Io non opposi resistenza alla curiosità, pur sapendo che non avrei dovuto, che sarebbe stato pericoloso tanto quanto doloroso.
Entrai con cautela nell'abitazione, dirigendomi fuori da quel locale e ritrovandomi nel salotto scarsamente illuminato. Mi asciugai un altro principio di pianto, così riuscendo a vedere delle ombre salire le scale.
A debita distanza le seguii fino a raggiungere un corridoio in penombra.
L'unica fonte di luce arrivava da una stanza, ma non ebbi il coraggio di aprire la porta e concedermi ad una scenata. Non quella volta.

City LightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora