- 33 - Let's Write It

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Erano ormai le quattro del mattino, passate da molto, oltretutto

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Erano ormai le quattro del mattino, passate da molto, oltretutto.
Non chiusi occhio per l'agitazione del mio imminente processo e anche per lei: Giunis.
Era veramente una bella donna, sia dentro che fuori: era tenace, colta e riflessiva.
Me la immaginai quando invece di essere Giunis era semplicemente Gaia; doveva essere molto affascinante, le sue labbra carnose invece di essere screpolate come in gattabuia sarebbero state tinte di rosso, i suoi occhi spenti sarebbero brillati di gioia mentre teneva suo figlio stretto a sé, circondato dai lunghi e setosi capelli della madre.

«Volevo diventare insegnante di latino; come mio padre: lui si che era un uomo!», mi confessò lei a cena, facevendo un paragone col marito defunto, da lei dipinto più come una larva che come una persona.
Rimasi tutto il tempo ad ascoltare la sua storia ammirando quanto forte fosse il suo istinto materno, sentendo l'affetto che mi rivolse vedendomi così indifesa ed inesperta.
Giunis non era una bella donna, ma una splendida persona, prima di tutto; e l'omicidio che commise, per me, era solo una parentesi rossa, niente di più.

«Fuori!», urlò una guardia qualche ora dopo, per il mio processo.
Mi alzai assonnata dalla branda porgendo i polsi verso l'uomo che mi ammenettò.
«Una certa Gaia Viselli vorrebbe partecipare al processo.», mi avvisò lui prima di incamminarci verso il tribunale adiacente alla struttura.
Sorrisi e rivolsi uno sguardo a Giunis che si unì a noi, ammanettata a sua volta. La sua figura alta e sinuosa attirava gli sguardi di molti, eppure mi sorrise sicura di sé.

"Ricorda: usa il fattore età dalla tua parte, eri ancora nell'adolescenza quando è successo, questo alleggerisce la pena. Il cervello di un adolescente non è completamente maturo come quello di noi adulti, è un fatto scientifico e la corte ne tiene conto."
I consigli di Giunis si affollavano nella mia mente, era esperta di legge, sua madre era segretaria per un avvocato.

E va bene, presi le redini del mio nervosismo.
Facciamolo!, mi animai di coraggio e varcai le pesanti e massicce porte in legno del tribunale, ero determinata a difendere la mia verità. Camminai con decisione fino al tavolo dove era già accomodato Costanzi, ignorando gli sguardi dei miei cari e degli sconosciuti che mi osservavano in modo truce.

«Sei pronta?», mi chiese Costanzi poggiando una mano sulla mia spalla.

«Sì», risposi seccamente, tenendo lo sguardo fisso dove il giudice sarebbe comparso a momenti.
Non volevo pensare a chi era seduto dietro di me: a Rick, alla mia famiglia, ai miei amici, a Giulia e Devin con Hazel. Non volevo concedermi ai sentimenti, dovevo essere io il mostro questa volta, o mi sarei ostacolata da sola.
Esistevamo solo io e la legge, ciò che sarebbe successo poi non doveva riguardare i miei affetti, la mia vita.

«Non essere troppo distaccata quando parli o anche solo quando guardi chiunque, ti conviene. Se ti scappa qualche lacrima, anche meglio.», mi sorrise Costanzi porgendomi una crema, «Mettila sulle occhiaie, meglio non far vedere che questa faccenda ti ha provata. Devi essere forte.»
Mi sentivo come un'eroina pronta alla battaglia definitiva che avrebbe deciso la sorte della propria vita.
Sospirai per calmarmi ed iniziai a massaggiare sotto gli occhi. La crema puzzava in un modo nauseabondo, ma era una fresca e piacevole carezza.
Entrò in aula il giudice, lo stesso del processo di Rick, e tutti si alzarono in suo onore.
Mi scortarono fino alla sbarra dove appoggiai le mani, stringendo la liscia superficie in legno, per non far notare la mia tremarella.

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