«Giulia, si può sapere cosa ti prende?», sbottai fermandomi.
Vedendo che stoppai la mia camminata, anche lei smise di andare avanti e si voltò verso di me.
Era giorni che mangiava in modo esagerato ed aveva persino chiuso molti dei suoi vestiti nella cantina di Devin; ne compro di nuovi, erano orridi e oversize di parecchie misure.
«Hai deciso di diventare una mongolfiera? Mi sta bene, ma non intendo vederti coi sensi di colpa e le insicurezze sulla tua immagine.», dissi agitandole un dito contro.«Non ti ci mettere anche tu! Ok?», mi urlò contrò non curandosi della gente che ci osservava nella galleria del mall. Riprese ad abbuffarsi di frozen yogurt, affogando così il suo nervosismo.
Ho dimenticato di elencare i suoi sbalzi d'umore, sempre più frequenti e repentini.«Cos'è? Sei incinta?», intesi sarcasticamente incrociando le braccia.
Le si sgranarono gli occhi ed iniziò a tramare. Afferrò il bordo della sua felpa, fucsia a rombi azzurri, come se fosse l'unico appiglio per rimanere in piedi. «S-sì», ammise con un filo di voce, iniziò a piangere e scappare verso un fast food del centro commerciale. E ti pareva?
Erano passati quattordici mesi da quando io mi ero trasferita a Scranton, per lei era quasi un anno, e quella era una pungente giornata del febbraio 2020.
I ragazzi erano partiti da poco per un breve tour in Sud America, ma l'assenza di Ricky diventò - per via dell'abitudine - più sopportabile.
Nel frattempo, mi decisi a comprare un nuovo telefono cambiando numero e spedendo la vecchia SIM in Groellandia facendola partire dal Congo con l'aiuto di Ryan che si recò là dato che ormai non aveva più nulla che lo legasse a Scranton; così avrei depistato di più la polizia di cui ancora non c'era traccia.
Dopo diversi mesi e parecchie indecisioni mi feci coraggio a chiamare casa e far sapere tutta la verità ai miei genitori. Mai mi sarei dimenticata il tono di mio padre che pianse al telefono pensandomi morta.
Non benedirono molto la mia relazione con Rick, ma capirono che la mia persistenza negli States era necessaria.
Per un po' tirai un sospiro di sollievo, abituandomi anche al lavoro di Ricky e ai miei nuovi ritmi quotidiani.
Si poteva dire che tutto funzionasse, secondo i miei standard.La raggiunsi a passo spedito.
«Giulia, basta!», le ordinai strattonandola fuori dal locale per un braccio mentre lei si dimenava facendo capricci.
«Ora mi spieghi.», pretesi con un tono che non permetteva risposte negative.Non osò alzare lo sguardo, innervosendomi ancora di più.
«È da due mesi circa che salto il ciclo e... Sof, io ho solo diciannove anni. Come potrebbe prenderla Devin?»
Era disperata e tentò di nascondersi nel suo involucro rosa evidenziatore XXL mentre si era seduta su una panchina.«Devi chiamarlo. Ora, intendo.», mi accovacciai davanti le sue ginocchia, alla ricerca dei suoi occhi lucidi.
«No!», rispose terrorizzata ritraendosi, ma io composi il suo numero.
«Sofia, non glielo dire, ti prego!», mi supplicò stringendosi il ventre come a tentare di proteggere dal dolore almeno il bimbo.
STAI LEGGENDO
City Lights
Fanfiction"Fin da piccola ho saputo distinguere le ambizioni per il futuro dai sogni, perché questi possono diventare incubi." Sofia, la sera precedente al suo diciottesimo compleanno, si era concessa il regalo più grande, la realizzazione del suo sogno: vede...