- 4 - Goodbye

312 39 23
                                    

(Ricky Horror & Ryan Sitkowski)

Il giorno prima, come legge detta, i miei genitori mi consegnarono la mia carta d'identità e tesserino sanitario rinnovati, il mio passaporto e l'accesso al mio libretto postale

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Il giorno prima, come legge detta, i
miei genitori mi consegnarono la mia carta d'identità e tesserino sanitario rinnovati, il mio passaporto e l'accesso al mio libretto postale.
Da quel giorno in poi, la mia patente era abilitata ed entravo ufficialmente nel mondo degli adulti, eppure mi sentivo ancora così piccola e spaventata, indifesa e smarrita in un modo di responsabilità e giganti, sopratutto quel preciso giorno, la data in cui sarei scappata.

Mia madre uscì per andare a lavoro e diede a me e a Jonathan un passaggio fino la fermata del bus.
Avevo addirittura preparato lo zaino pur sapendo che non mi sarebbe servito. La scuola era il mio ultimo pensiero in quella situazione.
Mamma accostò sul ciglio della strada e si voltò verso i sedili potestiori, dove ci trovavamo e dai quali stavamo scendendo, «Buona scuola, ragazzi. Ah, Jonathan, ricordati di far firmare quei fogli in segreteria.»

In tutta risposta, mio fratello roteò gli occhi e sbuffò, liquidandola con un distratto "va bene". Eravamo entrambe consapevoli che non le diede ascolto; era quasi una settimana che doveva portare i moduli in segreteria, ed ogni giorno tornava a casa senza averlo fatto perché si era scordato. Ero sicura che anche quella volta non sarebbe cambiata la solfa; Jonny era così.

Stavo per scendere dall'abitacolo quando mi resi conto che quella, nei peggiori dei casi, sarebbe potuta essere l'ultima volta che vedevo il volto paffuto di mia madre.
«Ciao, mamma. Buona giornata.», di slancio mi sporsi verso i sedili davanti e le lasciai un bacio sulla guancia.
Scesi dall'auto e mi voltai a guardarla sgommare via per non arrivare in ritardo al lavoro.

Iniziò a piovere e il tempo autunnale si addiceva al mio animo in subbuglio.
Là, sotto la tettoietta affollata di studenti che cercavano riparo dall'acqua, mio fratello ed io ci salutammo con le lacrime agli occhi, gli uni specchio degl'altri, per quanto simili.
Quell'abbraccio ad uno sguardo esterno poteva sembrare eccessivamente lungo, ma per noi, durò troppo poco.
Non volevo perdermi la sensazione di sentire quelle braccia crescere ogni giorno, notare che il mio fratellino stava lentamente diventando uomo.
«Tieni.», mi porse una scatola incartata di arancione; un colore così caldo e allegro da stonare totalmente con quella giornata.
«Avrei dovuto dartelo ieri, ma non ricordavo dove l'avevo nascosto. L'ho trovato prima, dopo colazione. Tanti auguri.», sorrisi a quel gesto affettuoso e alla sua sbadataggine, tamponando le lacrime con l'orlo della manica.
Non volevo aprire il regalo e neanche leggerne il biglietto, lo avrei conservato per quando sarei stata lontana da casa, così lo riposi nello zaino.

«Grazie.», gli diedi un bacio sulla sua guancia ormai non più paffuta ma leggermente coperta dall'acne.
Il suo profumo famigliare mi sarebbe mancato, lui mi sarebbe mancato, tutti e tutto mi sarebbero mancati.

«Stai attenta.», una raccomandazione, un addio.
Si sitemò meglio lo zaino sulle spalle e salì sull'autobus diretto a scuola mentre io, senza perdere tempo, tornai di corsa a casa per prendere le valigie.

City LightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora