Dove sono?
Tastai la superficie su cui ero addormentata fino a pochi attimi prima. Era calda, morbida, presumibilmente un letto.
Un letto umidiccio, però.
Mi tirai a sedere facendo scricchiolare penosamente la rete, a tastoni cercai gli occhiali sul comodino e li indossai, mettendo a fuoco la camera in penombra.
Sotto la schiena avevo un asciugamano.
Cercai di fare mente locale della sera precedente; avevo fatto la doccia, il buon odore dei capelli lo confermava, probabilmente mi addormentai col turbante ancora in testa e nel sonno, rigirandomi, s'era disfatto.
Mi alzai e il letto cigolò ancora, sarebbe stato da aggiustare, se solo ci fossero stati i soldi.
Al piano inferiore, in cucina, ritrovai Ricky seduto al tavolo sommerso da fogli: documenti, ricevute, bollette e così via.
In una mano teneva una calcolatrice, nell'altra una penna con cui trascriveva i calcoli sul taccuino. Vicino a lui c'era una Rock Star quasi vuota che a breve avrebbe raggiunto, dall'altra parte del tavolo, la piccola armagione di lattine ammaccate, una volta contenenti la bevanda energetica che lo tenne sveglio tutta la notte.«Rick...», lo chiamai con voce impastata.
Quando alzò il capo dal suo lavoro potei notare le borse violacee sotto i suoi occhi. Quella visione mi svegliò come uno schiaffo, una sberla fatta di preoccupazione e apprensione.
«Non sei neanche salito in camera, ieri sera, vero?»Sospirò rumorosamente e a lungo, si massaggiò le palpebre stanche prima di rispondere con voce di chi era allo stremo.
«Sì, che sono venuto su, ma non sono riuscito a prendere sonno.»«Vuoi qualcosa?», gli domandai guardandolo per un secondo mentre stavo recuperando una tazza, per farmi la colazione.
«Un po' di serenità, se possibile.», la sua voce esausta era una sinfonia amara, ma notando il mio sguardo affranto si apprestò a fare un sorriso, che, seppur stanco e non veramente felice, mi risollevò.
«Per ora un caffè nero va bene.», aggiunse, ponendo fine al controllo del budget.
Finì l'ultimo goccio della bibita e ne buttò via la lattina, assieme a tutte le altre. Ripose ogni scartoffia in una cartellina che chiuse in un cassetto del soggiorno, assieme a tutto il resto.
Quando tornò in cucina, si sedette addentando una brioche, di quelle che si comprano al supermercato.«Che ore sono?», domandò.
«Hai l'orologio dietro la tua bella testolina.», osservai accennando un sorriso. Mi girai verso di lui e gli porsi la sua tazza di caffè, mentre per me preparai il classico latte caldo coi biscotti.
«Mh, sei in tempo per il lavoro.», mi avvisò, «Oggi io rimango a casa. Probabilmente passa Chris, ha detto che deve parlarmi seriamente.»
«Da brivido.», commentai ironicamente ottenendo la sua divertita approvazione.
Finii la colazione e mi preparai ad uscire, salutando Rick con un bacio sbrigativo, ma estremamente dolce, che gli lasciai sulla guancia.Il mio lavoro era sempre lo stesso, ma con un'aggiunta: commessa all'emporio di Ryan-Ash e co-direttrice del merchandising della band, per non dover pagare uno stipendio ad un terzo; come un'impresa famigliare.
Quando si presentava un attimo vuoto nel negozio, seppur raramente, mi occupavo di approvare o bocciare, talvolta creare da me dei bozzetti di t-shirt, pantaloni, zaini, polsini, bigiotteria, cover per telefoni e chi più ne ha più ne metta.
Questo lavoro lo svolgevo principalmente da casa, nei weekend, e lo consideravo un hobby. Era piacevole, lo trovavo più un passatempo che un impiego, il che mi spingeva a lavorare con dedizione.
Il risultato fu un rialzamento degli incassi, grazie anche alla pubblicità nella quale si impegnò Korel finanziandola di tasca propria.
Tutti si stavano impegnando affinché la barca non affondasse, per far in modo che la band non dichiarasse banca rotta.Ero al lavoro, a The Strange and Unusual. Mancava poco all'orario di chiusura e Tyler, un altro impiegato, si stava occupando di pulire il pavimento in modo abbastanza svogliato.
Io, invece, essendo un momento fiacco e senza clienti, mi ero appartata con un blocco di fogli per stendere lo schizzo di una borsa.
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City Lights
Fanfiction"Fin da piccola ho saputo distinguere le ambizioni per il futuro dai sogni, perché questi possono diventare incubi." Sofia, la sera precedente al suo diciottesimo compleanno, si era concessa il regalo più grande, la realizzazione del suo sogno: vede...