Capitolo 11

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Sapevo bene che era da maleducati gironzolare così a casa altrui, ma volevo vederlo.

Dal salotto partivano delle scale che sicuramente portavano ai piani superiori. Da lui.

I corridoi del primo piano, nonostante fosse tarda mattina, erano ancora illuminati da bellissimi candelabri da parete che riflettevano una luce rosa, creando un effetto favoloso sulle pareti dorate. I candelabri erano elaborati sembravano braccia possenti che uscivano dal muro per tenere torce luminose.

Cercano tantissime stanze, come avrei trovato la sua?

A dire la verità non feci molta fatica a trovarla, la sua stanza era aperta. Sbirciai dentro.

Rimasi a bocca aperta, lui molto serenamente dormiva a torso nudo. Con le mani stringeva a se il cuscino. Le coperte non mi permettevano di veder oltre.

Chissà che dolore, togliersi tutti i tatuaggi, quanti soldi e che pazienza!

Dalla descrizione di B, i tatuaggi contribuivano in buona parte a renderlo maledettamente irresistibile. Avrei io mai avuto l'occasione di ammirarlo nel massimo del suo splendore? Non avrei mai potuto con le mie dite tracciare i ricordi che lo avevano segnato indelebilmente.

Mi chiedevo se un giorno sarei mai diventata così importante per qualcuno, da costringerlo a macchiarsi della mia essenza sulla propria pelle.

Però secondo me era bellissimo anche così, mentre i boccoli gli cadevano dolcemente sul viso. Aveva un aspetto a dire poco angelico. Avrei potuto descriverlo anche con un'unica parola: Cupido.

Le sue labbra si arricciarono in un sorriso. Volevo rubargli un bacio. Bè dopotutto me lo meritavo no? Avevo fatto tutta quella strada vestita da barbona con il raffreddore.

Mi sedetti sul bordo del letto. Lo ammirai, il suo viso non era perfetto ma erano le sue imperfezioni a renderlo unico. Potevo solo immaginare quanto potesse essere morbida la sua pelle, ai miei occhi era maledettamente impeccabile.

La voglia di appisolarmi accanto a lui era immensa.

Poteva mai un viso di tale innocenza fare del male? Dinanzi a quella tenerezza non sarei mai stata in grado di crederci.

Il suo sorriso mi stava riscaldando. Non sentivo più la stanchezza o il freddo. Provavo solo gioia.

Stavo per fare quello che non avrei dovuto fare, che non potevo fare, assaporare le sue labbra.

Volevo lasciare sulle sue labbra la mia essenza, volevo che fossi io la ragazza per cui lui avesse deciso di cambiare. Desideravo con tutto il mio cuore sentirlo mio, anche se per qualche istante.

Tremavo.

M'avvicinai, e gli rubai un bacio.

Le sue labbra, morbide al tocco, sembravano paradisiache. Fu come toccare l'apice della passione. Sapevano di limone. Avevo sempre odiato il limone, ma a lui bastò un semplice tocco per farlo diventare per me una droga. Anche il limone così acido era riuscito ad addolcirmi, a sciogliermi come cera sul fuoco.

Mi sentivo come un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Come a chi è mostrato il paradiso solo per negarglielo per sempre.

Avevo ancora dello zucchero sulle labbra e l'avevo sporcato. Che guaio!

Lui si leccò le labbra. Capì che era semi-sveglio. Dovevo star attenta.

Quel gesto anche se compiuto involontariamente mi ricompensò di tutta la fatica compiuta. Avevamo condiviso qualcosa... anche se era del semplice zucchero.

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