Capitolo 11 - Victoria

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Ho finalmente ammesso con me stessa che Damon mi interessa.
Almeno credo. Altrimenti significherebbe che il rum era davvero buono.
Credo non ci sia cosa più brutta che mentire a sé stessi. Non so bene che sentimenti provo per quell'uomo.
Per il momento mi sento molto attratta da lui, e non mi accadeva da tempo. Quindi non so bene nemmeno cosa provo riguardo queste mie nuove emozioni.
Comunque avrei dovuto farmi vedere da un professionista se non fossi stata attratta da Occhi Blu.
Insomma, quale donna può rimanere indifferente dinanzi un metro e ottantacinque di muscoli? Senza parlare dei lucenti capelli corvini, degli occhi penetranti e di quella pelle leggermente abbronzata.
Beh, la mia reazione è del tutto normale. Il corpo di quell'uomo grida "Sono fantastico sotto le lenzuola!", e poi la faccia di bronzo da "bello e stronzo", si sa, attira.
Dalla sera al Cubanito, non ho fatto altro che aspettare oggi per seguire la lezione di recupero.
Anche se a maniche corte si sta benissimo oggi, ho deciso di indossare la felpa dei Violets che Damon ha dimenticato al Mc Donald la volta scorsa.
Mi sta molto ma molto larga, ma sono curiosa di vedere che faccia farà quando la riconoscerà.
L'ho abbinata ad un paio di shorts in denim e scarpette da tennis, abbigliamento comodo ed efficiente per girare per il campus a piedi.
Non sono nella pelle, e anche se sono solo le due e mezza entro nell'edificio e faccio le scale di corsa.
Faccio un profondo respiro, apro la porta e mi fiondo in aula.
Vengo bloccata da un caldo muro di muscoli. Non alzo neppure gli occhi per vedere contro chi ho sbattuto. Perché lo so. Il suo profumo mi inonda le narici, improvvisamente le gambe mi cedono e sento più caldo di quello che effettivamente fa oggi.
-Calma bambola, non sei in ritardo.-
Alzo lo sguardo e vedo il sorriso di Damon. Non accenna a lasciarmi andare, il che è un bene, visto che non sono sicura delle mie capacità motorie in questo momento.
-Volevo prendere un buon posto, perciò sono di corsa. E non chiamarmi bambola.-
-Sei proprio fortunata allora, perché non c'è ancora nessuno.-, mi risponde senza far cenno di aver compreso il mio suggerimento.
Mi stacco dalle forti braccia che mi cingono, e mi siedo in prima fila.
Damon non sembra essersi accorto della sua felpa, e nemmeno che grazie a questa ho il suo stesso profumo. Questo pensiero stupido mi fa sorridere, nonostante mi senta nervosa.
Oddio, non farò mai più tardi, ma essere d'anticipo nemmeno è una buona idea. Essere sola in un aula con Damon mi rende inquieta. Caccio il quaderno per gli appunti ed una penna, nel vano tentativo di essere indifferente all'elettricità che sento nell'aria.
-Mi fa piacere vedere che sei arrivata sana e salva quella sera a casa, sono stato un po' in pensiero.-
Damon si siede sul banco accanto al mio, e mi guarda dall'alto.
-Non dovevi, abito a cinque minuti dal locale, e ho guidato a passo d'uomo. Ci tengo alla pelle.-
Sputo quelle parole in modo velenoso, non so neppure perché. Non voglio sembrare antipatica, ma Damon per fortuna mi guarda e scoppia a ridere
-Sei nervosa, piccola? Hai dormito male o una tarantola ti ha morso il sedere?-
La sua battuta, insieme alla sua risata mi fanno sorridere, e mi sento un po' meno nervosa.
-Niente di tutto ciò. La macchina ha fatto un po' di capricci, e non volevo essere di nuovo in ritardo. Dio non voglia ti facessi aspettare ancora.-, dico ammiccando.
Damon all'improvviso diventa serio, e mi fissa. Con una mano mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Il fatto che tu sia in anticipo non significa che non stia aspettando.-
Mi sento di nuovo febbrilmente nervosa. Cosa intende? Cosa sta aspettando?
Vengo salvata in calcio d'angolo da un gruppo di studenti che entra in aula.
Damon si appresta alla scrivania, e pochi minuti dopo inizia la sua lezione.
Cerco davvero di concentrarmi su quel misto di numeri e lettere che sono scritte alla lavagna, ma mi riesce difficile.
La frase con cui mi ha tramortita mi risuona ancora nelle orecchie, mentre cerco un possibile significato.
I sessanta minuti della lezione passano in fretta, e di sicuro non ho capito né la matematica, né il significato della frase misteriosa.
Appena Damon ci congeda, ficco il quaderno in borsa ed esco alla velocità della luce.
Non mi va di restare di nuovo sola con lui.
Corro giù per le scale come se fossi inseguita da un gargoyle mentre cerco le chiavi del Maggiolone nella mia borsa.
Arrivo all'auto che sto ancora scavando per trovare le chiavi, Mary Poppins invidia la mia borsa, ne sono sicura.
Quando finalmente le trovo, clicco sul pulsante per aprire, e mi sistemo sul sediolino.
Recito una breve ma intensa preghiera al santo protettore delle auto, e giro la chiave nel quadro.
Nessuna risposta dal motore.
Riprovo ancora e ancora, chiusa in auto dove ci saranno almeno cinquanta gradi, ma la batteria sembra essere passata davvero a miglior vita.
Benissimo, domani dovrò chiamare un carro attrezzi, e come se non bastasse ora mi tocca aspettare anche l'autobus.
Raccolgo il contenuto della borsa che si è rovesciato sul sediolino, e sento battere leggermente sul finestrino.
Damon è dall'altro lato del vetro che mi sorride beffardo.
Sospiro e scendo dall'auto.
-Problemi?-
-Il solito. L'auto non parte. La batteria è andata.-
Il sorriso di Damon si allarga ancora di più, mentre mi afferra per una mano a mi trascina fuori dall'auto. Prova ad avviare il motore, senza ottenere ovviamente nessun risultato.
-Eh si, è andata-, mi dice una volta uscito dall'abitacolo, sorridendo come lo Stregatto.
-Beh, questo l'avevo appurato.-, ribatto di nuovo velenosamente.
Senza una parola, mi pende per mano e mi tira via, tanto che devo quasi correre per tenere il passo con le sue lunghe falcate.
-Che fai?-
-Ti do un passaggio.-
Si ferma accanto ad una bella motocicletta sportiva, una Kawasaki che sembra prestante quanto il padrone.
-Non mi hai lasciato scelta.-, dico, sorridendo al pensiero di salire per la prima volta su una superbike guidata dall'uomo più sexy del mondo.
Damon mi porge il suo casco.
-Dai, Sali, non farti pregare. Non credo che tu abbia voglia di metterti in un autobus affollatissimo.-
Non me lo faccio dire due volte, infilo il casco, chiudo la cerniera della felpa e mi accomodo dietro a lui.
-Non correre, per favore, non sono mai stata in moto.-
-Non ti prometto niente.-, risponde sorridendomi dallo specchietto.
Parte sgasando, pendendomi alla sprovvista, verso la direzione opposta a casa mia.
-Non mi chiedi dove abito?-
Con una mano cerca la mia e se la porta sul fianco.
-Tieniti a me, non vorrei perderti strada facendo. E comunque ho voglia di un milkshake, ti riaccompagno dopo, ok?-
-Ma fra un'ora ho un turno...nn posso.-
Non ricevo alcuna risposta da lui, che ormai gia sta sfilando nel traffico.
Sono praticamente scappata dall'aula perché non volevo restare sola con lui, e adesso sto andando a prendere un frullato.
Perché non ho rifiutato?
Mi prendo a schiaffi mentalmente, mentre cerco di ignorare il contatto fra i nostri corpi.
Le mie gambe stringono le sue, così come le mie braccia gli cingono la vita. Il mio petto schiacciato contro la sua schiena, e la guancia poggiata contro le sue spalle ampie.
È un contatto così intimo che mi fa arrossire, che mi fa dimenticare la folle velocità che Damon sta mantenendo, e so bene di essermi un po' approfittata dell'occasione per sentirlo contro di me.
Dopo cinque minuti, la moto rallenta e accostiamo fuori ad una gelateria che sembra uscita direttamente da Candy Crush Saga.
Scendo velocemente dalla Kawasaki e mi sfilo il casco.
-Hai avuto paura?-
-Per niente.-
-Ah, si? Allora perché mi sembrava di avere uno polipetto appeso alla schiena?-, dice ridendo.
Beh, dire che bramavo un contatto mi sembra fuori luogo, quindi opto per un bel dito medio.
Damon ride di gusto, tanto che sta lacrimando.
-Non te la prendere-, riesce a dire tra una risata ed un'altra
-Se non hai avuto paura, si vede che l'hai fatto apposta a stringermi. Dici la verità, volevi solo toccarmi tutto.-, risponde, facendomi l'occhiolino.
Sento il viso andare in combustione. Era così evidente?
-Beh, forse ho avuto un po' paura, perché guidi come uno scellerato. E poi, casomai,
e a te che è piaciuto stare tra le mie gambe.-, e stavolta ammicco io.
-Oh, beh, Victoria...hai ragione, non è stato così male.-
Ci sediamo ad un piccolo tavolino tondo all'interno della gelateria, e ordiniamo due frullati alla frutta che Damon, da gentleman, ha insistito per pagare.
-Allora, ti piace?-
-Molto.-, rispondo, facendogli un sorriso.
Stranamente, non mi sento nervosa. Damon è così affabile che mi mette a mio agio, come se fossimo amici di vecchia data, e questo mi fa desiderare di sapere di più su quest'uomo fantastico che mi siede di fronte.
-Dai, dimmi qualcosa di te. Per esempio, quanti anni hai.-
-Indovina.-
-Sei sicuramente più vecchio di me.-
-Non darmi del vecchio.-, dice corrucciandosi.
-Che c'è, sei permaloso sull'età?-
-No. Allora, quanti anni mi dai?-
-Trenta?-
Damon quasi si strozza con il frullato.
-Davvero dimostro trent'anni?- mi dice basito, il che mi fa scoppiare a ridere.
Non li dimostra, anche se in classe è così autoritario che sembra davvero diverso dalla persona spensierata e divertente che mi siede di fronte.
Scuoto la testa.
-Ho ventisei anni, polipetto. E non sei affatto simpatica.-
-Invece lo sono-, dico facendo l'occhiolino.
-Io ne ho ventuno, comunque.-
-Lo so.-
-Davvero?-
-Sì, conosco la tua data di nascita e il tuo indirizzo.-
-Ah, quindi, facendo il punto della situazione, sei un egocentrico e vecchio professore, che guida come un cretino, e sei anche uno stalker. -
Damon si porta una mano sul cuore.
-Così mi ferisci.-, dice, con la faccia da cane bastonato.
-E poi, mi sa che sei tu l'egocentrica se pensi che ti abbia stalkerata. Ho accesso a tutti i dati degli studenti che si sono iscritti al mio corso.-
Un punto per lui. Perché mai avrebbe dovuto fare delle ricerche su di me?
Il suono del suo cellulare lo distrae dal discorso.
Guarda il display e stringe le labbra in una linea sottile.
-Scusami.-, mi dice freddamente, mentre esce dal locale.
Bah, forse è qualche ragazza super appiccicosa.
Lo guardo attraverso la vetrina, parla a denti stretti e sembra essersi infervorato.
Finisco il mio milkshake, prendo il casco e attraverso la porta proprio quando lui mette il telefono in tasca.
-Scusa, ma dovevo proprio rispondere. Andiamo?-, mi fa un sorriso tirato.
Faccio si con la testa ed infilo il casco. Wow, l'ha proprio innervosito la telefonata.
Ci mettiamo in viaggio silenziosamente.
Combatto contro l'istinto di stringermi lui come prima, onde evitare un'ulteriore presa in giro.
Stavolta Damon guida piano, il che mi rilassa.
Mi ha portata a prendere un frullato. Potrebbe essere stato quasi un appuntamento.
Il pensiero mi fa sorridere, e mi fa amare la mia vecchia auto che mi lascia a piedi.
Vorrei battere le mani per la felicità e, alla fine, il desiderio di poggiarmi alla sua schiena vince, anche perché se guardasse nello specchio retrovisore, vedrebbe il mio stupidissimo sorriso.
Non voglio correre troppo con la fantasia, ma devo interessargli.
Altrimenti perché si sarebbe offerto di accompagnarmi?
Dio, non devo iniziare a fare congetture, infondo lo conosco poco, e non mi va di affezionarmici. Vorrà essere solo un amico, o peggio vuole solo portarmi a letto.
Basta, non devo assolutamente pensarci. Non ho per niente bisogno di un uomo da una notte.
Mi rattristo istantaneamente a quei pensieri.
Lui continua con la sua andatura lenta, e poggia una mano sulla mi coscia lasciata nuda dagli shorts.
Il contatto mi fa rabbrividire, tanto che vorrei chiedergli di spostare la mano, oppure di poggiare anche l'altra.
Mi confonde. Quest'uomo ha il potere di incasinarmi la testa, e non è per niente un bene.
Devo essere lucidissima in sua compagnia, altrimenti va a finire che gli salto addosso.
Mi do uno schiaffo mentale per questo stupido pensiero.
Per fortuna, Damon accosta sotto il mio palazzo. Faccio un enorme sforzo per staccarmi da lui e scendere dalla moto.
Mi sfilo il casco e glielo calco sulla testa.
-Grazie per il passaggio e per il frullato.-
La mia voce è bassa e graffiata dalle emozioni contrastanti che sento in questo momento.
Devo scappare subito dentro, perché in questo momento riesco solo a pensare a come sarebbe baciarlo.
E io di solito non faccio questi pensieri.
-È stato un piacere per me avere la tua compagnia. Mancano 10 minuti al tuo turno, e sei a piedi..-, mi dice con un sorriso beffardo, al che trasalisco. Me ne ero completamente dimenticata.
-Posso farti da autista, su, corri a cambiarti o a fare ciò che devi. Ti aspetto e ti do un passaggio.-
Gli sorrido caldamente per il pensiero gentile, e lo ringrazio.
-Sei fantastico, grazie mille. Non avrei mai potuto farcela in tempo.-
Mi volto per andare via, quando lui mi strattona per un braccio, sempre a cavallo della sua moto.
-Che c'è?-
Non mi risponde. Si limita a guardarmi fisso negli occhi, mentre mi tira a sé.
Mi sta per baciare.
Mi sta per baciare!
Il cuore mi batte fortissimo, tanto che mi sembra voglia uscirmi dal petto. Vorrei di nuovo battere le mani, ma l'entusiasmo si smorza all'istante, quando mi sfiora la guancia con le labbra morbide.
- Sbrigati, Victoria.-, mi dice in tono carezzevole.
Non nascondo di esserci rimasta un po' male. Avrei voluto che mi baciasse.
Ma non l'ha fatto.
Va bene, forse è meglio così. Perché sento che sono già affezionata a lui.
Mi fiondo in casa, svuoto la borsa dai libri di scuola e non mi do la pena di cambiarmi. Non ne ho il tempo. Afferro la maglietta con il logo del locale da una parte, e il mio nome dall'altra e la ficco in borsa. La metterò li.
In meno di cinque minuti sono di nuovo di fronte a lui.
-Hai fatto in fretta.-
Il suo sguardo è così caldo che mi emoziona, ricambio il sorriso e gli faccio un cenno con il capo a mo di risposta.
Afferro il casco che mi sta porgendo, e nel farlo, le nostre dita si sfiorano. Sento la ormai familiare scossa che mi fulmina al suo tocco. Il suo sguardo si trasforma da caloroso a torbido in un secondo, e sono sicura che allora non sono l'unica a sentire la nostra affinità.
Monto in sella e mi sporgo in avanti per tenere le mani salde sul serbatoio. Il mio petto è attaccato alla sua schiena, ma almeno non gli stringo i fianchi che, al tatto, mi sembrano scolpiti.
Sebbene Damon si destreggi dolcemente nel traffico newyorkese, non riesco ad essere rilassata su quel macinino in grado di spararsi ad una velocità folle nel tempo breve di un battito di ciglia. Infatti, in men che non si dica sono arrivata al Cubanito e sono in ritardo di soli due minuti.
Appena scesa dalla macchina infernale che mi mette i brividi, calco il casco su quella fantastica testa di capelli folti e corvini di Damon.
-Grazie mille, non sai da che impiccio mi hai salvata. Il capo è un brav'uomo, ma non mi va di approfittare della sua gentilezza.-
Parlo di getto, e mi complimento con me stessa per non aver balbettato neppure un attimo, con i nervi a fior di pelle che mi ritrovo.
Damon mi tira per un braccio e copre la distanza che avevo preventivamente messo tra di noi. Ha la mano destra impegnata a tenere ferma la moto e un piede ben piantato sull'asfalto.
Mi cinge con il braccio sinistro all'altezza del punto vita, il mio fianco contro i suo.
- È stato un piacere, bellezza. A che ora finisci?-
-Non preoccuparti, posso chiedere ad un collega o qualcun altro di riaccompagnarmi a casa. Davvero, questo posto è frequentato al 50 percento da studenti che conosco. O comunque posso prendere un taxi.-.
Damon mi guarda con un sorriso sarcastico, prima di rispondere.
-In realtà, mi farebbe più piacere che ti riportassi io a casa, invece di qualche studentello sconosciuto e brillo ... quindi ... a che ora finisci?-
Non so cosa mi scatta in testa ma, improvvisamente, provo fastidio per l'eccesso di...interesse.
Insomma, sono grande e vaccinata, e quest'uomo, seppur affascinante e carismatico, non può avanzare nessuna pretesa , né tantomeno, nessun controllo sulle mie decisioni.
-Ma cosa credi, che io sia una svampita che non sa prendersi cura di se? Non guido ubriaca, e non mi faccio neppure dare passaggi da sconosciuti!-, sbotto, infastidita.
Lui non tenta neppure di fermare il suo attacco di ilarità, quando mi risponde:
-Su questo avrei da ridire!-
La sua osservazione non fa altro che innervosirmi ancora di più. Non è che mi abbia lasciato molta scelta, oggi, quando la mia auto ha dato forfait.
-Beh, hai ragione, e se devo dirla tutta, non conosco neppure te, quindi...ciao!-
Mi sento rossa di rabbia quando gli volto le spalle e inizio il mio turno.
Non so che mi è preso, ma non mi piace sentirmi così...controllata.
Insomma, ho ventuno anni, abito da sola, e nella mia vita ho superato tutte le difficoltà contando solo su me stessa.
Troverò uno straccio di passaggio, a costo di infilarmi in auto con Mel...che non è proprio quel che si dice una "pilota".

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