Capitolo 28 - Victoria

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La settimana seguente scorre velocemente e finisco di preparare il mio esame senza distrazioni.
Infatti metto il naso fuori di casa solo per andare con Mel a scegliere il regalo di Damon.
Ci conosciamo da poco, per cui mi butto sul sicuro e prendo un casco integrale da moto, con una fantasia astratta blu che disegna la metà destra del capo.
Sono sicura che gli piacerà.
Il lunedì, dopo due ore passate a risolvere funzioni, derivate e quant'altro, finalmente poso il foglio con il mio esame di matematica sulla cattedra del prof. Evans, convinta di non aver fatto un altro buco nell'acqua.
Non vedo il mio bel professore da quasi una settimana, a parte quando, ieri sera, si è presentato alla mia porta alle sette. Mi ha portato una quantità assurda di cibo cinese, (che con tutta probabilità consumerò anche stasera, visto che non sono uscita nemmeno per fare la spesa) mi ha baciata ed è scappato ad un'altra cena da quell'arpia della madre.
Ma ho mantenuto una calma zen. Non mi sono fatta prendere dalla gelosia nemmeno per un attimo.
Raccatto la borsa da terra, la metto in spalla e corro fuori dall'università.
Inforco gli occhiali, e sento già i capelli che si appiccicano sul collo per il caldo.
Sono le tre del pomeriggio, e questo sole cocente di giugno non risparmia nessuno.
Appena arrivo all'auto, apro i finestrini per far passare un po' d'aria.
Non ho l'aria condizionata, ed entrare nel Maggiolone che è stato parcheggiato tre ore sotto il sole equivarrebbe ad andare incontro ad una brutta morte per asfissia.
Approfitto per inviare un sms a Mel per informarla della fine del programma "Addio matematica", in onda su TeleVictoriaLiberaDaiNumeri.
Appena pigio sul tasto "invia", il mio cellulare si mette a strombazzare.
-Pronto?-
-Piccola.-
Il mio cuore fa un doppio salto carpiato nel petto appena sento la sua voce.
-Ciao. Ho appena finito l'esame.-,dico, tirando un sospiro di sollievo.
-Finalmente! Adesso posso averti qualche ora tutta per me?-
-Sono tutta tua, prof.-, dico, assaporando già con il pensiero il sapore delle sue labbra, che mi è mancato tanto.
-Allora muovi quel bel sederino che ti ritrovi. Sono fuori casa tua con una quantità terribile di quel gelato schifoso al pistacchio che ti piace tanto. E poi devo parlarti di una cosetta.-
-Spero nulla di grave.-
Dio, gelato al pistacchio più "qualcosa da dirmi"...sento puzza di guai.
-No, stai tranquilla. Torna presto... non mi piace attendere.-, ribatte con il tono scherzoso.
Quando butta giù non so perché, ma mi sento un po' inquieta.
Scaccio i pensieri negativi riguardo la "cosetta" di cui vuole parlarmi Damon è infilo cautamente la testa in macchina. Ci sono ancora 87 gradi in auto, ma rispetto ai duemila di prima, direi che il pericolo di morte è scampato.
Mi destreggio alla meglio nel traffico e mi ci vuole comunque mezz'ora buona per arrivare a casa.
Riesco a trovare subito un posteggio, chiudo di corsa l'auto e scorgo Damon seduto sulla sua moto che smanetta al cellulare.
Attraverso la strada, quando lui mi vede, mette via il telefono e mi sorride beffardo.
Non posso fare altro che fremere come una quattordicenne che aspetta il suo primo bacio.
Sarà perché oggi resteremo soli abbastanza a lungo da... da quando siamo stati soli l'ultima volta...oppure sarà che quei jeans gli cadono così bene...o quella t-shirt bianca degli Yankees che sembra essergli stata cucita addosso.
Mi fermo ad un passo da lui, e mi gusto ancora per un attimo la visione del mio uomo senza dire una parola.
Anche lui si prende il suo tempo per analizzarmi, con il suo bel sorriso stampato in faccia.
Sento i suoi occhi che salgono sulle cosce coperte dai pantaloncini, fino ai seni stretti nella t-shirt più aderente del mio repertorio.
Damon fa un altro passo verso di me e, anche l'olfatto si prende la sua parte, quando il naso mi si riempie del suo profumo naturale che tanto amo.
-Ciao bellezza. -, mi saluta, con la sua voce baritonale che mi fa venire la pelle d'oca.
Alzo gli occhi al cielo, fintamente seccata per il nomignolo.
-Bellezza non lo dicono più neppure gli ubriaconi nei bar che vogliono fare conquiste.-
Damon alza un angolo della bocca in un sorriso mesto, e mi tira al suo petto.
Poggio la guancia comodamente, e credo di aver trovato il mio posto nel mondo, lì, stretta tra le sue braccia, con il suo mento sulla testa.
Ascolto il battito del suo cuore sotto la maglietta sottile, e le vibrazioni del suo petto quando mi dice:
-Tecnicamente, non devo conquistarti. Mi pare di averlo già fatto. Quindi posso chiamarti come mi pare, anche baby. E poi, c'è qualche ubriacone al Cubanito che devo pestare?-
-Ma no! Sei proprio uno spaccone, non so come faccia a stare con te!-, dico, tradendomi con una piccola risata.
Damon mi lascia, ed io apro il cancello.
-Beh, potrei darti dieci buoni motivi qui su due piedi. Allora:-, si prepara, tenendo il conto con le dita, mentre saliamo i due piani di scale.
-Faccio il professore di una materia che odi, quindi devi ritenermi una mente brillante.-
Arriviamo alla porta e mentre giro la chiave nella serratura, gli rivolgo uno sguardo di sufficienza con tanto di sopracciglia inarcate.
-Che c'è? È la verità, ammettilo. Tra l'altro, pensi che io sia bello. E ti sto sicuramente simpatico. -
-Questo è vero.-, gli rispondo, chiudendomi la porta alle spalle.
Mentre Damon continua a pensare al "Decalogo delle cose che ami di me", butto la borsa per terra, e mi avvio in cucina.
Lui mi prende tra le braccia, e mi dà un leggero bacio sulle labbra.
-Perché mi manchi appena esco da quella porta, e manco anch'io a te-
Quasi mi sciolgo per le parole che mi sussurra all'orecchio. Sapevo che quel giochetto avrebbe tirato fuori tante, ma tante verità.
Vedendo che non continua, alzo un sopracciglio, e lo sprono.
-Sei solo a quattro, dai, finora ci hai azzeccato.-
Damon mi fa l'occhiolino, e picchietta l'indice della mano destra sul mignolo dell'altra, mentre formula la quinta motivazione.
-Beh, mi piaci tanto, ed io proteggo ciò che è mio. Odi che tiri pugni ai tuoi compagni, ma ami sentirti mia.-
-Continui a fare lo sbruffone-, lo rimbrotto, con le sopracciglia inarcate, mentre mi metto una generosa quantità di gelato in una tazza. Gli verso un bicchiere di té alla pesca ghiacciato e glielo porgo.
Mi fa un cenno con il capo, e inizia a sorseggiare la bevanda
-Motivazione numero sei: ami anche la mia sbruffonaggine.-
Mi viene da ridere, ma mi trattengo, perché sono proprio curiosa di sapere cos'altro si inventerà. E anche perché rischiavo di affogarmi col gelato.
-Poi sono gentile, e ti vizio perché compro un gelato che odio solo perché ti piace. Ti piace il mio letto enorme. E anche la mia macchina, che prometto di farti guidare.-
Stavolta scoppio a ridere.
-Le ultime due sono proprio arrancate, ma te le faccio passare. Ne manca comunque una,-, lo sfido, alzando un sopracciglio, -e devi proprio convincermi-
Damon raccoglie il guanto di sfida, si avvicina bloccandomi tra le sue braccia, che poggia sul tavolo ai lati della mia sedia.
Avvicina le labbra al mio orecchio com'è solito fare, e mi sussurra.
-Sono un ottimo amatore, ma questo ancora non lo sai.-
Il mio cuore manca di un battito. Il nodo è arrivato al pettine. Allora, che si fa?
Come che si fa, idiota! Digli di mostrarti quest'abilità!
Ah, già. Grazie vocina!
Tiro un sospiro profondo nel tentativo di sciogliermi i nervi, e poi la butto lì:
-Davvero? Allora dovresti proprio dimostrarmelo.-
Sento che sto arrossendo come un pomodoro, nonostante ciò, però, tengo fisso lo sguardo sul viso di Damon.
Pian piano gli si apre un sorriso sarcastico sul viso, con tanto di sopracciglia inarcate.
-Magari dopo, adesso non mi va.-, mi dice beffardamente, anche se, a meno che non abbia il telecomando del televisore al plasma in tasca, sono sicura che un po' ne ha voglia.
-Magari dopo non va a me.-, lo punzecchio.
-Sono sicuro di conoscere qualche metodo di persuasione. Poi devo parlarti di una cosa. Mangia quello schifo, si sta sciogliendo.-, mi soffia un bacio sul naso, e si siede su uno sgabello.
-Su, spara. Mi stai tenendo sulle spine...in troppe situazioni.-
Capisco che ha colto l'ironia dal sorrisetto che mi fa, mentre poggia i gomiti sulle ginocchia e si sporge verso di me.
-Non stare in ansia, non ti sto per dare nessuna brutta notizia. In pratica ho avuto qualche rogna con una proprietà in Italia che stavo facendo ristrutturare, quindi devo andare lì per qualche giorno.-
-Oh, wow! Hai una casa in Italia!?-
-Beh, in realtà più di una. Ho ereditato una buona parte delle proprietà di mia nonna, quando è finita, qualche anno fa. -
Si legge chiaramente il dolore della perdita nei suoi occhi. Purtroppo non sono brava in queste cose, e il massimo che riesco a dire è:
-Mi dispiace, per tua nonna. Dovevi esserle molto legato-
Lui accenna un sorriso, e annuisce.
-In effetti si, nonostante la lontananza, appena potevo andavo a Napoli con mia madre. Da quando la nonna se n' è andata ci sono state parecchie liti in famiglia che riguardavano il testamento. Ho altri due cugini a cui non ha lasciato nulla, per cui sono stati parecchio gelosi del "cugino americano".-
-Wow, hai ereditato tutto tu? Come mai?-, non voglio essere impicciona, ma quest'uomo è un tale punto interrogativo, che quando mi racconta qualcosa di lui non mi basta mai.
-In pratica loro, Mario e Sabrina, insieme a mio zio, hanno un azienda che produce elettrodomestici che è molto redditizia, infatti esportano anche qui. Quindi il problema non erano i soldi e le proprietà in sé per sé, ma il fatto che la nonna avesse lasciato tutto a me.-, dice, lanciandomi uno sguardo scocciato.
-Loro non sono mai stati legati a lei, nonostante abitassero a mezz'ora di distanza, infatti prima che si ammalasse non la vedevano da una decina d'anni. Quindi la nonna ha ripartito ai figli, cioè mia madre e mio zio, i soldi che ha guadagnato durante tutta la vita con l'attività di famiglia. Lei e il nonno hanno iniziato con un piccolo caseificio che poi nel corso degli anni si è trasformato in una catena. -
Damon sospira, poi riprende con il suo racconto, mentre io prendo l'ultima cucchiaiata di gelato.
-Ecco, alla fine, ha lasciato tutte le proprietà a me, anche la società, e nulla ai mie cugini. Sono nate varie discussioni con la mia famiglia per via del dannatissimo testamento, e alla fine ho deciso di cedere a mio zio una percentuale di maggioranza della catena di caseifici. Comunque, ancora oggi non corre buon sangue, visto che mi accusano di aver rubato ciò che spettava a loro.-, dice, con una smorfia di disgusto buffissima. Wow, che casino!
-Per quanto riguarda le proprietà, ho ereditato un intero palazzo a Napoli, dove c'è la casa della nonna, che è quella in cui sia io che mia madre abbiamo più ricordi . Un paio di quegli appartamenti li ho venduti, e ho acquistato il mio attuale appartamento, e poi c'è questa villetta ad Amalfi, dove passavamo le estati, che mi sta dando dei problemi. Essendo molto vecchia, ho dovuto per forza ristrutturarla dalle fondamenta, anche se non avrei voluto cambiarla di una virgola. Ecco tutto, quindi la notizia è che devo stare via quattro o cinque giorni a firmare scartoffie e chiedere permessi edilizi, e la richiesta è: vuoi venire con me?-
La proposta mi lascia un attimo interdetta, e nonostante la mia vocina stia dicendo "SI!!!!!", so che non posso assentarmi nemmeno per poco, visto che tra qualche giorno devo dare l'ultimo esame della sessione estiva.
-Ah, ecco tutto.-, dico scherzando, -mi era sembrato che te la passassi troppo bene per essere solo un professore!-
-Vic, non ho per niente abusato dell'eredità, se non per comprare la mia casa. Mi sono spaccato la schiena sui libri comunque, e sono diventato quello che sono oggi, anche se potevo fare l'amministratore delegato che comanda dall'alto.-, mi risponde, un po' troppo piccato.
-Scusami, non volevo offenderti, stavo solo scherzando.-
Damon mi sorride e si riavvicina a me come prima, intrappolandomi tra le sue braccia.
-Non mi hai offeso. Hai ragione, non me la passo male, però non mi piace ostentare. Nella vita avrei voluto fare il giocatore professionista, ma purtroppo presi scelte molto stupide e avventate, che mi hanno portato a buttare via questo sogno. Quindi decisi di voler diventare un professore ed insegnare alle ragazzette ignorati come te.-, dice, dandomi un bacio sul naso in risposta al mio buffetto sul petto.
-Poi ho perso mia nonna, e nonostante mi venne consigliato di non dare nulla a quegli stronzi, e fare la vita del ricco proprietario di azienda, decisi che almeno mi sarebbe piaciuto finire quello che stavo facendo, e arrivare ad un risultato personale importante.
Insomma, i soldi non mi mancano comunque. Non avrò un jet privato, ma di sicuro non sputo in faccia alla miseria. Poi ho fatto qualche altra cavolata, ma vabbè, questa è tutta un'altra storia. Che fai allora, ci vieni?-
Damon prende a baciarmi il collo, sfiorando quel punto sensibile dietro l'orecchio. Nonostante i brividi di piacere che sto provando, continua a pensare a tutta la storia, collocando Marianne in tutto ciò.
Sicuramente è per quella strega che ha deciso di non giocare più, e ancora più sicuro sarà stata lei a cercare di dissuaderlo per quello che riguarda la società.
Quindi, facendo il punto, Marianne non solo è una stronza rifatta fedifraga che cerca di riprendersi il mio uomo, a è anche un'avara innamorata più dei soldi che di lui.
-Allora?-
Damon mi riscuote dai miei pensieri, e mi ricordo che ancora devo dargli una risposta.
-Mi dispiace, ma ho il test di genetica e non posso proprio saltarlo. Ma quand'è che parti e quando torni, soprattutto?-
Mi viene in mente del suo compleanno, del concerto e tutto il resto, e mi allarmo per un momento pensando che è saltato tutto.
-Parto domani, piccola. È stata una cosa dell'ultimo minuto. Ho sperato che potessi divincolarti dal lavoro e così ho prenotato oggi due posti su un aereo,ma mi tocca annullarlo. Sarà di ritorno il 25. Ti mancherò?-, mi domanda, prendendo a frugare il mio corpo con le mani, mentre mi bacia con tanta foga che mi manca il respiro.
- Certo che mi mancherai-
Ecco, ci siamo. Sta per succedere. Mi prende un po' di panico, tanto che resto li ferma come uno stoccafisso, e mi lascio baciare. Damon porta la bocca al mio orecchio e, cauto come sempre, mi dice:
-Dimmi di smetterla, se non vuoi, piccola.-
Il suo fiato caldo nell'orecchio, la voce roca, e le mani istantaneamente bloccate sui fianchi, mi fanno venire la pelle d'oca.
Mi prendo un secondo per calmarmi, poi rispondo, risoluta.
-No, Damon, non te lo dirò. Ti voglio.-
A quelle parole, lui non perde un attimo.
Con la bocca incollata alla mia, mi prende tra le sue braccia tanto velocemente che non ho il tempo di togliere i piedi dal piolo dello sgabello, che cade per terra.
Allaccio le gambe alla sua vita stretta mentre attraversa la cucina urtando la credenza, da cui sicuramente sarà caduto qualcosa visto il rumore che produce.
Sebbene sia in ansia, la nostra goffaggine mi fa sorridere, pare di essere in uno di quei film dove le persone sembrano causarsi più dolore che piacere nel tentativo di raggiungere in fretta la camera da letto.
L'ilarità però mi passa subito, o almeno appena Damon fa scivolare una mano sotto la mia t-shirt e mi carezza la schiena con la punta delle dita, facendomi venire i brividi.
Quando stacca la bocca dalla mia e mi mette giù, davanti la porta chiusa della camera da letto, abbiamo entrambi il fiato corto.
Mi prendo un momento per calmare i nervi tesi, mentre ci fissiamo negli occhi.
Damon, con il viso serissimo, mi sistema i capelli dietro le orecchie con un tocco leggerissimo, che però mi brucia la pelle del viso.
Con la voce più leggera e carezzevole del suo tocco, se possibile, mi dice:
-Non posso credere che sto finalmente per ...averti.-
Le sue parole sono un sussurro che mi scivola tra le vene, incendiandomi il sangue. Sento la tensione densa come burro, mentre il mio bellissimo uomo mi tiene le mani sui fianchi e china il capo per baciarmi il collo.
La scia della sua lingua sulla pelle delicata dietro l'orecchio mi fa venire la pelle d'oca, mentre le mani mi prudono dall'ansia di toccarlo.
Invece me ne sto lì, con il fiato corto, gli occhi chiusi, e le braccia lunghe sui fianchi, a farmi baciare. L'emozione per ciò che sta per succedere mi rende così nervosa che per distrarmi da tutti i pensieri che non riguardano la bocca di Damon su di me, inizio a spremermi le meningi per ricordare che intimo ho indossato. Speriamo niente cotone!
Dio, perché mi sento come Bridget Jones?
Damon fa scorrere le mani sulle mie braccia, portandosele al collo. Mi tira a sé, e mi stringe facendo aderire nuovamente i nostri corpi che si incastrano a meraviglia. La sua bocca di nuovo sulla mia, mentre il bacio da dolce diventa affamato e febbrile. Posso sentire il suo petto duro e ampio che accoglie il mio, le sue cosce sode contro lo mie sottili, e il suo bacino che preme il mio bassoventre.
Perdendo il pudore che sembrava aver conservato fino ad ora, Damon mi afferra le natiche, tirandomi ancora tra le sue braccia, tutti i punti giusti in contatto e che si sfregano, e continuando a violare la mia bocca con la sua lingua morbida e dolce, spinge la porta della mia camera.
Attraverso le tende chiuse, filtra una morbida luce soffusa che fa un'atmosfera pazzesca, ma non ho tempo per soffermarmici.
Mi scappa un gemito quando mi morde il labbro inferiore e mi stringe il sedere nelle sue mani.
Lentamente cammina verso il letto, facendomici sdraiare, il suo corpo sul mio.
-Oh, tesoro, mi fai letteralmente perdere il senno-, mi dice con la voce più roca e profonda de solito, -ti ho finalmente qui sul tuo letto e vorrei toccarti in così tanti modi, farti così tante cose che non so da dove iniziare-.
Le sue parole non fanno altro che alimentare il mio desiderio, la sua voce così melodiosa e sensuale alle mie orecchie cancella ogni inibizione e ogni freno che mentalmente mi sono posta in questi anni.
Vorrei rispondergli, ma la voce mi muore in gola, così lo spingo sotto di me, e mi siedo a cavalcioni su di lui.
Stavolta è Damon ad ansimare, mentre mi sfilo la maglietta, restando con un reggiseno tutto pizzo e trasparenze nero.
Vedo sue pupille che si allargano mentre mi dice:
-Sei perfetta. Così fottutamente bella.-
Mi do un cinque mentale per la scelta. Un punto per la biancheria.
Le sue mani si avvicinano cautamente ai miei seni, pizzicandone le punte turgide, mentre mi beo della visione dei suoi muscoli che si flettono per avvicinarsi a me.
In un secondo mi ritrovo schiacciata sotto di lui, l'espressione sbigottita.
-Mi dispiace, ma ho deciso da dove comincerò a toccarti, e tu su di me è previsto dopo aver baciato ogni parte del tuo corpo.-
Una nuova scarica elettrica mi pervade all'udire queste parole, mentre Damon sbottona i miei pantaloncini e li fa scivolare piano sulle mie gambe. Lo sento imprecare quando nota la brasiliana coordinata.
Nonostante si prenda il suo tempo per guardare il mio corpo steso languidamente sul letto, non mi sento in imbarazzo.
Il suo sguardo, e non solo, tradisce un tale desiderio per me, che mi fa sentire solo bellissima e sensuale.
Damon mi sfila velocemente le converse, per poi iniziare proprio dai piedi, a baciarmi tutto il corpo. Sento le sue labbra umide e calde lasciare una scia di fuoco sulla gamba destra, fino all'inguine.
Spinge la lingua nel mio ombelico, poi risale fino ai seni. Ne bacia i capezzoli turgidi attraverso la stoffa, mandandomi mille brividi per tutto il corpo.
Il mio respiro è spezzato dai gemiti di piacere che incontrollati escono dalle mie labbra.
Damon dà sempre l'impressione di una persona molto calma e pacata, per cui la passione, l'urgenza che mi trasmette in questo momento sono del tutto rari ed inaspettati.
-Dove sei, piccola?-
La sua domanda mi spiazza un momento, mentre lui è fisso sul mio collo a leccare e baciare ogni lembo di pelle disponibile.
-Come dove sono? Qui con te.-
Damon solleva il capo, ed io affondo le dita tra i suoi capelli morbidi.
-Con la testa, tesoro. Dove sei? Ci stai ripensando? Perché in quel caso non so se posso fermarmi. Non con te quasi nuda sotto di me.-
Il suo volto un misto di desiderio e urgenza che mi fa odiare me stessa perché non gli trasmetto lo stesso, sebbene anche io voglia unirmi a lui. Proprio ora.
Rimango un momento in silenzio, mentre gli occhi sono fissi nei suoi. Guardo il suo busto sorretto dalle forti braccia che mi fanno sentire protetta e faccio scorrere le dita sui suoi fianchi, tirandogli via la maglietta.
-Scusa, stavo solo pensando che eri troppo vestito per i miei gusti.-
Damon mi rivolge un sorriso furbetto, si tiene in equilibrio sopra di me con un braccio e si batte il pugno in petto.
-Mea culpa. E adesso cosa pensi che dovrei fare?-
Facendogli lo stesso sorriso, lo tiro a me e lo bacio. I nostri denti si scontrano e i bacini si sfregano. Sento un gemito che gli esce dalle labbra, e quasi mi sciolgo a quel suono sensuale, prodotto dalla bocca sensuale del mio uomo... indovinate un po'? Sensuale come il peccato.
Lui si alza a cavalcioni su di me, le sue mani scorrono sulle mie spalle, e abbassano le bretelline del mio reggiseno, poi si concentrano sulla chiusura frontale, lasciandomi nuda.
Un punto per Damon, che al contrario di quanto si dica degli uomini, si è sbarazzato del mio reggipetto in un istante.
Mi sento un attimo in imbarazzo, quando lui si sofferma a guardare la mia nudità, per poi chinarsi a baciare un seno.
Ho un fremito appena le sue labbra sono a contatto pelle contro pelle con me, il momento è così intimo che non mi sembra vero che stia accadendo a me.
Così lento e così febbrile nel contempo, così cauto e così dolce che non posso fare a meno di pensare che stia facendo l'amore con me. L'amore. Quello che fanno due persone che si...
Amano. Ebbene sì. Probabilmente sono innamorata di lui. Forse lo amo. Forse è proprio così, visto cosa stiamo per condividere.
-Oh Damon...-, la voce mi esce supplichevole e roca.
Lui però non mi presta attenzione, e con una mano arriva all'elastico delle mie mutandine.
Poi si blocca sul colpo, e alza la testa verso di me, udendo il campanello. Chi cazzo è?!
-Oh, non pensare proprio di fermarti... non aspetto nessuno...-
-Non ne ho la minima intenzione...-, risponde, avvicinando la bocca alla mia.
Poi si ferma di nuovo, quando entrambi sentiamo una voce maschile che chiama il mio nome.
Divento rossa di rabbia quando associo la voce al volto dello stronzo cui appartiene.
Damon si irrigidisce, stringe la mascella e il suo sguardo, dapprima languido, lancia saette nella mia direzione.
-Dai, Vic, ho visto la tua auto, so che sei in casa!Devo parlarti.-, Erik non si dà per vinto.
Cerco di avvicinarmi per baciarlo, ma lui si alza in piedi. Il mio viso deve sicuramente tradire la mia rabbia e la mia frustrazione.
-Dove vai?-, domando, mentre Damon si infila la t-shirt.
-Indovina?-, risponde, freddo, ritogliendosi la maglietta.
Oddio, sento puzza di maschio alpha che sta per marcare il territorio.
-Aspettami, mi rivesto e apro io!-, mi offro, per evitare inutili spargimenti di sangue.
In sottofondo il campanello che suona all'impazzata.
Damon, che è già sull'uscio, si volta, e mi rivolge uno sguardo minaccioso.
-Vado io, tu intanto ti vesti. E non sognare di rimettere gli abiti di prima. Mettiti una tuta.-
Ma che cazz...?
-Ma sei impazzito o cosa, Damon?-
-Stammi a sentire, Victoria. Se quello stronzo di dovesse guardare come l'altra volta stavolta mi tocca ammazzarlo.-
Così dicendo, mi lascia confusa e frustrata sul mio letto. Mi alzo di scatto e afferro la canottiera lunga che arriva a metà coscia che avevo indossato ieri come tenuta da studio. La infilo di fretta senza curarmi di infilare le scarpe ed esco. Ho impiegato trenta secondi. Spero di non trovare nessun cadavere.
Fortunatamente, quando arrivo alla porta sia quello scellerato del mio uomo he quell'idiota del mio amico sono tutti interi.
Sbuco da sopra la spalla di Damon e saluto Erik.
-Ehi, che ci fai qui?-, domando disinteressata.
Il volto di Erik pare illuminarsi quando mi vede, e la cosa mi fa rabbia, perché sicuramente Damon se ne sarà accorto.
Lo sento irrigidirsi non appena lui mi rivolge la parola.
-Ehm...niente, Vic. Solo che volevo fare ammenda. So di non essermi comportato bene con te...ehm con voi, ultimamente.-, dice, visibilmente in imbarazzo.
Mi porge una busta di carta, che Damon prontamente afferra.
-È il tuo gelato preferito.-, afferma, accennando ad un sorriso che io ricambio come ringraziamento.
Damon sbircia nella busta e poi si gira verso di me con due punti interrogativi al posto degli occhi. Di bene in meglio.
-Ok...-, continua imperterrito Erik, -Insomma, volevo solo chiederti scusa e dirti che ci tengo a rimanere tuo amico. Ci vediamo all'università.-.
Fa un cenno con il capo e, senza aspettare un nostro saluto, va via.
Damon tira un lungo sospiro stizzito, prima di chiudere la porta, e girarsi verso di me.
-Cosa gli hai detto?-, domando, curiosa di conoscere le prime battute dello spettacolo tragicomico a cui ho appena assistito.
-Ti avevo detto di mettere una tuta, non una specie di maglietta a cui manca un pezzo.-, risponde, gli occhi fissi nei miei e il corpo rigido che tradisce la sua rabbia.
Ma rabbia di che, poi?
Distoglie lo sguardo dal mio per un secondo, per poggiare la busta con il gelato sulla cassapanca.
-Damon, è un vestitino. E poi ti ho chiesto una cosa.-, domando, leggermente infastidita.
Ma che gli è preso? Cinque minuti fa eravamo in paradiso, ed ora ha un diavolo per capello. Mah.
Sempre con il corpo che freme dalla rabbia, mi risponde con un tono di chi sta cercando di trattenersi. Che mi irrita ancora di più.
-Allora, Victoria, voglio essere chiaro. Punto primo, ti si vede il seno.-
Do uno sguardo, notando che effettivamente non mi sono premurata di infilare la biancheria.
-Ma se a stento mi ha visto il viso, ero alle tue spalle!-
-Non m'importa. Punto due, non mi piace. Ti guarda come se ti volesse mangiare, e credo che hai capito che sono un tipo un po''....territoriale.-
Territoriale?! Quest'uomo mi farà impazzire. Certo, che tempismo, Erik!
Damon intanto caccia un pacchetto di Marlboro dalla tasca anteriore dei jeans, e si accende una sigaretta nel bel mezzo dell'ingresso di casa mia.
-Potresti fumare alla finestra per favore?-
Senza battere ciglio, Damon si avvia in cucina e pesca una ceneriera che ho comprato per lui dallo scolapiatti.
Fa un lungo tiro alla sua sigaretta, caccia lentamente il fumo dalla bocca, e poi mi guarda accigliato.
-È gelato al pistacchio.-, dice serio, indicando l'ingresso con il capo.
-E quindi?-
-Quindi perché conosce il tuo gusto preferito? E perché sa dove abiti? Dimmi, questa settimana che sei stata chiusa in casa si è premurato di portarti altro gelato?-
Oh mio Dio. Oh mio Dio aiutami.
Rispondo come se stessi parlando ad un bambino.
-Tesoro siamo compagni di università da qualche anno ormai. Conosce il mio gusto preferito di gelato perché qualche volta lo abbiamo preso insieme. Non è mai stato qui, semmai, qualche volta mi ha dato uno strappo.-
Lo sguardo di Damon si acciglia ancora di più, se possibile.
-Insieme, cosa, Vic? Siete usciti insieme?-
-No! Cazzo! No! Non siamo usciti insieme! Non come intendi tu! Qualche volta dopo le lezioni abbiamo preso un caffè, o un gelato!-
Questa conversazione non ci sta portando da nessuna parte, a parte il manicomio per me.
-Comunque si più sapere che vi siete detti? Hai pisciato fuori la porta di casa mia per fargli capire che è territorio tuo? Penso che il gancio che gli hai assestato la volta scorsa sia bastato.-, dico, sarcastica.
-Non è il caso di fare la spiritosa, Victoria. Voglio che non si avvicini a te.-, mi risponde, spegnendo la cicca.
-E allora perché hai voluto aprirgli la porta? -
-Pensi che avrei fatto l'amore con te in quel modo? Pensi che sarei dovuto entrare dentro di te per la prima volta, mentre uno stronzo figlio di puttana che non vuole altro che toglierti le mutande, buttava giù il campanello?!-
Lo dice cercando di trattenere il tono di voce comunque alto, e tutto d'un fiato, tanto che è diventato rosso in viso.
Mi guarda come se fossi scappata dall'ospedale dei pazzi.
-Rispondi-
-Damon, io...-
-Cosa? Scusa, ma l'ultima volta che ho controllato, fare l'amore con la propria ragazza era ancora la cosa più intima che una coppia possa condividere. E tu sta dicendo che avrei dovuto scoparti come una qualsiasi mentre uno stronzo fuori gridava il tuo nome.-
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, per le sue parole dure. Non è da lui essere così rude, e mi fa male che si stia rivolgendo a me così.
-Mi fai incazzare, Vic. Io voglio trattarti come meglio non si può e tu mi rispondi che bastava non aprire la porta. Adesso mi rivesto e vado via. E per favore, per una volta nella tua vita, cerca di starmi a sentire. Non. Voglio. Che. Lui. Si. Avvicini. A. Te.-
-Damon, ma frequentiamo gli stessi corsi!-
-Non voglio che venga qui. Non voglio che lo incontri quando non ci sono io. Se non ci fossi stato lo avresti invitato ad entrare. E sai che avrebbe fatto? Avrebbe tentato di metterti le mani addosso. Se ci tieni alla mia fedina penale, evita.-
Così dicendo, si volta e sparisce nel corridoio.
Riappare dopo pochi secondi con la maglietta addosso ed il casco in mano, mentre io sono ancora imbambolata nel bel mezzo della cucina.
-Perché vuoi andare via?-, domando, con la voce tremante.
-Perché sono incazzato, Vic. E comunque domani alle sei devo uscire,ho l'aereo presto, e devo farmi la valigia. Ci vediamo.-
Senza degnarmi di un bacio o di una carezza, si avvia alla porta di casa, ed esce chiudendosela alle spalle.
Appena sento il tonfo della porta che si chiude, mi escono automaticamente le lacrime dagli occhi. Mi ritrovo a piangere come una bambina che si è sbucciata un ginocchio nel bel mezzo dell'ingresso di casa mia.
Dio, tutte le coppie litigano, ma perché stiamo litigando così tanto in questi ultimi giorni? E perchè lui non è rimasto a fare la pace con me?
Domani partirà e probabilmente non lo sentirò fino al suo ritorno.
Mi asciugo queste lacrime cattive e pungenti dal viso, e poi, con l'assoluta voglia di non fare niente, mi butto sul letto.
Le lenzuola sono tutte scompigliate, e odorano del suo profumo speciale, naturale. Tanto per beffarsi di me, i miei vestiti giacciono ai piedi del letto, ricordandomi cosa si stava svolgendo in queste quattro mura.
Il pensiero mi fa avvampare automaticamente, e immagino di sentire ancora le sue mani che frugano il mio corpo centimetro per centimetro.
E mi innervosisco, perché adesso lui non è qui con me.
Non mi sta stringendo, nè rassicurando che andrà tutto bene.
No, lui ha voltato le spalle ed è uscito dalla porta di casa mia, lasciandomi sola nel mio letto grande e vuoto.
Alla faccia del "non scappare, risolvi".
La gelosia è un sentimento che riesco a capire, perché io stessa non posso non essere gelosa di Damon.
Sono gelosa perfino delle donne che per strada si voltano a guardarlo, con la mascella cascata per terra, o con quegli occhi ammiccanti che caverei senza scrupoli.
Però non mi incazzo con lui perché è bello da far male, no!
Io razionalizzo la mia rabbia e lascio correre, perché so che sono quelle streghe a dover essere gelose di me, non io di loro. Lui ha scelto me, ed io ho scelto lui.
Che lui creda che potrei mai tradirlo? Che possa ripetersi ciò che gli è accaduto con la sua ex?
Mi fa male, anzi malissimo, pensare che manchi di fiducia nei miei confronti. Ma altrimenti perché parlarmi in quel modo ed andare via senza un bacio, se non perché creda che possa cadere nella rete di Erik?
Sono mesi e mesi che ci prova con me, cazzo Se lo avessi voluto, sarei con lui. Non ha senso tutto questo. Forse si è arrabbiato con me perché gli ho detto di non fermarsi? Di non dare peso all'idiota fuori la porta e continuare a farmi sua?
Ma il desiderio di stare con lui mi stava consumando. E spaventando allo stesso tempo.
Non so dare una spiegazione logica a ciò che è accaduto, probabilmente non ne esiste una, ma sono amareggiata e delusa da questa casa vuota in questo momento.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 08, 2020 ⏰

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