Capitolo 21 - Victoria

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Appena sono in auto, mando un messaggio a Damon.
"Missione compiuta. Sto arrivando. J"
La risposta è istantanea.
"Ok, fammi uno squillo quando sei quasi qui sotto, così ti aspetto giu e ti faccio parcheggiare dentro."
Mi infilo nel traffico dell'ora di punta, e spero di ricordare la strada.
Oggi saremo di nuovo soli, Damon e io. Due adulti maggiorenni e vaccinati in una casa dove non c'è nessuno al di fuori di noi.
Amo quest'uomo, ma il pensiero dell'intimità mi rende ancora nervosa. Ok, basta pensarci. Succederà quando succederà.
Potrebbe essere anche oggi.
Oh, Dio mio!
Basta, basta. Non ci penso più.
Ok, evita di mettere le mutande della nonna, però.
Sono fiera di me per aver trovato la strada, e mi fermo in un market li vicino per comprare un gelato.
Quando esco e arrivo sull'81esima, faccio uno squillo a Damon, come mi ha detto, e posteggio in doppia fila.
Avrò preso circa duemila multe da stamattina. Speriamo proprio di no!
Dopo due minuti vedo Damon uscire dal palazzo. Bello come al solito in denim stracciati e t shirt nera strettissima.
Mentre si avvicina all'auto, mi soffermo sui suoi lineamenti decisi, sugli occhi colore del cielo, e su quella bocca che voglio subito sulla mia.
Stai sorridendo come un'idiota, datti una calmata.
La mia vocina interiore è acida come al solito.
-Buongiorno, piccola.-
Damon si china vicino al finestrino, mi prende il viso tra le mani ed esaudisce il mio desiderio, baciandomi.
Più che esaudire sta alimentandolo.
-Buongiorno a te.-, rispondo con voce stridula persino alle mie orecchio, quando ci stacchiamo.
-Ti apro il cancello, parcheggia dietro la mia macchina. È strettino, ce la fai o vuoi che parcheggi io?-
Damon mi fa l'occhiolino, mentre apre il cancello.
-Ce la faccio, ce la faccio.-, rispondo facendogli una linguaccia.
Appena parcheggio, in solo due manovre, sia chiaro, chiudo il mio Maggiolino e vado verso il mio bellissimo uomo.
-Che brava autista. Sappi che ti sto per ingaggiare a tempo pieno. Odio guidare la macchina.-
-Ah, quindi mi vuoi solo come autista? E poi, scusa, ma come fai a stancarti di quel gioiellino?!-
Damon ride di gusto, e mentre ci incamminiamo nel palazzo, mi poggia un braccio sulle spalle. Mi sento piccola piccola contro di lui.
Immagina come ti sentirai quando sarai sotto di lui.
Trasalisco, e picchio mentalmente la mia vocina interiore.
Ci mettiamo nell'ascensori, e nel silenzio dell'abitacolo, si sente il mio stomaco che brontola. Oh, Dio, fammi scomparire. Arrossisco, mentre Damon, ride divertito.
-Il bue ha fame? -, dice, con le lacrime agli occhi.
-Si, e ti conviene nutrirmi subito, altrimenti ti prendo a cornate.-
-Oh, lungi da me! È tutto pronto, giuro.-
Infatti, appena entriamo in casa, sono investita dal profumo di cibo, ed il mio stomaco si rimette ad urlare a gran voce.
-Vieni in cucina, tesoro. Ho già apparecchiato, dobbiamo solo mettere la palla al centro.-
Damon mi fa strada poggiandomi la mano alla base della schiena. Quel riferimento al football, mi ricorda che lui una volta giocava.
Mi appunto mentalmente di chiedergli perché ha smesso.
Damon, da galantuomo, mi prende la borsa, lo shopper con il gelato,e sposta la sedia per farmi accomodare.
Lo vedo smanettare con i piatti, e poi mi serve una generosa porzione di spaghetti al pomodoro.
-Mmm...che profumino! Niente hamburger o insalate?-
-No, mangio spesso la pasta. Poi ieri notte l'abbiamo mangiata, quindi ho pensato che la gradissi. Mia madre è di origine italiana e lì in si mangia quasi sempre la pasta.-
-Oh, wow! Io adoro la pasta, hai fatto bene. Quindi sei stato in Italia?-
-Si, molto spesso, fino a che mia nonna materna non è finita, quattro anni fa.-
Il suo viso si intristisce per un attimo, e capisco che doveva essere molto legato alla nonna.
-Ah, capisco, mi dispiace. Io non ci sono mai stata, in Italia. Mi piacerebbe visitare Roma, Napoli o Milano.-
-Mia madre è di Napoli, è una bellissima città. La gente è calorosissima. Mi piacerebbe portartici, se ti va.-
Piacerebbe anche a me, molto. Il pranzo è favoloso, lui ancora di più.
Finiamo la pasta, e Damon mi porge un altro piatto.
-Cotoletta alla milanese e patatine.-
-Oh, grazie. Mi stai prendendo per la gola.-
-È proprio la mia intenzione.-
-Perché hai smesso di giocare?-, sputo lì in due parole.
Damon posa la forchetta, e mi guarda finendo di masticare.
Che abbia toccato un nervo scoperto?
-Il football, dici?-
Annuisco.
-Oh, beh, io non potevo continuare. Avrebbe significato dover spesso essere fuori città, e per la vita che conseguivo all'epoca, avevo bisogno di un lavoro stabile. Qui, a New York.-
Non so perché, ma immagino che il motivo per cui ha smesso sia la sua ragazza.
-Stavi già con Marianne?-
Damon mi guarda seccato, ma mi risponde comunque.
-Si, l'ho conosciuta il secondo anno di università. Siamo stati insieme per sei anni. Quindi si, se è questo che ti stai domandando, lei rientrava nelle mie motivazioni.-
Il tono di Damon mi irrita, non gli ho chiesto chissà cosa. Comunque faccio due calcoli, e anche se la matematica non fa per me, capisco che si sono lasciati da pochissimo.
-Quindi siete stati insieme fino all'anno scorso?-
-Si, ci siamo lasciati ad giugno scorso. Adesso basta, non ci pensare. Non mi va di parlarne.-
Vorrei chiedergli il perché, ma vengo interrotta dal campanello.
-Scusami.-
Damon si alza e va ad aprire.
Sento la voce di una donna, insieme alla sua che si avvicina.
Dalla porta della cucina entra Damon, con la donna della fotografia. Sua madre. Cazzo!
-Ecco, come ti dicevo ho un'ospite. Mamma, lei è Victoria Sanders, Vic, lei ...-
-Cristina Butler. Molto piacere.-
Mi alzo e stringo la mano che mi porge quella donna, accompagnata da uno guardo stupefatto.
-Piacere mio.-, riesco a dire con voce ferma.
A pelle, non mi piace quella donna, e poi mi guarda male.
-Se non ti dispiace, vorrei scambiare due parole con mio figlio.-, mi dice acidamente.
-Prego-.
La signora Butler tira via Damon verso l'ingresso. Purtroppo per lei e la sua lingua biforcuta, riesco a sentire quasi tutto.
-Damon, non sai quanto mi stai deludendo. Adesso te la fai con le studentesse? Quanti anni ha? Venti?-
-Mamma, non sono affari tuoi! Sei molto maleducata a parlarmi qui, con Vic di là.-
Il tono di Damon è freddo e seccato più o meno come quando prima mi ha raccontato di Marianne. La madre già mi ha fatto girare i coglioni.
-Ma, Damon, sii ragionevole. Mary mi chiama spesso, mi implora di convincerti a parlare con lei. Ascolta quello che ha da dirti, smettila di fare l'orgoglioso, lei è perfetta per te.-
Il tono è carezzevole, come se stesse parlando ad un bambino. La odio. È confermato. Questa strega gli sta dicendo di tornare con la sua ex, mentre io sono qui?
E per "qui", intendo nella vita di Damon, nella sua casa!
Mi sanguinano le orecchie.
-Mamma, dille pure da parte mia di andare a quel paese, e di smettere di darmi fastidio. E già che ci sei, smettila anche tu. Di là c'è una persona molto importante per me, e mi stai facendo fare la figura dello stronzo.-
-Pensaci Damon, Marianne è giusta per te. Cosa puoi trovarci, poi, in una ragazzina?-
-Ciao, mamma.-
Sento la porta che si chiude, ed i passi di Damon che torna da me.
Mi si avvicina in silenzio, e mi tira a sé per un braccio. Io però non posso fare a meno di essere seccata.
-Scusami.-
-Wow, tifa per me, tua madre.-
Damon si congela all'istante.
-Mi dispiace che tu abbia dovuto ascoltarla, non prestarle attenzione. A me non interessa ne lei, ne soprattutto Marianne.-
Le sue parole mi calmano un po'', ma l'odio verso sua madre è una cosa che mi è entrata dentro già dal primo minuto in cui l'ho conosciuta.
E non mi dispiace.
Mi allungo verso di lui, e lo bacio piano.
-Che è successo, voglio dire, perché vi siete lasciati?-
-Perché mi ha tradito. Molte volte.-
La sua risposta è fulminea e laconica.
Come si fa a poter tradire quest'uomo? È infinitamente bello e gentile. Mah.
Ma adesso non importa, ci sono io. Io. E non ho intenzione di lasciarmelo scappare, né tantomeno cederlo a quello stronza.
-Vorrei dirti che mi dispiace, ma non è così. Mi dispiace solo se ne hai sofferto, ma dal canto mio, adesso non potrei fare questo se tu stessi con lei.-
Audacemente, schiaccio il mio corpo contro il suo, allacciando le gambe alla sua vita, gli carezzo le braccia, la schiena, il viso con le mani, mentre mi perdo nel sapore della sua bocca.
Ci baciamo sensualmente ed a lungo, fino a che non ci stacchiamo entrambi e prendiamo fiato.
-Beh, neanche a me dispiace, dato che ho trovato te.-
Lui, felino e sensuale come sempre, mi mette giu, mi spinge verso la credenza moderna nella sua cucina, e mi bacia. Mi pizzica le labbra con i denti, poi le lenisce con la lingua, mentre le sue mani mi sondano. Sono dappertutto, sulle mie cosce sotto la gonna, sul viso, nella scollatura del mio abito. E anche se stavolta è un po'' più intimo e anche più rude del solito, non mi da fastidio, anzi adoro le sue mani su di me.
Poi all'improvviso, mentre sento che sto per andare in fiamme, si stacca bruscamente da me.
Sento subito la mancanza del calore del suo corpo sul mio, mentre ci guardiamo fissi negli occhi.
-Non posso controllarmi, scusami.-
-Non ti scusare. Adoro quando mi tocchi, mi fai sentire bella.-
-Lo sei, piccola. Tanto. -
Damon sospira, poi mi prende per mano, e mi trascina fuori dalla porta, prendendo che chiavi della moto e la mia borsa e due caschi strada facendo.
-Ehi! Dove andiamo? Non laviamo i piatti?-
-No, che c'importa. Voglio andare a prendere un frappè, in quel posto dove ti portai la prima volta.-
Mentre ci infiliamo nell'ascensore, penso che magari non riesca a stare chiuso in casa con me senza saltarmi addosso.
Il pensiero mi fa ridere.
-Ridi di me?-
-Si.-
-Perché?-, domanda con un sopracciglio sollevato.
-Perché non puoi tenere giù le mani! Perciò sei voluto uscire di corsa!-, lo schernisco, e dalla sua faccia capisco che è proprio così.
-Oh, beh, signorina, faresti bene a non sfottere. Perché altrimenti devo trovare un modo per farti smettere di ridere.-
-Come pensi di fare, Butler? Io sono un tipo molto allegro, lo sai.-, continuo a punzecchiarlo, sempre con un ghigno stampato in faccia.
Intanto usciamo dall'ascensore, Damon mi attira a sé di nuovo.
-Lo capirai, tesoro. In pratica ha a che fare con te che gemi il mio nome mentre siamo nel mio letto. Scommetto che non ti verrebbe da ridere.-, dice, con espressione serissima e una voce roca che mi fa venire la pelle d'oca.
-Vedi? Già non ridi più!-, e stavolta è lui a ridere.

Dopo un quarto d'ora siamo seduto agli stessi tavolini bianchi della prima volta, aspettando che la cameriera ci serva i frullati.
-Ti ho offesa, prima?-
Non riesco a capire cosa intende, perciò chiedo:-Quando, Damon?-
-Quando ho detto quella cosa fuori dall'ascensore.-
-Oh no, no. Damon, non trattarmi come se fossi di vetro. Mi piace sentirmi desiderata da te e mi piace il tuo...impeto. Non voglio che pensi che non sia attratta da te.-
Prendo un profondo respiro. Come far capire ad un uomo per cui tutte le donne si strapperebbero le mutande dopo un drink, che lo desidero senza...farlo?
-Damon, ti voglio. Solo...dammi un altro po' di tempo. Non ce la faccio.-
-Non volevo che dicessi questo, io... Per me non è un problema. Davvero.-
Damon è sincero, mentre lo dice, e intreccia le dita alle mie sul tavolino.
La cameriera, un po troppo briosa per i miei gusti, si avvicina con il vassoio in mano.


Il pomeriggio è volato, alle sette di sera, sulla moto fa un po' freschetto con l'abitino che ho messo su quella mattina.
Arriviamo al palazzo di Damon, ed entriamo attraverso il cancelletto ai posti riservati.
Scendo dalla Kawasaki, e mi liscio i capelli con le dita, appena tolgo il casco.
Damon mette la moto sul cavalletto, e si passa anche lui la mano tra i capelli corvini.
-Hai la pelle d'oca. Freddo in moto?-
-Un po'.-
-Allora non posso persuaderti a restare?-
-No, meglio di no. Voglio ripassare. Sai quel professore strafigo di cui ti ho parlato?-
Damon annuisce sorridendo.
-Anche se alla fine dovremo fare tutti un vero esame con i nostri docenti, Lunedì ha fissato un test per valutare la preparazione. Non vorrei fare brutta figura, potrebbe non volere uscire più con me.-
Occhi Blu mi attira contro il suo petto, dove poggio la guancia, e strofina le mani lungo le mie braccia per riscaldarmi.
-Oh, beh, se la metti così. Lo studio e lo strafigo innanzi tutto.-
Mi bacia leggermente le labbra e mi saluta.
-Guida piano, bellezza.-


Quando rincaso, trovo Mel che cucina.
Buon segno, Mel adora cucinare, quando ne ha voglia.
-Buonasera! Che cucini?-
-Parmiggiana di pollo.-
Le passo accanto, mentre poso la borsa, e le do un bacio sulla guancia.
-Allora com'è andato il tuo appuntamento?-
-Dovrei massacrarti per aver tramato alle mie spalle, ma non lo farò. Ho apprezzato la sorpresa.-, dice sorridendo a trentadue denti.
-Allora, come bacia il sudamericano?-
-Non lo so, Vic.-
-Ma come!? Non vi siete baciati''-
-No.-
Oddio, mi fa cadere le braccia.
-Mi verrà la cirrosi epatica prima che succeda.-
Mel ride di gusto, con le fettine di pollo in mano, e risponde piccata:
-A me verrà prima che tu ti faccia portare a letto dal professore!-
Che stronza!
-Sei un'idiota. Ma non ti capisco. Ti piace o no Gary?-
Mel ci pensa un po', sento il suo cervello girare fuori giri quasi.
-Si, Vic. Mi piace. E a te piace Damon, ma non ci vai ancora a letto. Quindi?-
-Quindi cosa?-
-Succederà mai?-, mi domanda , stavolta comprensiva.
-Credo che bacerai prima tu Gary. Oggi, però, ho conosciuto sua madre.-
Mel sorride, poi vede la mia espressione e si preoccupa.
-Beh? Cos'è quella faccia? È una stronza?-
-Di più.-
Dopo aver spiegato l'accaduto a Melissa, ci mettiamo a tavola e mangiamo tutta la parmigiana

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