Capitolo 32

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È da più di un'ora che siamo partiti. Man mano che avanziamo, il colore verde e raggiante degli alberi si spegne. Un attimo fa le foglie erano grigie e secche, ora non ne vedo più nemmeno una. Gli alberi sembrano morti, di un grigio cenere. Alcuni sono sradicati e altri ripiegati su se stessi, come se si contorcessero gli uni sugli altri.

Mi sono sempre chiesta come debba essere l'inferno.

Molti dicono che all'inizio è freddo; un freddo paralizzante che non ti fa muovere e che ti uccide. E man mano che scendi diventa sempre più caldo; un caldo soffocante che manda il tuo corpo in fiamme e lo brucia fino a ridurti in cenere.

Anche il paradiso è freddo: non un freddo agghiacciante, ma un freddo leggero e tenue; man mano che si sale invece diventa caldo; un caldo che ti accoglie e che ti riscalda, che è puro quanto il fuoco celeste.

Noah mi guarda e mi appoggia la mano sulla coscia. Quel lieve tocco mi fa sussultare e distolgo lo sguardo dal paesaggio lugubre.

I miei occhi incontrano i suoi e cerco di sorridere, ma ne viene fuori una smorfia fin troppo forzata.

-sei gelida-

Appoggio la mano sulla sua, facendo piccoli cerchi col pollice.

-hai freddo?-

-un po'- mi limito a dire. In realtà non ho solo freddo...ho...paura. Non so di che cosa. Ho un brutto presentimento e non riesco a stare calma.

-tra qualche ora saremo arrivati-

Annuisco e appoggio la testa al sedile.

-so che è difficile per te, perché è contro la tua natura, ma devi cercare di stare calma. Più ci avviciniamo, più i tuoi istinti da angelo si faranno sentire: non è un luogo in cui dovresti andare, quindi è normale che tu sia irrequieta..- continua, restando concentrato sulla strada.

Come fa a sapere sempre come mi sento?

-io non sono irrequieta..sono calmissima-

Lui soffoca una risata e mi sorride

-Evelyn, dimentichi che posso sapere sempre quando hai paura-

Ma certo, i battiti del cuore. Me ne dimentico sempre.

-ovviamente non lo capisco solo per quello- dice come leggendomi nel pensiero

-mi basta guardarti- distoglie lo sguardo dalla strada e mi sorride stringendo la mia mano

Ricambio il sorriso, questa volta più tranquilla

-alla fine ho deciso che non entreremo all'Inferno. Sarebbe troppo pericoloso. Ci ospita un mio amico, gli ho raccontato di noi e mi fido. Ci aiuterà, resteremo da lui per un po', cercando di sviare le nostre tracce, se Mark dovesse cercarci..-

-va bene- dico sorridendogli

Il silenzio che segue mi ricorda da quanto tempo non sento mia madre. Starà bene? In questo periodo non mi sono fatta neppure sentire, ma lei è sempre stata cosi dolce e comprensiva. Quando andavo a trovare mio padre, nonostante passassero molti giorni, lei non mi faceva mai pressioni, mi ha sempre capita. Mi dispiace solo di non averle raccontato la verità. Lei si è sempre fidata di me.

Mi sarebbe piaciuto presentargli Noah. Sono sicura che avrebbe ignorato la sua vera natura e si sarebbe fidata, come ha sempre fatto per rendermi felice.

Mi manca. Mi mancano i suoi abbracci e i momenti in cui mi ha sempre consolato anche quando non avrebbe potuto farlo. Mi manca la sua voce e mi mancano i suoi sorrisi.

Mi riscuoto dai miei pensieri e sbatto ripetutamente le ciglia per respingere le lacrime. Detesto piangere davanti agli altri. Ma qui c'è Noah e so che non mi giudicherebbe. Ma non riesco a farne a meno. In questo momento, non voglio piangere nemmeno davanti a lui.

Lo guardo. È intento a guardare la strada e lo specchietto retrovisore; evidentemente, si assicura che nessuno ci segua.

I capelli neri sono leggermente arruffati sulla fronte e i suoi occhi azzurri sembrano due gocce d'acqua, cosi limpide ma allo stesso tempo cosi profonde che potresti specchiarti al loro interno, ma anche sprofondarci.

Allungo la mano e gli sposto un ciuffo ribelle di lato; lui si volta e mi sorride.

-se vuoi dormire un po', ti sveglio quando siamo arrivati-

In effetti mi farebbe bene una bella dormita, anche solo per far passare il tempo

-okay-

Stacca una mano dal volante e mi abbassa il sedile.

-credo anche di avere..- dice mentre rovista con una mano tra le cose che ha caricato sui sedili posteriori

Mi sdraio su un fianco e mi raggomitolo su me stessa, ho veramente freddo.

Non appena chiudo gli occhi, qualcosa di setoso mi copre; li riapro e vedo Noah intendo a sistemare la coperta che ha preso.

Gli sorrido e finisco di sistemarla, avvolgendola intorno al corpo.

-grazie- sussurro prima di addormentarmi

Cammino su un marciapiede. Soffia un vento leggero che mi scosta i capelli. È primavera.

Arrivo a casa e mia mamma mi accoglie con un abbraccio. Ci sorridiamo a vicenda e inizia a mostrarmi la casa. Perché lo fa? Io abito qui, so come è fatta. Continua a camminare e io la seguo confusa. Quando cerco di sfiorarle la spalla, la mia mano fa un tuffo tra la sua ombra. Riprovo e questa volta le oltrepasso completamente la schiena con una mano, come se fosse un'immagine proiettata. Lei nel frattempo si allontana. Sempre di più da me.

Cerco di allungare il passo, ma non le sto dietro. Comincio a correre ma lei è alla fine del tunnel. Non siamo più nemmeno nel corridoio di casa. Il tunnel è buio e corro per non farmi risucchiare dall'oscurità alla mie spalle.

-mamma!- grido e lei si volta.

Mi sorride da lontano e mi tende una mano. Corro più veloce ma non riesco a raggiungerla. Il tunnel si allunga e la luce alle spalle di mia madre diventa sempre più lontana.

-Mamma!- continuo a correre

-aspetta!- non mi fermo, vado avanti

-non lasciarmi!- ignoro la fitta al fianco e continuo a correre

-mamma..- le grida diventano sussurri e mi accorgo di non avere più voce.

Non vedo più nemmeno la luce e continuo a correre, non so nemmeno dove.

Non sento piu nemmeno il terreno sotto i piedi. Dove sei mamma? Dove sono?

Cado e mi preparo all'impatto con il suolo. Ma non arriva. Sto ancora cadendo. Cado e sprofondo negli abissi delle tenebre, risucchiata dal loro vortice mortale.



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