Capitolo 12 : Angoscia

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Quella mattina Jade se ne stava alla fermata dell'autobus, i suoi occhi marroni fissavano il vuoto, mentre la sua mente era in tempesta.
Aveva cercato a lungo un collegamento con le vittime che potesse in qualche modo legarsi a lei, ma non aveva trovato nulla. Sapeva cosa avevano in comune tra di loro, ma non il perchè lei potesse vederli anche da morti, come se avessero una sorta di connessione.
La notte passata l'aveva confusa ancora di più, poichè aveva sognato ancora, questa volta una donna dai lunghi capelli chiari. C'era lei, seduta su una grande sedia bianca, gli occhi scuri e delicati che spiccavano sul suo volto stanco e affranto, come se la tristezza avesse impresso il suo tocco cupo sul viso della donna. Jade ricordava come quello sguardo la fissasse, vacuo e perso, poi quella che poteva sembrare all'inizio un angelo triste aveva assunto le forme di un essere disumano. Quella che prima era una donna aveva iniziato ad urlare, la bocca spalancata dal grido, così forte da deformargli il volto ma soprattutto la mascella, che cadde staccandosi dal corpo, naturalmente, come se si stesse decomponendo. L'essere cominciò a contorcersi, il petto iniziò a lacerarsi come colpito da pugnali invisibili, e un rosso bruno circondò in poco tempo la sua figura in una pozza di quello che pareva sangue. 
L'urlo era forte e continuato, Jade ancora poteva sentirlo riecheggiare nella sua mente, ma ciò che la sconvolgeva maggiormente era ripensare all'immagine di lei che perdeva ogni fattezza d'umana.
Continuò a fissare il vuoto mentre cercava di scrollare via quel brutto sogno, anche se più di tutto ciò che la turbava era altro. Ho sognato di nuovo una donna morta?
Aveva bisogno di capire il perchè di quelle visioni e sogni strani, aveva bisogno di risposte che in quel momento non sapeva nemmeno dove cercare. Entrò nella classe vuota della sua scuola e riprese il foglio su cui aveva appuntato i nomi delle persone defunte, con cui aveva avuto un contatto, scrivendo tutto quello che sapeva di loro.
Josephin Nuive. Femmina. 30 anni. Omicidio. Data morte 10/11/2014. Uccisa dal fratello.
Georgie Conner. Maschio. 5 anni. Omicidio. Data morte 30/11/2014. Accoltellato dalla madre...
Si fermò subito. Sentiva la sua razionalità gridare aiuto nella sua mente. La logica era tutto ciò che aveva, e di logico in quella questione non c'era assolutamente nulla.
Poggiò la testa sul banco, sospirando, stanca e terribilmente confusa.
La ragione le diceva che non si potevano vedere i defunti, nè parlare con loro... allora come spiegare quello che le stava accadendo? Una parte di lei credeva a quelle visioni, voleva davvero scoprire il perchè e magari risolvere il problema, ma un'altra parte rinnegava quello che le era accaduto, non ci credeva, non lo accettava. L'incertezza era così tanta che ancora non aveva deciso quale parte ascoltare.
Era così immersa nei suoi pensieri che percepì a stento il rumore di passi, prima più vicini e poi più lontani. Alzò lentamente la testa dal banco e vide accanto a lei un sacchetto bianco di Gawelly Baker, la cornetteria accanto alla scuola, dove Jade non era mai entrata. Spostò lo sguardo verso l'unica altra persona presente in classe e vide Elliot mentre posava lo zaino sul banco.
Gli occhi stanchi del ragazzo la fissarono, aveva l'aria distrutta anche lui. C'era da chiedersi chi avesse la faccia peggiore quella mattina tra i due, e c'era da rispondersi che ci sarebbe stato un pareggio.
-È-è per me?
Balbettò Jade, non poco sorpresa, indicando il sacchetto.
-Se ti va.
Anche il suo tono di voce era più basso del solito.
-L'avevo comprato poco fa per me in realtà, ma non ho fame.
Jade non mangiava dal pomeriggio del giorno prima, non era riuscita a toccare cibo, sapeva anche che se non avesse mangiato qualcosa sarebbe svenuta di lì a poco. Aprì timidamente il sacchetto dove ad aspettarla c'era un cornetto caldo ricoperto di zucchero a velo.
-Ehm...grazie.
Disse poi. Non era abituata a cose di questo tipo, come i regali, ma apprezzò molto quel gesto.
Elliot rispose con un semplice cenno del capo. Notò che il ragazzo gentile e vulnerabile che aveva abbracciato il giorno prima aveva ripreso la sua maschera di indifferenza, anche se quel giorno sembrava troppo stanco per indossarla a lungo.
Addentò il cornetto e sentì il sapore dolce della sfoglia e del cioccolato esploderle in bocca. Un cornetto così buono lo aveva mangiato solo a 10 anni, quando Jessie glieli comprava sempre. Jessie, la sua dolce tata. "Ed ecco il cornettino al cioccolato per la principessina" le diceva con un sorrisone enorme sul suo volto radioso, solcato da qualche ruga. Jessie. La donna che le faceva tanta compagnia quando i suoi erano assenti, che per lei era come una seconda madre. Jessie, la stessa donna che era stata uccisa davanti ai suoi occhi, quando dei ladri erano entrati in casa, lei che era morta per proteggerla.
Jade diede un altro morso al cornetto, scacciando quei pensieri a cui non voleva tornare. Facevano ancora troppo male per ricordarli senza troppo dolore.
Il rumore che fece, sembrava aver svegliato Elliot dai suoi pensieri che ora si era voltato a guardarla.
-Nottataccia, eh?
Jade abbassò lo sguardo.
-Già. Anche per te, vedo.
A quelle parole gli occhi di Elliot sembrarono sprofondare nel vuoto per un attimo, poi annuì.
Jade fissò quelle iridi color nocciola, così scure da sembrare nere, che rendevano quegli occhi così intensi e cupi sul viso scarno di lui. Ora non le sembrava più arrabbiato, ora le sembrava molto triste.
Per un po' ci fu solo il rumore di Jade che sgranocchiava il cornetto, poi Elliot accennò un sorriso e lei lo fissò con aria interrogativa.
-Da quanto tempo non mangiavi?
Chiese scherzoso. Jade sembrò quasi accennare un sorriso, ma fu un attimo, poi parve perdersi nei suoi pensieri.
-...erano anni che non mangiavo un cornetto così buono.
Sussurrò nostalgica. Elliot la guardò con gli occhi un po' spalancati.
-Davvero?
Jade annuì lentamente senza dire altro. Poi la campanella suonò e un'altra giornata scolastica era iniziata.

-Allora, le vacanze cominceranno il 22 dicembre quindi questa è l'ultima settimana di scuola e quindi....
Stava dicendo il professore mentre tra gli alunni crescevano le esclamazioni di gioia. Elliot invece fissava, com'è solito fare, il suo banco, con sguardo spento e Jade guardava la finestra.
Natale. Chissà se sua madre e suo padre sarebbero stati a casa almeno quel giorno. Sospirò mentre un'altra giornata di scuola volgeva al termine. Questa volta voleva tornare prima a casa, riposarsi e studiare cercando di coprire le voci della sua coscienza che sentiva in testa. Si fermò, come faceva sempre, ad aspettare che tutti uscissero e lo stesso faceva ormai Elliot. Jade si avviò lentamente verso la porta.
-Ciao..
Sussurrò ad Elliot. Il ragazzo alzò lo sguardo e le rivolse un sorriso dolce che la prese un po' alla sprovvista. Un sorriso dolce ma stanco, aveva notato Jade, camminando verso la fermata dell'autobus. Si sedettè ad aspettare, guardò lo schermo del telefono e vide che erano le 14:40. Un solo nome la convinse a restare alla fermata per un'altra ora. Giselle. Decise che avrebbe aspettato il bus delle 16, così, tornò verso la scuola, per non aspettare lì al freddo. Stava per entrare quando vide uscire dalla porta d'ingresso Jordan e i suoi amici. Si nascose in fretta e notò che Jordan stava zoppicando, poi borbottò qualcosa soddisfatto ai suoi giocattolini e quelli ridacchiarono. Quando si furono allontanati si avvicinò all'entrata, ma si accorse di non essere sola poichè vide qualcuno venire verso di lei, o meglio trascinarsi.
-Elliot...
Jade cominciava ad intuire le risatine degli idioti che aveva visto poco prima e provò una voglia enorme di corrergli dietro e riempirli di insulti.
Anche se ormai gonfio e livido riconobbe il volto del ragazzo dai capelli castani chiari, che alzò lo sguardo su di lei.
-Come mai sei tornata?
Biascicò Elliot.
Jade rimase seria e ignorò la domanda.
-Jordan...
Elliot continuò a trascinarsi verso la porta, fino all'uscita.
-Lui e i suoi giocattolini si sono divertiti a darmi un po' di pugni...
Disse e poi dovette fermarsi per sputare del sangue che aveva in bocca.
-Ma mi sono divertito anche io.
Il ragazzo fece un sorriso amaro. Sulle sue labbra sporgenti scintilló il colore rosso del sangue. Jade lo fissò, immobile e inespressiva, mentre dentro sè ribolliva di rabbia per quello che gli avevano fatto. Ricordò di aver anche visto Jordan zoppicare, segno che Elliot aveva reagito.
Lo vide dirigersi verso la sua moto e prendere il casco mentre a stento si reggeva in piedi.
-Davvero hai intenzione di salire su quella moto in queste condizioni?
Gli disse Jade avvicinandosi. Elliot intanto si era disteso sulla moto a pancia in giù cercando di usarla come appoggio.
-Certo.
Rispose. Jade gli lanciò un'occhiataccia. È un idiota. Pensò e questo pensiero glielo si poteva leggere in faccia.
-Non posso lasciare qui la moto!
Urlò ancora. Ma Jade già non lo sentiva più, era quasi alla fermata.
Elliot sbuffò e ma poi si decise a seguirla.

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