Capitolo 32 : Confidenza

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A Jade non piaceva la caffetteria Johnson, era un luogo sempre molto affollato e quella costante sensazione di disagio che le provocava la folla la spingeva ad evitarlo. Delle volte le capitava di passarci davanti, osservare di sfuggita i suoi coetanei popolare il locale, la spensieratezza e la naturalezza dei loro gesti accompagnata dalla leggerezza dei loro discorsi, le espressioni serene di volti senza rughe e senza preoccupazioni, un mondo estraneo all'apparenza paradisiaco per lei, che si era esclusa da quel luogo prima ancora di darsi l'opportunità di tentare di conoscerlo.
La caffetteria Johnson era quella nuova e spaventosa parte di universo inesplorato, era la società a cui appartenevano i suoi simili e in cui non riusciva ad identificarsi, era l'ignoto, esterno alla sua zona di confort, quel piccolo castello di abitudini, opinioni e paure in cui si era rintanata, costruito sulle solide basi di un passato traumatico. A volte era più facile restare in una situazione spiacevole ma conosciuta, piuttosto che intraprendere un cambiamento positivo ma ignoto, eppure il nuovo era lì, ad un passo dalla monotonia, vicino eppure così complicato da raggiungere se non si era pronti a rischiare, e Jade non aveva mai sentito la motivazione necessaria per farlo. Scegliere di restare fuori dalla società non era sbagliato dato che non era mai esistito un modo giusto o scorretto per vivere la propria vita, ma solo quello che poteva rendere più felici. Nei momenti particolarmente tristi le piaceva fantasticare sul futuro, l'unico pensiero che riusciva a darle una certa speranza, sapeva che un giorno avrebbe trovato il suo scopo, avrebbe scelto il suo percorso e sarebbe stata fiera di se stessa, al mattino si sarebbe svegliata con l'idea che, per quanto tutti i cammini richiedessero costanza e difficoltà da superare, niente sarebbe andato poi così male perchè quello era il percorso che aveva scelto per sè, e per quanto lungo o difficile, lo avrebbe portato avanti e sarebbe stata felice. La speranza era quella dolce illusione che si concedeva nei momenti più difficili, era la sua debolezza segreta che aveva nascosto così bene dentro di sè da non riuscire talvolta lei stessa a scovarla.
Finora Jade, aveva trovato un suo modo sicuro per sopravvivere ad un mondo che ancora non comprendeva molto, ma sentire la vita, rendere piacevole l'esistenza, a queste cose non si era preoccupata di badare poichè per ora le era sempre bastato non morire o meglio, non soffrire.
A Jade non piaceva la caffetteria, eppure era proprio lì davanti in quel momento, a sentire i vocii e la lieve musica di sottofondo con Elliot accanto che fissò prima il locale affollato, poi lei con uno sguardo incerto.
-Vogliamo entrare?
Le chiese e la ragazza, come risvegliata da un sogno, annuì istintivamente. Non le accadeva spesso di essere impulsiva eppure forse era così che potevano avvenire i cambiamenti, un po' per caso, un po' per istinto, perchè il coraggio ha più bisogno dell'azione che del pensiero e volte non era così male prendere la vita con più leggerezza.
Quel mondo nuovo aveva l'odore carezzevole di cornetti appena sfornati accompagnato da un piacevole profumo di caffè, mentre nell'aria volteggiavano discorsi di ogni genere provenienti dai tavoli affollati tra cui si fecero spazio i due ragazzi per raggiungere il bancone. Jade pensò che infondo quella caffetteria non era così male come credeva, ma non lesse la sua stesse espressione tranquilla sul volto di Elliot. Fissò il ragazzo che se ne stava con gli occhi bassi sul bancone, lo sguardo distante e agitato che non riuscì a spiegarsi finchè non le arrivò una voce sussurrata da qualcuno nella folla.
-Come mai è qui? Pensavo non si facesse più vedere in giro dopo quello che è successo...
Poi un'altra.
-...ehi, ma quello non è il ragazzo che ha perso i genitori?
-Poverino...
-Salve, cosa vi porto?
La voce del barista sovrastrò quei vocii per un attimo, permettendogli di ordinare due caffè lunghi e due ciambelle.
-Ho sentito dire in giro che è instabile...
-Ma hai saputo che ha aggreddito Jordan?
I discorsi indiscreti tornarono a farsi sentire, sottili e taglienti, mentre i due aspettavano la loro ordinazione. Il misterioso mondo sociale che Jade non conosceva ora non le piaceva più così tanto, ma forse, si disse, la società era anche questa, un luogo accogliente e piacevole di impatto, ma dove non puoi restare troppo a lungo, non perchè la gente fosse cattiva, come le aveva detto una volta Elliot, ma a volte alcuni sapevano essere davvero crudeli.
Osservò il ragazzo immobile accanto a lei, dallo sguardo prima agitato poi nervoso, la mascella che si serrava stretta come le mani che gli scendevano a pugno lungo i fianchi. Doveva ignorarli, il giudizio inconsapevole degli altri non influenzava ciò che era davvero, ma Elliot non sembrava riuscirci.
-Si l'ha mandato all'ospedale.
Altre voci.
-...deve essere violento. Infondo lo è anche suo padre.
-Che strana famiglia...
Jade ricordò dello sguardo furente di lui dopo le parole aggressive di Jordan, lo stesso che nuovamente vedeva ora negli occhi di Elliot, agitati, arrabbiati, ma soprattutto impulsivi. Sapeva bene cosa significava quello sguardo, la rabbia che delle parole sgradite erano capaci di scatenare in quel ragazzo, avrebbe dato loro quello che volevano, un giovane violento e instabile che aggredisce senza un motivo degli innocenti, la disperazione fa spettacolo ma Elliot era troppo triste e agitato per accorgersene, lei invece no e in poco tempo mise in atto un altro gesto impulsivo, il primo che le passò di mente.
Prese la mano di lui con decisione, senza pensarci troppo, lo sentì tremare e nel suo volto lesse rabbia e poca lucidità. Quando le loro mani si toccarono Elliot sembrò disorientato, non si guardarono, lui racchiuse solo più accuratamente la piccola mano di Jade nella sua, con gentilezza e una velata decisione, aggrappandosi a lei come ad un'ancora. La ragazza rabbrividì a quel gesto, un po' imbarazzata da quel contatto umano a cui non era abituata, ma si tranquillizzò in fretta perchè con la coda dell'occhio potè vedere Elliot sorridere leggermente, forse consapevole del volto arrossito di lei.
Ok, gli sto solo tenendo la mano, ma è comunque un po' imbarazzante... almeno adesso sembra meno agitato...
Pensò tra sè e sè.
Di lì a poco arrivò il barista con le loro ordinazioni, così una volta pagato il prezzo poterono uscire da quel locale diventato poco gradito.

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