Capitolo 20 : Dubbio

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Giselle aveva lasciato il piccolo paesino di Perbroke, in cui era nata e cresciuta, all'età di 19 anni con tutta la sua famiglia, a causa del traferimento per lavoro di suo padre, in Inghilterra. Lasciava la sua vecchia casa con la sua vecchia vita, ma più di tutto lasciava quella che era stata una delle sue più care amiche, sua cugina Jade. La nostalgia dell'infanzia l'assaliva ogni volta che ripensava a lei, il legame che avevano da bambine era stato molto forte, poi crescendo Giselle sentiva di essere cambiata così com'era successo a Jade, solo che erano cambiate in modo diverso e le nuove differenze rendevano difficile ricucire quel legame che si era spezzato da tempo.
La prima volta che l'aveva sentita distante era stato dopo l'avvenimento della morte di Jessie, la donna che si occupava di Jade, omicidio che l'aveva lasciata sconvolta. Giselle ricordava quando avevano saputo dell'accaduto ma soprattutto le era rimasto ben impresso il volto della cugina di appena 10 anni, sconvolta e spaventata. Aveva iniziato a soffrire di attacchi di panico per via dello shock, ma nonostante i brutti momenti Giselle era riuscita ancora ad esserle vicina, come un sorella maggiore. Gli occhi castani di lei erano sempre stati diversi dai suoi di un verde intenso, tuttavia a distinguerli non c'era più solo il colore ma anche le esperienze vissute. Il mondo sembrava girare in modo diverso per lei e per la cugina, e più crescevano più il divario aumentava. Le voleva bene, ma sembrava davvero che i guai chiamassero Jade senza alcun motivo apparente, mentre lei invece si viveva la spensieratezza della gioventù.
Un altro duro colpo arrivò poco tempo dopo, con l'episodio di bullismo subito dalla cugina. Non riuscì a starle molto accanto in quel periodo. Ricordava di aver cercato più volte di andare a farle visita, in ospedale o in casa, ma a Jade era stato consigliato il massimo riposo dal medico affinchè si riprendesse il prima possibile, così era riuscita a vederla poco o niente.
Continuarono le loro vite, vedendosi di tanto in tanto, Jade sempre più timida, lei sempre più estroversa. Le raccontava delle sue avventure quando si vedevano, mostrando quel lato del mondo che stava conoscendo e Jade la ascoltava silenziosamente, con un sorriso. Giselle lo vedeva nel suo sguardo tremante che invece lei, della vita, finora aveva visto solo la sofferenza e la paura, glielo leggeva in quegli occhi color nocciola il peso del mondo che, nonostante la giovane età, aveva già avuto modo di assaggiare.
Inconsuetamente aveva sempre provato una sorta di invidia verso quello sguardo, la curiosità di sapere come ci si sentisse nella sofferenza quella vera, entrando in contatto con quel lato del mondo che ancora non aveva conosciuto. Era il desiderio di conoscere e di ottenere qualcosa che non si ha, per quanto essa sia oscura e tetra, volere la sofferenza perchè si è stanchi della gioia, volere il male perchè si è stanchi del bene. Ma quel desiderio pericoloso e segreto di trasgressione terminò quella notte d'agosto, quando Giselle si era resa conto delle conseguenze che aveva avuto, non solo su di lei ma soprattutto su sua cugina Jade che aveva rischiato di essere violentata. La distanza diventò profonda e interiore tra le due, lo capì dallo sguardo disgustato di lei, lo capì dalla freddezza nella sua voce. Giselle aveva sfiorato una piccola parte dell'oscurità dell'essere umano e quell'estate dei suoi 17 anni aveva deciso che quella sarebbe stata l'ultima volta.
-Saremo sempre amiche.
Aveva detto Giselle quando aveva salutato Jade, prima di partire per l'Inghilterra. Lei l'aveva guardata con un sorriso di cortesia, senza rispondere, dandole la certezza che quel legame ormai si era spezzato.

Quella stessa scena aveva attraversato i pensieri di Jade, seduta in silenzio in auto a fissare le grandi nuvole bianche che lentamente danzavano nel cielo invernale. Ricordava quello sguardo speranzoso puntato su di lei, sguardo che quella volta non aveva ricambiato. Non capiva come, quello stesso sguardo vivace fosse ridotto ora a quell'inespressività e quel pallore, non capiva come quella che aveva tentato di strangolarla potesse essere davvero sua  cugina.
-Perchè non mi hai detto niente?
La voce di Elliot attirò la sua attenzione.
-È stata lei a ferirti anche questa mattina vero?
Gli occhi scuri di lui la fissavano, timorosi e in attesa di una risposta.
Jade annuì solamente, restando pensierosa.
-Cazzo..
Aggiunse Elliot, spalancando gli occhi e sospirando.
-Come ti senti ora?
Istintivamente si portò la mano alla gola dolorante, riuscendo ancora a sentire quella sensazione di bruciore che aveva provato.
-Sto bene.
-Sarebbe meglio andare in ospeda..
-Non ce n'è bisogno. Sto bene.
Ribbattè subito Jade. La mancanza di risposte la agitava, non capiva perchè Giselle volesse ucciderla, perchè i suoi occhi erano bianchi, perchè le succedevano solo cose strane negli ultimi tempi. Ma forse non si poteva capire tutto perchè non tutto aveva un senso.
Le tornarono in mente tutte le persone morte che aveva visto o sognato, poi pensò ai suoi genitori lontani che voleva tanto rivedere, poi pensò a Elliot a cui doveva la vita, poi pensò che doveva subito chiamare la polizia.
Sentì qualcosa toccarle il collo e si voltò di colpo, trovando la mano di lui a sfiorarle la gola livida.
-Scusami.
Disse subito, ritraendo la mano imbarazzato. Jade sospirò, cercando di calmarsi. I contatti umani la mettevano a disagio, ma in quel momento il motivo principale era la paura che ancora sentiva.
-..sei sicura di non volerci andare? I segni sul collo stanno diventando lividi.
Ripetè lui, preoccupato, ma Jade scosse ancora la testa.
-Ho bisogno di un telefono.
Disse invece e Elliot le passò il suo cellulare senza fare domande.
Digitò "911" e si fermò. Denunciarla significava mandare sua cugina in prigione e l'idea l'infastidiva. Era evidente il brutto rapporto che avesse con lei, ma da qui a privarla della sua libertà...
-Non è mai facile denunciare un familiare ma bisogna guardare la situazione per quello che è.
Sentì dire ad Elliot. Guardò il suo volto triste e scarno, ricordandosi della situazione da cui venisse, lui che forse si era anche trovato a vivere il peso di una scelta simile.
-Se fa del male, a te o a chiunque altro va denunciato.
Jade prese un respiro profondo e avvertì la polizia dell'accaduto, che di lì a poco si sarebbe recata a casa sua.
Restò per un attimo a fissare il vuoto mentre la conversazione finì, poi passò il telefono a Elliot.
-Grazie.
Ora sentiva che sarebbe successo di tutto, per prima cosa i suoi genitori sarebbero stati avvertiti dalle autorità, poi Giselle probabilmente sarebbe stata arrestata sotto gli occhi degli abitanti del paese, giunti sicuramente per curiosare.
-Hai fatto la cosa giusta.
Le disse Elliot quasi leggendola nella mente e lei abbassò lo sguardo.
-Non ne sono sicura, forse sto solo creando troppi problemi.
-Non c'era altro da fare, Jade.
Sospirò.
-Lo so. Ora manderanno qualcuno a casa mia a controllare, dovremmo trovare un modo per tornare indietro...
Elliot rivolse lo sguardo al finestrino.
-Ci sono dei negozi qui vicino, vado a chiedere a qualcuno se conosce la strada così torniamo in paese.
E così dicendo aprì lo sportello dell'auto, un vento gelido si insinuò veloce nella Mercedes facendo rabbrividire entrambi.
-Vengo con te.
Jade si rianimò, sentendosi già abbastanza in debito con lui.
-Non se ne parla, sei ferita e hai solo la mia felpa addosso.
- 'Fa niente, vengo lo stesso.
Il vento la circondò completamente appena scese dall'auto, fu quasi come se volesse abbracciarla, facendole battere i denti. Elliot sospirò e si avvicinò al cofano dell'auto, raggiungendola solo dopo aver preso un giubbotto nero imbottito.
-Almeno indossa questo. Ci saranno si e no 2 gradi qui.
Jade indossò il caldo indumento e poi si incamminarono silenziosamente verso il negozio più vicino.
A prima vista si trattava di una vecchia ferramenta abbandonata, oggetti di metallo arrugginiti scintillavano dalla vetrina con i vetri ormai opachi per il passare del tempo e nelle medesime condizione di degrado trovarono il negozietto lì accanto. Cominciarono a camminare verso altri edifici un po' più lontani, mentre il vento gelido non accennava a scemare.
-Se hai troppo freddo, ti riaccompagno alla macchina..
-No, tranquillo.
Rispose in fretta lei. Arrivarono davanti ad un altro edificio speranzosi, videro che si trattava di un alimentari e accompagnato all'insegna vi era una grande scritta "CHIUSO PER NEVE" .
Elliot alzò gli occhi al cielo sconfortato, mentre Jade sbuffava.
-Vado a controllare anche sul retro dell'edificio, magari c'è ancora qualcuno.
Le disse lui.
-Ok, ti aspetto qui, nel caso passino delle persone.
Chissà se ce la faremo a tornare a casa. Pensava, mentre guardava Elliot sparire dietro l'edificio.
La sensazione era quella di trovarsi in una sorta di paese-fantasma, desolato e deserto, pensava infatti che si trattasse di un luogo abbandonato ma poi intravide in direzione di una piccola abitazione la figura di una donna che teneva per mano un bambino.
Notando che Elliot ancora non si faceva vedere prese a correre verso la coppia, per chiedere qualche informazione.
-Scusi! Signora. Ho bisogno di aiuto.
La donna continuò a camminare ignorandola.
-Signora!
Urlò ancora Jade e questa volta la vide fermarsi e voltarsi. Dopo poco raggiunse l'esile figura femminile avvolta in un cappotto color caramello, e il suo bambino che le stringeva la mano anche lui ben incappucciato, con sciarpa e cappello.
Notò l'espressione sbigottita di lei, che la fissava come se avesse visto un fantasma, ma non ci fece troppo caso, convinta com'era di avere un aspetto orribile in quel momento.
-Salve. Io e...
Ci pensò un istante. Cosa siamo io e Elliot?
-....il mio compagno di classe ci siamo persi. Per caso sa' come tornare a Perbroke, il paese vicino Brigtown? O anche solo come tornare verso la strada principale?
La donna continuava a fissarla con gli occhi spalancati così come stava facendo il suo bambino. I due si scambiarono uno sguardo poi lei rabbrividì e balbettò:
-C-certo....deve uscire da questa strada proseguendo verso Marrington Street..
Si fermò rivolgendole nuovamente uno sguardo terrorizzato.
-...una volta percorsa tutta Marrington Street..c'è un i-incrocio...lì deve svoltare a destra e...ed è arrivata.
La sensazione di disagio che le stava trasmettendo quello sguardo era molto forte, ma Jade non si fece molte domande contenta di aver ottenuto ciò che voleva: informazioni per poter tornare a casa.
-Ok, grazie.
Disse in fretta, desiderando di andarsene il prima possibile da quel paesino sperduto e soprattutto da quei due strani personaggi. Tornò all'alimentari dove aveva lasciato Elliot.
- So' come tornare in paese.
Annunciò trionfante, guardandolo. Lui fece un sorriso enorme.
-Come hai fatto?
-Ho chiesto a quella donna.
Jade indicò un punto alle sue spalle, dove Elliot però non vide nulla.
-Bene. Allora andiamo.
Disse solo e poco dopo salirono in auto.
-Dove devo andare, navigatore?
-Verso Marringot Street.
Rispose Jade accennando un sorriso. Lui accese il motore e lentamente si allontanarono da lì.
Un attimo prima di lasciare quel posto, Jade scorse due figure in lontananza, ferme immobili proprio dove le aveva lasciate. La donna e il suo bambino ancora la fissavano mentre si allontanava.

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