Capitolo 23 : Malinconia

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La Thinkbell le si fermò accanto e la guardò con un'aria preoccupata
-Ho saputo di sua cugina. Come si sente, signorina Gwels?
Le notizie volano in fretta. Pensava intanto Jade. Conosceva la gentilezza innata della sua professoressa, così come ne conosceva la smisurata curiosità.
-Sto bene.
Rispose Jade in fretta che in realtà non sapeva come si sentisse in quel momento, sicuramente non "bene".
-Mi fa piacere. Ah, a quanto pare la scuola resterà chiusa.
Aggiuse poi con un sorriso dolce. Jade la guardò con aria interrogativa.
-Non lo sapeva? È prevista neve per i prossimi giorni, quindi il preside ha deciso di chiudere la scuola. Non l'hanno avvertita i suoi compagni di classe?
Jade scosse piano la testa, anche se non si sconvolse più di tanto, sapeva di essere quasi una sconosciuta per tutta la sua scuola.
-Allora, faccia buone vacanze signorina Gwels. Ci vediamo dopo Natale.
Annunciò la donna avviandosi, stringendo due buste del supermercato tra le braccia.
-Aspetti.
Jade la bloccò.
-Lei sta tornando in paese giusto?
La Thinkbell annuì. Forza Jade. Non è così difficile chiedere un passaggio. E poi non hai altre possibilità per tornare in paese.
-Potrebbe darmi un passaggio?
Disse, arrossendo leggermente, disabituata com'era a chiedere favori. La donna le sorrise.
-Certamente.
Salirono su un'auto grigia, poco dopo, e si avviarono. Per tutto il tragitto la Thinkbell parlò, quasi ininterrottamente, altra dote che Jade già conosceva della sua professoressa: non era capace di sintesi.
-Sono davvero contenta di essermi trasferita qui.
Stava dicendo ora, dopo aver iniziato il racconto della sua vita, il trasferimento da Londra a Perbroke per lavoro, la bellezza di quel paesino silenzioso e tranquillo, l'aria pulita tipica delle zone poco popolate.
-Siete proprio una bella classe.
Era sorridente e grintosa quando raccontava, l'espressione poco motivante di Jade non la toccava. La ragazza aveva messo su uno dei suoi "sorrisi di cortesia" giusto per non sembrare maleducata, ma era comunque poco partecipe alla conversazione, come suo solito.
-Tutti studiosi. Tutti educati. Tutti felici.
Si, certo. Pensava Jade sarcasticamente, ma poi la vide rabbuiarsi.
-Beh, quasi tutti. C'è Black ad esempio che ormai non studia più, ma lo capisco anche. Povero ragazzo.
Stava iniziando a dire la donna.
-La sua situazione non è delle migliori, ha appena 18 anni ed è completamente solo.
La professoressa era molto triste, si vedeva che provava compassione per la persona di cui parlava.
-Ma credo che già lo sappia, ormai in paese tutti lo sanno.
-Cosa?
Chiese Jade che solo adesso aveva iniziato davvero ad ascoltarla.
-Dei Black. Spancer Black che ha ucciso sua moglie e poi ha tentato di uccidersi.
Elliot. Pensò subito Jade.
-Si, Elliot me ne ha parlato.
La Thinkbell sembrò sussultare e sorrise.
-Davvero? Signorina Gwels quindi siete riuscita a parlargli?
Lei spalancò gli occhi come se la donna avesse detto qualcosa di assurdo.
-Si, perchè?
-Quel ragazzo quasi non parla più, invece con lei l'ha fatto! Questo significa che siete amici!
Esclamò ancora entusiasta, mentre Jade era sempre più confusa. Siamo amici? Si chiese pensando ad Elliot. Non trovava una risposta. C'era stato una sorta di aiuto reciprovo tra lei e Elliot, ma chiamarla amicizia le sembrava esagerato. Beh, non è che io l'abbia aiutato molto, lui invece mi ha salvato la vita. Riflettè.
-Sono sicura che lei lo aiuterà a superare questo brutto periodo...
-Non siamo amici.
-Oh, capisco...peccato. Almeno così non sarebbe stato piu così solo, povero ragazzo.
Aggiunse nuovamente e poi cambiò discorso.
Delle parole si fermarono nella mente di Jade.
-Questo significa che siete amici!-
Quindi siamo amici? Si chiese ancora, titubante. Non aveva avuto particolari esperienze d'amicizia nella vita, e quelle avuto le avevano recato più sofferenza che altro.
Da piccola era molto legata a sua cugina Giselle, con la quale era finita nei guai e che quello stesso giorno aveva anche tentanto di ucciderla.
Nel periodo in cui frequentava le medie si era avvicinata a Leonard, ed era stata vittima di bullismo per questo.
C'era stata anche la sua tata, Jessie, ma anche lì la situazione era finita in tragedia, la donna era morta durante un furto in casa, mentre cercava di proteggerla dagli intrusi.
Un per ironia della sorte, un po' per la vita difficile che aveva avuto, l'amicizia ora la terrorizzava, non solo per l'idea di doversi fidare di qualcuno ma anche per il fatto di creare un legame stretto. Le relazioni affettive significavano dolore per Jade, preferiva il distacco, l'indifferenza, piuttosto che provare ancora delusione e tristezza. Anche se ciò la portava a isolarsi, non vedeva altra soluzione. Lentamente allontanarsi dagli altri era diventato sempre più facile fino a farle quasi dimenticare il motivo per cui avesse scelto la solitudine. A volte sentiva di stare bene da sola provando pace e tranquillità, altre volte aveva l'impressione di sprofondare, diventare invisibile al mondo, schiacciata da quella stessa corazza che si era creata per sopravvivere.
-Dove abita?
Le chiese all'improvviso la professoressa dopo aver terminato le sue chiacchere. Jade le spiegò la strada e si fermò davanti casa sua.
-Grazie professoressa.
-Di nulla. Ancora buone feste signorina Gwels.
Le sorrise e poco dopo sparì dalla vista di Jade, con la sua auto grigia. La ragazza aveva deciso di farsi lasciare lì, anche se non poteva entrare per via delle indagini che stavano svolgendo a casa sua, quello era l'unico posto a cui aveva mai sentito di appartenere. Sentì il cellulare squillare e vide che si trattava di sua madre. Rispose, dicendosi che avrebbe pensato dopo a tutto il resto.

-Sto bene, davvero.
-Le ferite erano gravi, tesoro?
-Si mamma, ma sono andata all'ospedale.
-All'ospedale? E come ci sei arrivata?
-Con un' auto.
-UN' AUTO?!?!
-Ma che pensi? Mica ho guidato io!
-E chi ti ha accompagnato?
-Un compagno di scuola.
-Che ti hanno fatto all'ospedale?
-Mi hanno solo messo dei punti.
-Tesoro, non sai quanto mi dispiace, vorrei essere lì con te. Non saremmo mai dovuti partire, ora sei lì tutta da sola...
-Mamma, stai tranquilla. Va tutto bene.
-Mi dispiace. Mi dispiace tanto Jady.
Disse cominciando a piangere.
-Mamma è tutto apposto.
Era più di mezz'ora che era al telefono con sua madre Olivia, ma non era annoiata. Sentire quella voce, anche solo per telefono la rassicurava.
-Oh, tesoro. Dove sei ora? Sei da sola?
-Sono davanti casa nostra.
-DA SOLA????
Aveva quasi urlato tra le lacrime sua madre. Jade scelse di mentire, pur di calmarla.
-No, c'è una mia amica qui con me.
-Menomale. Chi è la tua amica?
-Non la conosci, però viene in classe con me. Starò da lei questa notte, puoi stare tranquilla.
Si sentì leggermente in colpa per tutte quelle bugie, ma se facevano tranquillizzare sua madre, allora era la cosa più ragionevole da fare.
-Sono contenta, Jady. So che sei una ragazza responsabile e molto matura anche se hai soltanto 16 anni, però non voglio che tu stia da sola. Ci manchi tanto.
Anche Jade sospiró, sentendo le lacrime salire. Aveva voglia di piangere anche lei, ma giuró a se stessa di non farlo.
-Mi mancate anche voi, ma starò bene, infondo ci vedremo tra pochi giorni.
6 giorni. 144 lunghe ed interminabili ore. Pensava intanto.
-Ok, tesoro, peró fai attenzione. Ti saluta papà.
-Ciao.
-Ti vogliamo bene.
Disse sua madre con voce tremante, mentre Jade stava ancora trattenendo le lacrime.
-Anche io vi voglio bene. Ciao.
E terminò la telefonata prima di scoppiare a piangere. Alzò subito il viso verso il cielo, usando la sua personale tattica per non permettere alle lacrima di uscire: apettava che la gravità facesse il suo lavoro, attirando quelle gocce salate di nuovo dentro di se'.
Fu solo per un attimo che desiderò con tutta se stessa di piangere, di urlare, di sfogarsi, poi passò.
Intanto il buio aveva coperto il cielo rendendo la temperatura sempre più gelida. Jade cominció a tremare, mentre, a passi lenti, si incamminò verso il centro del paese. Si mise a cercare un riparo per non ammalarsi, o meglio per non morire di freddo.

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