Capitolo 24 : Smarrimento

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Jade rabbrivì, mentre prendeva posto nella piccola poltroncina in un angolino del locale. Aveva deciso di rifugiarsi in quel modesto bar po' affollato al centro di Perbroke, uno dei pochi luoghi di ristoro del paese. Si tirò le maniche della felpa fino a coprirsi interamente le mani cercando di ignorare gli sguardi degli altri clienti del bar, forse straniti dal suo strano aspetto trasandato e sconvolto.
Cercava invano di assorbire colore, dopo tutto il freddo che aveva sopportato il suo corpo, tuttavia i suoi denti continuano con persistenza a battere per la bassa temperatura.
Quel gesto poco gradevole le portó alla mente il ricordo di una serata gelida a casa con i suoi genitori.
-Tranquilla Jady, adesso papà accende il fuoco e ci riscaldiamo-
le diceva sua madre, mentre le teneva la mano.
Lei, bambina di pochi anni, e Olivia erano sedute accanto al camino, mentre suo padre era andato a prendere della legna. Ricordava i brividi per il freddo e sua madre che la abbracciava per riscaldarla. 
- Oh, tesoro ma hai la febbre-.
Nei suoi ricordi sentì riecheggiare quella frase.
-Peter! La fronte di Jady scotta, dobbiamo portarla in ospedale, ha la febbre alta!-
diceva sua madre tutta agitata.
-Olly, calmati.-
le sussurrava dolcemente suo padre.
-Prendi delle pezze e bagnale con dell'alcol, le metteremo sulla sua fronte e sui polsi così la temperatura si dovrebbe abbassare-.
Quella notte di 11 anni fa, sua madre aveva dormito accanto a lei, e le aveva accarezzato dolcemente i capelli finchè il sonno non l'aveva raggiunta.
-Oh, mia dolce Jady. La mamma non ti lascia, capito? Sarò sempre con te, sempre.-
La bellezza dell'infanzia le tornó alla mente, in tutta la sua delicatezza ed innocenza. Le sembrò di rivivere quegli istanti, lì, proprio in quel momento, come se non fossero passati anni da allora, ma solo qualche minuto.
Sempre. Le sembrò di sentire di nuovo quella parola uscire dolce e leggiadra dalla bocca di sua madre.
Sempre. Adesso si rese veramente conto di quanto fosse inutile e ipocrita quella parola.
Sempre. Anche se non conosciamo l'eternità abbiamo un termine per descriverla. Non userò mai questa parola. Pensò Jade con amarezza.

Anche il semplice riflettere in quel momento le risultava difficile, presa com'era dalla stanchezza della giornata. A Jade sembró che il tempo si fosse fermato, o almeno che avesse rallentato di qualche minuto o ora, mentre osservava un punto indistinto sul tavolino di fronte a sé.
Occhi bianchi senza iride e pupilla... Le parole del capo ispettore le ronzavano in testa, ma più di tutto stava ripensando a ció che le aveva rivelato. Il collegamento che aveva con quelle persone defunte lo aveva scoperto: in un certo senso era come se fosse destinata a fare la loro stessa fine, sorte che aveva scampato per poco. Stava iniziando a pensare che quelle visioni non fossero altro che un modo per avvertirla del pericolo, infondo Georgie, il bambino dagli occhi blu glielo aveva detto: "PRESTO VERRÀ A PRENDERTI DUDUUUUUÙ" aveva urlato nel suo sogno.
Quelle strane vicende potevano essere state una sorta di avvertimento.
-Ragazzina, ti senti bene? Stai tremando.
Jade sbattè le palpebre, come se si stesse risvegliando da un sogno e si voltò a guardare un uomo che le stava parlando, il barista.
-Vuoi che ti porti una bevanda calda?
Lo fissò con un'aria un po' sperduta, ancora troppo presa dai suoi pensieri. Poi scosse la testa.
-Sicura? Hai una faccia... sembri malata.
La ragazza lo guardò ancora per qualche istante in silenzio, poi abbassò lo sguardo e prese a fissare di nuovo il piccolo tavolo davanti a sé, ignorando completamente il barista. Il tipo, non poco confuso e scioccato da quel comportamento, rinunció e se ne tornò dietro al bancone con gli altri clienti.
Jade, in quell'infinita stanchezza che sentiva, rivolse un'occhiata al suo telefono leggendo alcune chiamate perse da un numero sconosciuto, e poi si guardó le mani, pallide e fredde come il resto del suo corpo. Merda, mi sa che sono davvero malata. Pensò socchiudendo gli occhi. Le voci tutte intorno le arrivavano ovattate e indistinte, come se fossero lontane.
Si strinse nella felpa e abbassò il viso verso il pavimento, così che i suoi familiari capelli lunghi castani arrivassero a coprirle il volto. Sentì la porta aprirsi più e più volte, ogni tanto qualcuno le lanciava un'occhiata, anche se era troppo sfinita per accorgersi delle persone che le passavano accanto.
Alzò lo sguardo mentre in testa le tornavano le domande: Dove andrò? Dove dormirò sta notte? Che faró? Sentiva di nuovo quella terribile sensazione di star per scoppiare in lacrime, ma per l'ennesima volta si trattenne. No, non posso permettermi di mollare, devo farcela da sola. Non importa se non posso entrare in casa mia, ci andrò lo stesso. Ho alcuni soldi da parte, li prenderò e pagherò una stanza nel palazzo qui vicino, anche se è molto caro magari hanno delle stanze economiche.
Si rimise in piedi dopo quella che le parve un'eternità e si avvió alla porta determinata, cercando di ignorare la stanchezza. Un senso di vertigini l'avvolse, ma nonostante ció riuscì a barcollare verso l'uscita dove si scontrò contro qualcuno.
-Scusa.
Disse subito Jade alzando lo sguardo e si ritrovò di fronte l'ultima persona che pensava di vedere quella sera.
-Jade. Quindi eri qui..
Vide il ragazzo sospirare e rimase ferma a fissarlo, quasi con gli occhi spalancati per la sorpresa, tutta tremante per il freddo.
-Ti stavo cercando. La polizia mi ha chiamato e ha detto che stavano provando a contattarti per sapere dov'eri, ma non rispondevi al cellulare. Volevano chiederti dove avresti passato la notte, visto che la tua casa era inaccessibile. Penso che volessero offrirti un posto dove dormire...ma che cos'hai?
Quegli scuri occhi marroni ora la fissavano con un'espressione indecifrabile mentre Jade ancora non riusciva a capire quella strana situazione: Elliot era lì, la stava cercando e sembrava essere preoccupato per lei. Sto avendo un'allucinazione? Chiese a se stessa.
-Stai tremando..
Lui le sfiorò la fronte bollente.
-Merda...
Jade era rimasta immobile, silenziosa e stupita. Si, ho le allucinazioni. Se è così devo avere davvero la febbre alta. Pensava intanto.
-Hai la febbre.
In quel momento la ragazza sembrò rianimarsi. Quindi è davvero qui?
-Sto bene, non sono malata.
Disse, anche se sapeva che stava mentendo spudoratamente.
-Si, invece. Dai, andiamo via, qui fa troppo freddo.
-Sto bene, tranquillo.
-Ma se stai battendo i denti!?
Insisté ancora Elliot, spalancando gli occhi di fronte alla sua costante testardaggine. Lei, che solo adesso si era convinta del tutto che Elliot fosse davvero lì fisicamente, era sempre decisa a portare a termine il suo piano di andare a casa, desiderosa di fare tutto da sola come al solito e di smettere di farsi aiutare così tanto da quel ragazzo con cui era già in debito.
-No, è solo un piccolo brivido di freddo.
Si giustificò, cercando di sembrare convincente. Devo andare a casa a prendere i soldi. Pensava intanto.
-Ora devo andare. Ciao.
Disse in fretta prima che lui potesse ribattere e uscì dal locale. Il tentativo di fuga fallì in poco tempo, infatti non appena Jade uscì e il freddo la avvolse, dovette mantenersi per non cadere. Ok, forse sono parecchio malata. Elliot la raggiunse.
-Allora, sei ancora convinta di stare bene?
Le disse mentre lei si manteneva al solido appoggio che aveva trovato per non cadere, un palo della luce poco distante. La ragazza abbassò lo sguardo, sempre più stanca. Ci mancava solo questa fottutissima febbre. Pensò e si morse l'interno della guancia, dalla rabbia.
Elliot le si avvicinò e, prima che potesse protestare, la prese in braccio, sotto lo sguardo confuso e leggermente irritato di Jade.
-Che diavolo stai facendo?
-Ti porto a casa prima che tu muoia di freddo.
-Mettimi giù, posso camminare e poi non ho bisogno di aiuto.
Disse con il suo tono serio e deciso, che non ammetteva obbiezioni,ma che a causa della febbre non funzionò poi molto.
-Poco fa stavi per cadere e hai bisogno di aiuto.
-No.
-Si.
Questa volta era il tono di Elliot a non ammettere obbiezioni.
Jade socchiuse gli occhi, sentendosi tremendamente a disagio, disabituata com'era a non avere il controllo della situazione.
Non posso. Non posso permettere che Elliot mi aiuti ancora. Io non ho bisogno di aiuto. E poi perchè deve portarmi in braccio?! È fuoriluogo e imbarazzante. Devo scendere. Pensò, ma perse in fretta la sua decisione a causa della stanchezza che subito prevalse. Si lasciò andare contro il petto di Elliot e chiuse piano gli occhi, lasciando sorpreso il ragazzo, che pensava sarebbe stato più difficile convincerla a farsi aiutare. Non la conosceva da molto tempo, ma lui sapeva che se poteva vederla così vulnerabile era per via della febbre, da cosciente sentiva che quella parte di lei difficilmente avrebbe lasciato che la scoprisse.
Jade si tranquillizzó, provando una sensazione di calore e sicurezza lì tra le braccia di Elliot, fu un attimo ma si sentì in pace per la prima volta dopo tutto quel caos della giornata.
Momenti di lucidità cominciarono ad alternarsi a momenti di tranquillità, ma nei primi il suo lato diffidente ritornava in superficie.
-Fammi scendere..non ho bisogno di un principe azzurro che mi salvi, posso cavarmela benissimo da sola.
Le uscirono quelle parole ma non con il tono autoritario che avrebbe voluto, la sua voce sembrava invece impastata dal sonno
-Un principe azzurro?!
Lo sentì ridacchiare con quella sua solita risata amara, quella che ricordava di aver sentito già altre due o tre volte.
-Credimi, sono ben lontano dall'essere un principe azzurro.
Disse poi. Lei sospirò, mentre nella mente iniziarono ad affollarsi pensieri e sensazioni, turbata com'era da quel contatto con Elliot. Che sto facendo?! Devo scendere. È troppo vicino a me, riesco perfino a sentire il battito del suo cuore... Comunque, devo scendere. È una situazione assurda. Devo andare a casa mia. Dove mi sta portando? Devo andare a casa miaaaa.. sentiva quei pensieri in testa, ma li percepiva confusi.
Aprì un po' gli occhi e rivolse uno sguardo al volto di lui, notando a quella distanza che il ragazzo aveva ancora qualche livido sul mento. Si chiese come mai lo avesse notato solo ora dopo un'intera giornata, come aveva fatto a concentrarsi solo sui suoi occhi scuri e profondi, così intensi da sembrare neri.
-Elliot..
Sussurrò.
-...mi stai rapendo?
Lo sentì ridere.
-Perché dovrei rapirti?!
Poi Jade provó un avvolgente senso calore, nel dormiveglia riconobbe la moquette azzurrina del palazzo in cui abitava Elliot.

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