Rivelazioni

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Attraversai velocemente il giardino curato per addentrarmi nella casa. Mi aprì un'altra domestica che mi invitò a salire al piano di sopra per incontrare il "signorino". Non so se mi stupì di più il modo in cui l'aveva appena chiamato, la grandezza della casa, o la quantità di opere d'arte che vi erano presenti. Rimasi qualche secondo stordita da quell'ambiente così opposto rispetto alle abitazioni della mia solita clientela, dopo di che diedi alla signora il mio cappotto e mormorai un "grazie" stretto fra le labbra.

Mi sentivo così a disagio, salì le scale quasi in punta di piedi, per paura di rompere quel magico silenzio che avvolgeva tutta la casa. Mano mano che mi avvicinavo alla camera del ragazzo sentivo sempre meno flebile un suono di chitarra, inizialmente pensai stesse ascoltando una canzone, ma quando mi trovai di fronte alla sua porta chiusa capì che era lui a star suonando.

Ero molto imbarazzata. Tutto in quella casa mi terrorizzava, e il pensiero che l'avrei dovuto interrompere mentre suonava di certo non mi tranquillizzava. Bussai piano, ma non ricevetti risposta.

Dopo qualche secondo bussai più insistentemente, chiedendo il permesso ad entrare. Dio, come odiavo la mia voce.

Una voce svogliata ma allo stesso tempo familiare mi rispose. -"Avanti."
Un po' confusa entrai nella stanza. Ci misi un attimo prima di mettere a fuoco quella figura, la stanza era spaziosa e molto luminosa, sembrava non vissuta. Riconobbi subito quel ragazzo, anche se non l'avevo mai visto così prima d'ora. Fuori dal suo ambiente naturale, lontano dalla sua schiera di leccapiedi. In calzini, seduto a gambe incrociate sul letto, con i capelli spettinati e una chitarra ancora in mano.

Anche se non volevo mostrarlo, si rese subito conto del mio sgomento nel trovarlo lì e dell'imbarazzo che stavo provando.

Mi scrutò dalla testa ai piedi, lentamente. Mi stavo letteralmente torturando i bordi della maniche del maglione. Vidi un certo compiacimento nel suo viso, nel vedermi a disagio. Ruppe quel silenzio mentre metteva a posto la chitarra. -"Spero non ti dispiaccia, ma ho pensato che solo tu fossi in grado di aiutarmi. Quest'anno non ho aperto un libro."

-"Se questa è la situazione non so quanto potrà servirti il mio aiuto, non posso costringerti a studiare." dissi decisa, ma dopo poco arrossii rendendomi conto di ciò che avevo appena detto.

Mi guardò negli occhi e sorrise. -"Vedremo."

Aveva un atteggiamento diverso dal solito, quasi umano. Sembrava davvero preoccupato per l'esame.

Nello studiare insieme mi accorsi che non era così stupido come pensavo, ma non riuscii comunque a fargli capire il minimo indispensabile per un misero 18 in una sola ora.

A fine ora mi accompagnò a riprendere il mio cappotto. Ci salutammo con due baci sulle guance, durante quel contatto mi poggiò una mano sulla vita e rabbrividii. Quel semplice tocco ebbe uno strano effetto su di me. Lui era così diverso, lontano da me, ma era bello. Non c'era niente di male, pensai, nel trovare bello un ragazzo bello.

Notò il mio imbarazzo e si staccò velocemente, appena ero fuori di casa sentii riaprirsi la porta.

-"Ah, una cosa. Ti ho lasciato il mio numero nel libro, scrivimi, così possiamo organizzarci per la prossima lezione." Mi voltai, si stava grattando il collo, con lo sguardo basso, ma sorridendo.

Ricambiai il sorriso. -"Certo."

Per tutto il viaggio pensai solo a lui, cos'aveva di diverso? Lo sguardo magnetico ero lo stesso, il sorriso, i capelli, la voce. Tutto uguale, eppure lui era diverso. Sapevo che non c'era niente di male a vederlo come una persona e non come uno stronzo superficiale e opportunista, ma mi sentivo sporca. Mi sembrava di fare un torto a me stessa. Tornai a casa, c'era una busta nella cassetta delle lettere. 50€ da parte di suo padre. Quasi mi misi a piangere per la sorpresa.

Quella notte andai a dormire con una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ma con il sorriso sulle labbra.

"Come tu mi vuoi"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora