-"Davvero, non so come ringraziarti."
Le parole di Gennaro suonavano meccaniche, come se si fosse trovato in quella situazione tante altre volte, al contrario di me.
Non avevo dovuto espormi più di tanto, Gennaro era bravo a copiare, perciò mi era bastato spostare il foglio verso il suo lato del banco, e lui aveva fatto tutto il lavoro "sporco", ma, continuai comunque, finché non fummo entrambi fuori dall'aula, a sentire le mani umide di sudore freddo e a manifestare il mio nervosismo attraverso diversi tic.Nonostante la mia reazione, ci era voluto davvero poco per convincermi, un suo sguardo nel panico, con gli occhi spalancati, e il successivo "ti prego" supplichevole, mimato con le labbra, e in cambio avevo ottenuto un ringraziamento quasi forzato e un veloce saluto prima che raggiungesse i suoi amici.
L'unica gioia della giornata, me l'aveva data il cambiamento dell'atteggiamento delle persone. I ragazzi non mi guardavano più con la solita sufficienza, ma con interesse. Alcuni di loro neanche mi avevano riconosciuta, altri si erano stupiti del mio cambiamento. Le ragazze, invece, al posto di deridermi e screditarmi, mi guardavano quasi con invidia. Tutto ciò mi fece sentire molto più sicura di me stessa.
Il professore era quello che mi aveva dato più soddisfazione; quando, alla fine dell'esame scritto, mi ero avvicinata a lui dicendogli che nonostante fossi solo al primo anno mi avrebbe fatto piacere diventare sua assistente. Mi aveva rifiutata già rifiutata una volta, ma decisi di tentare nuovamente, presa da un lampo di fiducia in me stessa. Si dimostrò entusiasta della mia richiesta, e accettò volentieri. Pensai che fosse davvero un pervertito ipocrita.
Mentre mi dirigevo verso la mia macchina ricevetti un messaggio.
"Stasera Vale mi dà buca a una festa, vieni tu con me?"
Era Alessio.
Mi piaceva che avesse dimenticato l'imbarazzo dei giorni precedenti e si comportasse così spontaneamente come un amico per me, perciò sorrisi per la confidenza del messaggio.Inizialmente mi irrigidii un po' per la questione "festa", in fondo l'ultima a cui ero andata risaliva al secondo liceo, ed era normale che fossi preoccupata, ma allo stesso tempo mi sentivo emozionata all'idea.
Fantasticai un po' sulla serata, immaginai che Gennaro sarebbe stato presente, che mi avrebbe vista entrare nella discoteca con un bel vestito, e in quel momento mi avrebbe trovata particolarmente bella, magari capendo di essere interessato a me.
Dopo questo favoleggiare mi sentii estremamente ridicola, una quattordicenne in preda agli ormoni.
Accantonai il pensiero di quella sera per dirigermi al Camden, mi toccava l'ultimo turno.
Alessio stava pulendo un tavolo. Indossava una camicia bianca di lino, a cui aveva arrotolato le maniche per stare più comodo durante il lavoro, ciò metteva in risalto il muscolo del suo braccio destro mentre lo sforzava.
Era attraente, eppure non mi fece particolarmente effetto.Mi salutò affettuosamente, abbracciandomi e chiamandomi teneramente "Betta", dopodiché andai nel retro e poi in bagno.
Durante l'orario di lavoro cercai di mostrare il meno possibile la mia eccitazione per quella sera, ma volevo assolutamente capire se Gennaro ci sarebbe stato o no.
-"Hai sentito Gennaro, per caso?" Chiesi, tenendo gli occhi fissi sulle tazzine che stavo asciugando, con il tono più noncurante che riuscissi a fare.
Alessio si voltò verso di me, e mi rispose: -"Sì, sta organizzando per la festa di stasera."
-"Ah, ci sarà anche lui." Gli risposi, come se la cosa non mi influenzasse affatto.
-"Sì, in effetti, è organizzata da lui." Il che significava che l'avrei incontrato per forza, soprattutto se in compagnia di Alessio.
-"Capisco. A che ora è?" Conclusi il discorso brevemente.
-"Ti passo a prendere io verso mezzanotte." Mezzanotte era molto tardi per me, considerato che quella famosa ultima festa era finita alle 21.
-"Ti ringrazio." Aggiunsi, con un sorriso dolce.
Mentre mi muovevo agilmente lungo il bancone, la mia mente era proiettata alla serie di cose che avrei dovuto fare non appena il turno fosse finito. Mi ricordai di dover rifare la ceretta, arricciare un po' i capelli, comprare qualcosa da mettere, fare la spesa, e di ritorno portare a lavare la macchina.
Mi aspettavano un paio d'ora piuttosto impegnative. Fu per questo che, appena finii il mio turno scattai in macchina senza neanche salutare Alessio.
Per cercare di conciliare i tempi anticipai la ricerca dell'abito chiamando Valentina tra gli scaffali del supermercato. Inizialmente mi lasciò perplessa consigliandomi di non andare, ma mi bastò insistere un po' e mostrarle quanto ero emozionata per quella sera a convincerla ad aiutarmi. Innanzitutto mi descrisse il tipo di festa nel dettaglio, così che io non mi trovassi in imbarazzo di fronte a determinate situazioni, dopodiché passammo all'argomento su cui più avevo bisogno di lei: cosa mettermi.
Mi diresse in un negozio in centro dove lavorava una sua cara amica. Mi disse che, se le avessi detto che mi mandava lei, mi avrebbe aiutato molto e mi avrebbe fatto anche uno sconto. Mi consigliò solo di indossare i tacchi perché altrimenti quella sera mi sarei sentita la più bassa della discoteca.
Il posto si chiamava "Patisserie Boutique", si trovava in Corso Como, una delle vie più alla moda della città. Sbirciando dalla vetrina vidi abiti bellissimi, ma, allo stesso tempo, molto costosi. Chiesi subito di Alessia. Era una ragazza non troppo magra, dai capelli scuri, lunghi e lisci. Le dissi che mi mandava Valentina, e subito il suo sguardo si animò: dovevano essere molto legate.
Si dimostrò molto disponibile, Valentina aveva ragione. Provai almeno sette o otto capi. Erano tutti molto belli, ma sul mio fisico così gracile era difficile trovare qualcosa che non mi facesse sentire a disagio scoperta. Alla fine si ricordò di una salopette lunga della nuova collezione, e me la portò in camerino.
Sui tacchi Jeffrey Campbell alti quattordici centimetri ero davvero molto titubante, ma l'effetto generale mi piacque a tal punto che non badai a spese e comprai entrambi.
Non mi ero mai vista così bella, quasi mi veniva da piangere. La salopette era nera. Il modello era semplice, ma molto elegante. Aveva lo scollo all'americana, che si allacciava dietro la nuca, lasciando la schiena interamente scoperta fino alla base del pantalone. La parte di sopra era aderente al corpo, mentre i pantaloni erano larghi sulle gambe e più stretti su fianchi e sedere.
Uscii da quel posto con ancora più aspettative di quando ero entrata, ma non avevo idea di ciò che mi aspettava.
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"Come tu mi vuoi"
FanfictionElisabetta e Gennaro. Così diversi, ma il destino li vorrà sempre vicini, per quanto loro cerchino di allontanarsi si ritroveranno sempre legati, intrecciati, in un rapporto di sentimenti contrastanti.