Per superare i noiosi pomeriggi della mia vita anti-sociale, mi ero appassionata persino alla settimana enigmistica e alla cura di me stessa. Mentre aspettavo che lo smalto si asciugasse, infatti, mi stavo dedicando a un sudoku di livello "diabolico", e non me la cavavo affatto male.
Il campanello mi interruppe. Suonò una volta, poi tre volte più veloci, e poi un ultima volta: il segnale puntualmente utilizzato da Alex. Mi alzai dal letto, e camminai un po' goffamente verso la porta, a causa dei separadita ancora nei piedi, impaziente di farmi animare la giornata dal mio amico.
Quando aprii la porta il mio imbarazzo raggiunse livelli mai sfiorati: di fronte a me, in tutta la sua naturalezza, incurante del rapporto di indifferenza mista a odio che si era creato fra di noi, c'era Gennaro.
Era vestito in modo semplice, aveva la chitarra in spalla e, per una volta, sembrava quasi riposato.
Mi salutò con un sorriso e un bacio sulla guancia, dopodiché mi superò e si andò a sedere sul mio letto, lasciandomi ancora sconvolta per quel gesto davanti alla porta.
Scappai in bagno per rendermi minimamente decente, ma, mentre mi lavavo i denti, mi resi conto che lui non si meritava tutto quell'impegno da parte mia, perciò legai i capelli e lo raggiunsi, decisa a ricevere spiegazioni da parte sua rimanendo fredda e distaccata.
Appena mi sedetti sul letto vicino a lui, piegai le gambe al petto e feci in modo di rimanergli il più possibile lontana.
-"Lizzie, ma da quanto tempo non ci vediamo io e te? Sei stata malata, per caso?" Chiese lui dolcemente, senza guardarmi, bensì rivolto verso la sua chitarra che stava accordando.
Realizzai che probabilmente lui non aveva neanche notato il fatto che io lo avessi evitato e ignorato con impegno, il che non mi diede altro che un ulteriore prova della sua indifferenza nei miei confronti.
Mentre la mia testa non pensava ad altro all'odio e alla sofferenza che quell'individuo mi faceva provare, la mia bocca si era animata autonomamente, e gli rispondeva: -"No, tranquillo. Ho avuto solo un po' da fare." Con un timido sorriso finale.
Quasi sconvolta da quello che avevo fatto, accantonai il pensiero, cercando di ritornare in me e affrontarlo con distacco.Riuscii a rendermi conto solo dopo di ciò che avevo fatto: l'avevo già ingiustamente, involontariamente e inconsciamente già perdonato, ma ancora dovevo capirlo.
Mi bastarono dieci minuti, il tempo che lui mi spiegasse la ragione della sua presenza; era venuto per farmi sentire l'inizio di un nuovo pezzo che stava scrivendo per lui ed Alex, e voleva un mio parere prima di proporla al moro.Appena le sue mani toccarono le corde, pizzicandole in arpeggi dolci ma decisi, capii che ero ormai persa di lui. Tutti i pensieri negativi che avevano caratterizzato la mia opinione di lui fino a quel momento sparirono, lasciando il mio cervello in balia delle emozioni.
I miei occhi non riuscivano a staccargli gli occhi di dosso, ero praticamente imbambolata.Quando finì, infatti, non si preoccupò di farmelo notare con una delle sue taglienti battute: -"Guarda che se vuoi puoi fare una foto, così continui a guardarmi finché vuoi." Seguita da una risata che sdrammatizzò l'imbarazzo della situazione.
Restammo un altro po' insieme, giusto il tempo di raccontarci cos'avevamo fatto quei giorni senza essersi visti, e di berci un caffè.
Sembrano momenti semplici, per alcune persone addirittura quotidiani, ma per me significarono molto.Fu Alessio ad aiutarmi a "fare pace con il cervello", come disse lui per farmi capire meglio.
Quando lo chiamai sembrava sorpreso, evidentemente Gennaro non lo aveva avvertito.
Mi calmò ma cercò anche di farmi ragionare su quanto avessi sbagliato, comportandosi in modo molto protettivo.
Giunse alla conclusione che avendo sentito troppo la sua mancanza, il solo vederlo e chiacchierarci una mezz'ora mi aveva fatto dimenticare tutti i problemi.Non potevo che essere d'accordo, era quasi come una dipendenza, come coloro che dopo un certo periodo cercano di smettere di fumare, non fumano per un po', e pensano di essere ormai liberi da quella schiavitù, ma appena un amico gli offre una sigaretta, rientrano nel giro più accaniti di prima.
Allora ancora non lo sapevo, ma così sarebbe stata la nostra storia: un continuo rincorrersi, allontanarsi, litigare, per poi cercarsi e ritrovarsi più innamorati di prima.
Sarebbe stata la mia dipendenza, la mia felicità, la mia morte.
STAI LEGGENDO
"Come tu mi vuoi"
FanficElisabetta e Gennaro. Così diversi, ma il destino li vorrà sempre vicini, per quanto loro cerchino di allontanarsi si ritroveranno sempre legati, intrecciati, in un rapporto di sentimenti contrastanti.