Confidenza

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Mi presentai con un pochino di anticipo, come mio solito, sperando di fare buona impressione. Il sole era già tramontato, e il piccolo locale illuminato spiccava lungo la strada. Non mi ero accorta quel pomeriggio di quanto quell'atmosfera fosse magica, mi chiesi come mai non fosse molto conosciuto, ma immaginai che probabilmente se fosse stato più in voga avrebbe perso l'accoglienza dei locali di nicchia, o forse semplicemente non tutti erano in grado di apprezzare quel genere di posti.

Entrando mi inebriò un buon profumo agrumato, ero serena e rilassata, per la prima volta dopo molto tempo riuscivo a controllare al meglio la mia ansia, nonostante mi trovassi in una situazione che a breve mi avrebbe messo non poco a disagio. 

-"Buonasera Signora Iodice." 

-"Oh, eccoti tesoro. Ti prego, chiamami Marisa. Adesso ti presento i miei nipoti."- disse riferendosi a me, poi si voltò e alzò il tono della voce.-"Ragazzi, potete venire, per favore?". Subito arrivarono due ragazzi mori che si assomigliavano molto, riconobbi il ragazzo. Alessio Iodice, anche lui era originario del mio paese ma si era trasferito molto prima di me, finendo il liceo qui a Milano. Mi chiesi come avevo fatto a non notare il cognome quando avevo letto l'annuncio. 

Ci guardammo titubanti per un attimo in cui temevo non mi riconoscesse, poi, prima che la nonna potesse presentarci, mi sorrise. -"Ciao Elisabetta, da quanto tempo!" ricambiai il sorriso. Ci scambiammo qualche domanda tipica dei convenevoli tra persone che non si vedono da molto tempo, sotto gli occhi un po' confusi della nonna e dell'altra ragazza. Devo ammettere che mi colpì molto, era diventato davvero un bel ragazzo, molto più socievole e sicuro di sé del ragazzo che avevo conosciuto anni prima. 

-"Non sapevo vi conosceste, ma da quel che ho capito anche tu sei di Somma, giusto?", chiese la nonna. Annuì in risposta. -"Quando avremo tempo mi racconterai come mai ti sei trasferita, ma ora dobbiamo insegnarti un po' di cose. Lei è l'altra mia nipote Valentina, che sta al bancone." Valentina era davvero molto bella, entrambi avevano gli stessi occhi scuri e profondi, ma lei aveva rispetto al fratello un sorriso perfetto, e lunghi capelli neri legati in una treccia non troppo ordinata. 

Dopo avermi presentato anche lei, mi fecero vedere una piantina con la numerazione dei tavoli a cui avrei chiesto e portato le ordinazioni, e mi diedero anche una copia del menù, fortunatamente la mia memoria fotografica mi aiutò, imparai subito tutto a memoria e la cosa li colpì. Alessio mi definì addirittura come un "robot". Forse non era cambiato poi molto. Servivano fondamentalmente drink alcolici e analcolici accompagnati da stuzzichini dolci o salati. 

Ci volle pochissimo a farmi sentire parte di qualcosa, quelle persone così disponibili, quell'ambiente accogliente ma interessante, così diverso dai miei standard tanto da attrarmi a conoscerne ogni sfaccettatura. Pensai che non mi era mai capitato di sentirmi così a mio agio con qualcuno che non era la mia famiglia, forse perché in qualche modo loro me la ricordavano. Stavo per farmi prendere da uno dei miei momenti malinconici quando la voce di Alessio mi svegliò.

-"Posso chiederti un favore?" 

-"Certo, dimmi pure."

-"Vieni."- disse prendendomi il polso e portandomi in una parte che non mi era ancora stato possibile vedere, dietro il piccolo palco di fronte ai tavoli. C'erano strumenti musicali, amplificatori, microfoni e un piccolo divano un po' sgualcito. Mi mise davanti un foglio scritto a mano.

-"Potresti impararlo a memoria per favore? E' la scaletta di stasera, solitamente la leggo io, ma stasera suono e preferirei lo facessi tu." 

Guardai il foglio, c'erano una decina di nomi scritti in blu con una grafia femminile, e poi, all'ultimo posto, in nero e in stampatello "NOI". Non feci domande e lo tranquillizzai anche su quello.

Tra la mia preparazione, qualche prova nel portare più di un drink sul vassoio e un po' di sane risate mancava davvero poco all'apertura. Valentina prese un borsone da sotto il bancone e mi chiese di venire in bagno con lei. Tirò fuori qualche vestito chiedendomi dei consigli, poi decise di mettere un vestitino nero di paillettes. 

Si stava pettinando i capelli quando mi chiese-"Tu resti così?". Cominciai ad agitarmi. Non era un tono dispregiativo il suo, era una semplice domanda, ma guardandomi allo specchio mi resi conto di essere in condizioni pietose, e totalmente fuori luogo rispetto a lei. Si voltò verso di me, notando il mio imbarazzo. -"Se vuoi che ti presti qualcosa, basta chiedere! Da' pure un'occhiata e prendi quello che vuoi." Disse sfoggiandomi uno dei suoi migliori sorrisi. Balbettai un ringraziamento e cominciai a guardare nel borsone. Il suo stile era veramente diverso dal mio, anche se non penso di poter definire il mio mettere-cose-a-caso un vero e proprio stile. 

Provai qualche vestito leggero, mi facevano sentire a disagio, mi vedevo troppo scoperta e troppo magra, senza forme. Fu lei a consigliarmi un top svasato argentato da mettere sopra a dei semplici leggings neri, provò a convincermi a cambiare le scarpe ma il terrore di combinare qualche guaio dovuto alle scarpe mi fece rifiutare gentilmente i suoi stivaletti col tacco, tenendo le mie scarpe da ginnastica nere.

Mi guardai allo specchio. Mi vedevo in modo diverso, non avevo mai avuto nessuno a farmi sentire bella o sexy, eppure qualcosa quella sera era cambiato, per la prima volta non avevo bisogno di nessuno per sentirmi in quel modo, ma solo di me stessa. Per la prima volta facevo qualcosa per me stessa, senza pensare a cosa avrebbero pensato gli altri, ma solo a cosa volevo io.


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