Panico

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Salii in macchina e lui mise in moto, senza neanche darmi il tempo di chiudere la portiera. Fece partire un cd di un genere con decisamente troppe urla e troppe chitarre elettriche per i miei gusti. Il volume era alto, e pensai che probabilmente rischiavamo di svegliare qualcuno a quell'ora della notte, ma mi trattenni dal dirlo per non infastidirlo.

Andava troppo forte, e continuava ad accelerare. 70 chilometri orari. 80. 90. Sempre più veloce per le strette strade della città deserta. Improvvisamente ricordai che nel corso della serata l'avevo visto bere almeno quattro boccali di birra. Io non ero abituata alla velocità, all'impulsività, mi piaceva fare le cose con calma e avere il tempo di ragionare e di prendere le mie indecisioni. Attraversammo un incrocio molto pericoloso con il semaforo rosso. La paura si stava impossessando di me.

-"Puoi rallentare, per favore?" Chiesi piano, non volevo essere maleducata, in fondo si era dimostrato gentile a offrirmi quel passaggio.

-"Cosa?" Disse ad alta voce, cercando di superare quella musica assordante.

-"Ho detto.."- mi guardava confuso, mentre abbassava il volume sbottai urlando istericamente -"Ho detto di rallentare, cazzo!"

Una lacrima di nervosismo mi solcò la guancia. In quel silenzio il mio urlo si era sentito troppo, mettendomi a disagio sotto il suo sguardo incalzante e stupito. Nel silenzio che ora aleggiava nella macchina gli unici suoni erano dovuti al mio respiro, che si era fatto pesante, e al mio battito, sempre più veloce.

-"As you want, my lady." Disse con un ghigno in viso, frenando improvvisamente. Di slancio caddi in avanti, nonostante avessi la cintura di sicurezza. Scoppiò a ridere. Era una risata isterica anche la sua, quasi selvaggia.

Non riusciva a smettere di ridere. Gradualmente quella risata si trasformò in un ansimare, all'inizio non capii, ma poi vidi che non riusciva più a respirare. Non ne potevo essere sicura, ma pensai subito a un attacco di panico. Non sapevo come reagire, volevo aiutarlo ma non ero abituata a reagire in velocità e probabilmente non avrei fatto in tempo a far arrivare un'ambulanza. Le mani mi tremavano. Ricordai di aver letto da qualche parte di calmare il soggetto in preda alla crisi con parole di conforto e contatto fisico.

Gli slacciai la cintura e salii a cavalcioni su di lui. Lo guardai negli occhi intensamente, prendendogli le mani. Erano fredde e si muovevano a scatti. Potevo vedere il terrore nei suoi occhi.

-"Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene. Ci sono io." Dissi lentamente, scandendo bene le parole. Con le mani stavo tenendo mentalmente il conto dei battiti, erano ancora molto veloci.

Non sapendo cosa fare, accesi l'unica radio che conoscevo, nonchè l'unica che partisse nella mia macchina: Radio Classica. Continuai a sussurrargli parole di conforto all'orecchio. Stavo tremando anche io dalla paura, tremavamo insieme. In quel momento eravamo un tutt'uno. Sentii che i suoi battiti stavano rallentando, e tirai un sospiro di sollievo. Appoggiai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi, sperando che un maggiore contatto fisico lo aiutasse a riprendersi più velocemente. Era così freddo, il suo viso sembrava di vetro.

-"Grazie" Lo sentì sussurrarmi. In quel momento mi resi conto della situazione in cui ci trovavamo, erano quasi le cinque, e stavamo uno sull'altro abbracciati nella sua macchina, ascoltando musica classica. Di colpo mi ritrassi da quell'abbraccio, ma lui mi strinse di più, riappoggiandomi la testa sulla sua spalla. Mi accarezzava il viso e i capelli.

Dopo poco fu lui a lasciarmi andare, mi risedetti al posto del passeggero e riallacciai la cintura. L'atmosfera era un po' tesa e un po' imbarazzante, ed io sentivo molto caldo, che si manifestava sulle mie guance rosate. Mi offrii di guidare io, almeno fino a casa mia, ma lui disse di essersi calmato e gli credetti, mi sembrava che ora stesse bene. La musica classica era ancora accesa.

Non parlammo più per tutto il tragitto, semplicemente perchè non avevamo niente da dirci. Ogni tanto notavo che lui mi guardava, e ogni tanto mi soffermavo io sul suo profilo, distogliendo però velocemente lo sguardo per non farglielo notare. Era davvero bello. Non l'avevo mai visto così vicino. La sua pelle così chiara lasciava emergere tanti dettagli del suo viso. Le occhiaie bluastre che gli circondavano i grandi occhi azzurri. Gli zigomi sporgenti, la mascella definita. Le labbra carnose, leggermente schiuse.

L'avevo sempre visto come una persona piatta, dove non c'era nulla da scoprire. Bello, ricco, poco intelligente, svogliato, disinteressato e arrogante. Il tipo di persona che è quello che mostra. Invece in così poco tempo avevo scoperto il suo amore per la musica, la sua profonda amicizia con Alessio, l'impegno nella loro band, la sensibilità che aveva mostrato sul palco, e ora questo. La vulnerabilità, il provare emozioni distruttive, come la paura, la rabbia, che avevano distrutto la corazza di freddezza che si era creato, mostrando il suo lato debole, umano.

Mostrando il vero Gennaro.

"Come tu mi vuoi"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora