Lo vidi rabbrividire dal freddo quando aprii la portiera. Non potevo crederci che era stato così incosciente da restare lì tutta la notte dopo la crisi che aveva avuto. Avevo sperato che fosse almeno tornato a casa a farsi una doccia, ma era ancora vestito come la sera precedente.
Sembrava spaesato dopo il mio rimprovero.
Continuai. -"E se ti fosse successo qualcosa? Chi ti avrebbe aiutato?"
Non rispose. -"Ma poi perché sei rimasto qui?"
-"Inizialmente volevo controllare che entrassi, poi ho ascoltato un po' di musica". Il suo tono era sereno, non sembrava neanche stanco.
Non parlammo più per tutto il tragitto. Guidava in modo molto diverso dalla sera prima, era prudente ma sicuro di sé, ciò mi faceva sentire tranquilla. Quando arrivammo parcheggiò accanto alla mia macchina, ed entrò con me.
Alessio ci venne incontro sorridendo.
-"Buongiorno coppietta, sempre insieme voi due?" Diventai visibilmente in imbarazzo e Gennaro rise della mia reazione. Alessio scrutò i vestiti dell'amico. -"Vuoi cambiarti da me? Immagino tu non sia neanche tornato a casa", lui annuì in risposta e prese al volo le chiavi che Alessio gli aveva tirato.
Sgattaiolai dietro al bancone e misi il grembiule, mentre i due ragazzi si scambiavano due parole all'entrata. Dopodiché Gennaro uscì e Alessio si avvicinò verso di me, sedendosi su uno sgabello e sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.
Appoggiò le braccia incrociate sul bancone e mi chiamò. Le occhiaie che gli incorniciavano gli occhi su di lui non creavano lo stesso effetto che facevano a Gennaro, ovvero quell'aria un po' misteriosa da ragazzo "bello e dannato", ma lo rendevano più umano, meno perfetto.
Per intavolare una conversazione gli chiesi dove fossero Valentina e la nonna. Mi rispose che Valentina avrebbe fatto il turno pomeridiano con lui, mentre la nonna cercavano di tenerla il più lontano possibile dal lavoro. Mi confessò che soffriva di Artrosi, e che erano entrambi molto preoccupati della sua salute, mentre lei sembrava non volerci dare peso, continuando a fare la vita di sempre. Vidi della malinconia nei suoi occhi, e d'istinto gli accarezzai il braccio.
Alternò il suo sguardo tra la mia mano e i miei occhi per qualche secondo, poi ritrassi il braccio e continuai a tirare fuori le tazzine dalla lavastoviglie.
Il locale sembrava un altro quella mattina, c'era calma, poche persone, silenzio. Gennaro era tornato dopo poco e si era seduto in un angolo a guardare il telefono. Gli avevo portato un caffè per tirarlo un po' su, dato che sembrava si stesse per addormentare sul tavolino di fronte a lui. Aveva indossato dei vestiti puliti, non sembravano di Alessio però, avrei giurato fossero stati suoi.
Alle 12:30 finì il mio turno, neanche mi ero accorta del tempo che era passato. Uscii velocemente dal bar e mi infilai in macchina. Doveva partire. Mi rimanevano 6 ore prima di dover andarmene da casa, e senza macchina la ricerca di un appartamento sarebbe stata impossibile.
Il timore e l'ansia mi assalirono quando infilai la chiave. Prima di girarla la fissai qualche secondo. Sentivo il mio cuore spingere contro il petto. Girai la chiave.
Niente. Solo un rumore fastidioso. Mi accasciai sul volante, un po' per la stanchezza, un po' per il nervosismo, un po' per l'ansia. Sbattei con la fronte sul clacson, facendolo suonare. Dio, che vergogna. Troppe emozioni negative, bastò poco tempo per sentire due calde lacrime scivolarmi sulle guance, e cadermi sulle ginocchia.
Tenevo gli occhi chiusi. Mi ritrovai a pensare nel giro di una settimana quante volte mi ero ritrovata in quella situazione, rispetto ad aver passato tranquillamente i mesi precedenti senza sentire pressioni esagerate.
Mi ripresi da quei pensieri quando sentii qualcuno bussare al mio finestrino. Pregai che fosse qualcuno che non conoscevo, uno sconosciuto qualunque, ma quando aprii gli occhi mi ritrovai a fissare i suoi grandi occhi azzurri. Gennaro. Mi guardò con dolcezza, e mimò sulle labbra un "Posso?". Gli feci cenno di sì con la testa, senza però staccarmi dal volante.
-"Non parte eh?"Annuì. Non volevo parlare.
Lo vidi pensare un po' a cosa dire, e poi: -"Posso intromettermi un po' nella tua vita?" Indugiai un attimo nei suoi occhi. Era così bello quando non metteva la maschera dell'arrogante menefreghista. Non avevo capito molto quella richiesta, ma mi fidai di lui e continuai ad annuire.Uscì dalla macchina sussurrandomi un veloce "Torno subito". Lo guardavo camminare avanti e indietro. Parlava nervosamente al telefono, stando attento a non scandire troppo bene le parole per non permettermi di leggere il labiale.
Ero piuttosto confusa. Cosa aveva voluto dire con quella frase? Intromettersi nella mia vita voleva dire cominciare a farne parte, ma ormai per me lui si era intromesso già da tempo. Nei miei pensieri, nel mio modo di agire, nei miei ricordi e nei miei sentimenti.
Per quanto fosse distante da me, non potevo negare a me stessa quanto lo sentissi vicino.
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"Come tu mi vuoi"
FanfictionElisabetta e Gennaro. Così diversi, ma il destino li vorrà sempre vicini, per quanto loro cerchino di allontanarsi si ritroveranno sempre legati, intrecciati, in un rapporto di sentimenti contrastanti.