Capitolo 17

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Era a questo che pensava Ashton, in una camera d'albergo qualsiasi con una ragazza qualsiasi, mentre non esitava a fare ciò per cui ci era andato. Era finita e voleva darci un taglio, diceva a sé stesso mentre si spogliava; pensava di non poter continuare così un giorno di più, mentre si lasciava andare agli istinti. Così per poco riuscì a non pensare a Luke, riuscì a non tenere a mente il suo sorriso per quelle poche ore; e pensò che forse, facendolo più spesso, sarebbe riuscito a cancellarlo proprio del tutto.
"Luke, è inutile che aspetti sveglio, Ashton non torna"

Erano le quattro passate, e Michael si era accorto di Luke, scivolato di soppiatto sul balcone. Faceva abbastanza freddo quella notte, nonostante fosse estate, eppure era fuori da circa mezz'ora con soltanto i boxer e una tshirt.

"Non me ne importa, se torna oppure no, ho voglia di stare fuori."  Rispose Luke, piatto.

"C'è qualcosa che non va?"

"Devi farmi l'interrogatorio perchè ho voglia di starmene all'aria aperta?" Il ragazzo era evidentemente scocciato.

"Direi di sì, se sono le quattro del mattino e sei qui mezzo nudo da più di mezz'ora"

"Non ho freddo, non sto aspettando Ashton e non ho neanche sonno. Vorrei solo stare da solo...ne ho bisogno, per favore" E dopo questa richiesta girò lo sguardo verso Michael, che guardandolo negli occhi scorse, seppure fosse ben nascosto, un velo di tristezza.

"Scusa"

"Grazie"

Detto questo, Michael tornò dentro, lasciandolo solo. Era una notte di promesse, quella; Luke, mentre guardava la città sotto di lui, aveva giurato: mai più si sarebbe fatto vedere debole davanti a qualcuno; mai più avrebbe rischiato tanto; mai più avrebbe sofferto come stava facendo. Dopo come si era sentito dopo la fine con Ashton, tutto avrebbe voluto, tranne che dover sentire di nuovo il suo cuore stritolato e ridotto in mille pezzi. Si addormentò così, dando pace ai suoi pensieri seduto sul pavimento freddo del balcone.

Ashton, intanto, faceva ritorno in camera silenzioso, muovendo piano la porta per non svegliare i suoi amici. Scivolò all'interno; non aveva per niente sonno, ma avrebbe fatto meglio a non fare rumore. Ad un tratto, scorse una figura sul balcone, immobile, rannicchiata in un angolo. Si avvicinò piano, per poi riconoscere Luke, che dormiva con la pelle d'oca ben visibile.

"Sei proprio uno stupido" gli sussurrò teneramente Ashton, mentre si avvicinava e gli metteva addosso una coperta, facendo attenzione a non svegliarlo.

"Buonanotte" gli disse sottovoce, vicino all'orecchio. 

Fu tentato di baciarlo, quando si avvicinò al suo viso. Sarebbe stato solo per quella volta, pensava; questione di un secondo, nessuno l'avrebbe visto, nemmeno lui.

Poi, però, non lo fece: tornò dentro, lentamente, e si mise a dormire. Guardò per quasi un'ora il soffitto, per poi scivolare in un sonno senza sogni.

L'estate finì così, con Ashton che passava da un letto all'altro convinto che prima o poi, in qualche modo sconosciuto anche a lui, avrebbe funzionato, e con Luke che fingeva che non gli importasse. Intanto, per i 5 Seconds of Summer non poteva andare meglio: erano diventati famosi a tutti gli effetti, finché persino Louis Tomlinson, cantante del gruppo più famoso del pianeta, i One Direction, non li notò, pubblicando un loro video su Twitter. Era l'occasione giusta per farsi conoscere fuori dall'Australia e sfondare in tutto il mondo. Quel giorno festeggiarono proprio come facevano prima di essere così impegnati con la musica: erano a casa di Michael, con pizza, qualche dvd e un sacco di cose da raccontarsi nonostante fossero insieme praticamente tutti i giorni.

"Avanti Calum, dicci la verità! Con chi stai messaggiando da tutta la sera?"

"Ehi! Lasciatemi stare! È mia sorella!"

"Non ti crede nessuno!"

E ridevano senza alcun freno, divertendosi come non mai; poi, Ashton uscì nel cortile sul retro con una bottiglia di birra. L'aria era ancora tiepida, nonostante fosse ottobre: poteva permettersi, complice il caldo causato dall'alcool, di non portare la giacca. Erano passati cinque mesi, pensava, mentre guardava il cielo; dopo quella festa, presi com'erano con la musica, Michael non ne aveva più organizzate; decise che forse era stato meglio così, ricordandosi il mal di testa del mattino dopo. Rise tra sé e sé, pensando che quella sarebbe stata la festa che si sarebbe ricordato più a lungo negli anni a venire, e che ci aveva passato soltanto una ventina di minuti. Era stato il suo gesto che aveva cambiato le cose tra lui e Luke: se non ci avesse provato quella sera, non l'avrebbe fatto mai più; e nonostante tutto, non se ne pentiva affatto. Ebbe un flashback: sentì ancora per un attimo, perfettamente, la gelosia frustrante che aveva provato quando l'aveva visto, barcollante e con la camicia sbottonata, uscire dalla cucina. Ma quant'era bello, pensava; e fu quel pensiero a dargli coraggio quella sera, fu la voglia che aveva di lui, intensa come non l'aveva mai sentita; la tensione tra di loro, quando Luke, con le guance arrossate, lo provocava parlandogli e guardandolo negli occhi, con i suoi amici intorno, mordendosi il labbro; e Ashton non poteva resistere: lo prese per un braccio, come per reclamare ciò che sapeva fosse suo, e lo portò fuori, proprio lì sul retro. Lo inchiodò al muro e gli parlò, come per cercare di dargli una colpa che in realtà non aveva; Ashton lo conosceva ancora troppo poco per capire cosa tanto lo attraesse di lui, come fosse una calamita. Quando nei paraggi c'era Luke, non c'era altro a cui i suoi occhi potessero dare attenzione.
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore della porta, che si apriva, mentre qualcuno metteva piede lì fuori. Ashton si girò per guardare chi fosse; forse era colpa della birra, e probabilmente se ne sarebbe pentito, ma non esitò a rompere il ghiaccio.

"Indossi la stessa camicia" gli disse, mentre la vedeva, questa volta, perfettamente abbottonata.

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