Capitolo 20

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Calum parlò, rompendo quel ghiaccio spesso e duro che li separava, silenzioso, da mesi.

"Scusami, per quello che ti ho fatto. Ti ho dato delle colpe che non ti meritavi, ti ho trattato come non avrei dovuto, solo perché non ho cercato di capirti e ho preferito invece rimanere con le mie idee. Spero che tu possa perdonarmi...perché sei importante per me Luke, e voglio dimostrartelo."

Passò qualche secondo di silenzio, poi Luke iniziò a parlare, piano.

"Era un pomeriggio di sole. Faceva caldissimo, forse più di tutti gli altri giorni precedenti. Contavo le mattonelle sull'asfalto come al solito, mentre venivo a casa tua per le solite prove; era ancora maggio.
Poi, quando sono arrivato davanti al tuo cortile, l'ho visto; era là, che si guardava intorno spaesato, come se fosse piombato lì di colpo da un altro pianeta; Gli chiesi se avesse bisogno di qualcosa, e lui si voltò verso di me, e mi sorrise. Sarei rimasto lì a guardarlo per tutto il giorno. Aveva gli occhi del verde più bello che avessi mai visto; un sorriso così luminoso che mi fece battere il cuore talmente forte da farmi quasi scordare di quel caldo tropico." E sorrise Luke, mentre gli scendeva una lacrima e guardava le stelle. Calum si avvicinò, e lo strinse forte.

"Non é finita, Luke. Non se ci provi davvero"

"Io ho paura di rovinare tutto"

"Potrebbe andare peggio di così?"

"Non riesco a parlargli. Ogni volta che vorrei dirgli qualcosa, mi si blocca tutto in gola. É più forte di me." E guardò a terra, rassegnato.

"Allora fai la cosa che ti riesce meglio, Luke" gli disse l'amico, fiducioso.

"E cosa?"

"Canta"

"E cosa dovrei cantare?"

"Non lo so, potrei aiutarti io. Scriviamo qualcosa insieme"

"Non ce la farò mai"

"Non essere stupido. Quanto ti importa di lui?"

"Ce la metterò tutta"

E tornarono a casa, con le prime luci dell'alba a rischiarare il cielo.

Da quel giorno, Luke non pensò ad altro. Pensava a quella maledetta canzone più che ad ogni altra cosa: ci pensava quando si alzava, controvoglia, la mattina; ci pensava mentre si avviava allo studio (e non più al garage) tra il freddo sempre più glaciale; ci pensava addirittura mentre ne cantava altre, di canzoni; ci pensava ogni volta che Ashton lo sfiorava per sbaglio, ogni volta che i loro occhi si incontravano per sbaglio, ogni volta che se ne andava prima o arrivava tardi; ogni volta che invece rimaneva lì tutta la giornata, ogni volta in cui ci dava dentro con la batteria e lui cantava al ritmo di quelle percussioni; ci pensava ogni volta che tornava a casa, la sera tardi, e quando finalmente andava a dormire stanco, ma soddisfatto. Stava prendendo forma da sola, lentamente, nella sua testa, come se le parole da dirgli le avesse sempre sapute una ad una. Alcune volte si trovava da solo con Calum, e ne parlavano; l'amico cercava di suggerirgli l'arrangiamento, per esperienza, ma Luke iniziava ad avere un'idea ben chiara di ciò che ne sarebbe uscito fuori. Ci stava mettendo il cuore, e sperava davvero che tutto andasse per il verso giusto.
Ashton, dal canto suo, aveva altri problemi a cui pensare. Era quasi arrivata la fine dell'anno, e a casa le cose non andavano per il meglio; tant'é che Michael, insospettito per le continue assenze del ragazzo, non glielo chiese direttamente. Si stavano incamminando insieme verso lo studio, quando Ashton parlò.

"Michael, ti avviso già che oggi uscirò prima"

"Va bene ma...non pensi di starci trascurando un po' troppo? Voglio dire, capisco che tu possa aver trovato qualcuno di importante per te, con cui tu voglia passare il tuo tempo, io non voglio criticarti, però...questo momento é importante per noi, Ashton" gli disse, serio in viso.

Ashton rise, smettendo di camminare e appoggiandosi ad un muretto a lato della stradina.

"Tu...pensi veramente che io mi comporti così con voi..per una ragazza?"

"Scusa Ashton, ma è quello che pensano tutti" e fece una breve pausa. "É quello che pensa Luke"

Ashton spalancò gli occhi e si passò le mani sul viso, incredulo.

"Mia madre sta male, Michael. Non è un bel periodo; non può badare da sola a mio fratello e a mia sorella, quindi per quanto posso devo farlo io..mi dispiace se abbiate pensato questo di me...mi dispiace se non ve ne ho parlato"

Michael rimase stupito; era imbarazzato adesso, e si passò una mano dietro ai capelli, confuso.

"Io..non me l'aspettavo proprio, mi dispiace..io..ma perché non ce l'hai detto? Ti saremmo stati vicino!"

Ashton sospirò profondamente: "Lo so, io non parlo volentieri dei miei problemi, è un mio difetto; non mi piace che gli altri si preoccupino troppo o si facciano carico delle mie faccende per me, tutto qui"

Michael lo abbracciò.

"Sei uno stupido" gli disse; e si sentì uno stupido anche lui, ad aver pensato che Ashton potesse essersi scordato di Luke così improvvisamente.

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