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Eravamo ancora seduti sul marciapiede di fronte a casa mia e continuavamo a parlare, mi raccontò della sua giornata e del fatto che i suoi genitori avevano insistito per farlo partire quella stessa mattina con un volo diretto per il New Jersey, a casa di un vecchio amico di infanzia del padre, ma era riuscito a perderlo ed aveva dovuto rifare il biglietto per il primo aereo con in posto a sedere libero, che partì poche ore dopo, e così atterro qui a mezzanotte passata.

«Scusa se mi impiccio, ma cosa avresti combinato di tanto assurdo da doverti allontanare dai tuoi genitori?»
Fece un attimo di pausa stringendo le labbra e poggiando i gomiti sulle ginocchia piegate, abbassando per un breve istante lo sguardo sulle sue mani, prima di rispondere in tutta tranquillità.

«Mi sono innamorato di mia cugina, diretta..»
Era leggermente imbarazzato, gli si leggeva negli occhi.

Tenevo le gambe incrociate e le mani poggiate sul marciapiede, accanto ai fianchi, tenendo le braccia tese e le spalle un poco alzate mentre lo guardavo.

«Dici seriamente?»
Mormorai, inarcando le sopracciglia.
La sua espressione cambiò, tramutandosi in una piccola smorfia mentre prese ad annuire.

«Oh dio, 'innamorato', diciamo che ne ero attratto ed i miei genitori ci hanno visti mentre pomiciavamo..»
Fece spallucce alzando le spalle velocemente, per poi soffiare una piccola risata e portare una mano alla testa, accarezzandosi i capelli.

«Tua cugina..»
Ero rimasta bloccata, volevo ridere ma mi sembrava poco carino, quindi cercavo di trattenere il sorriso mordicchiando il labbro inferiore.

Notai però che lui il sorriso divertito sulle labbra l'aveva e poco dopo riprese a parlare, non dandomi il tempo di dire altro.

«Ma tralasciamo, è una storia noiosa e complicata, che dovrei dimenticare stando qui. Tu piuttosto che ci fai qui fuori alle quattro del mattino?»
Storsi un poco le labbra e poi presi un piccolo respiro, espirando poi una risposta alla sua domanda.

«Mi pare ovvio, per parlare con degli sconosciuti e farmi gli affari loro»
Mormorai ironica, lasciandomi scappare un sorriso sulle labbra che anche lui mi mostrò, per poi scoppiare entrambi in una piccola risata.

«No, beh, io non ho mai avuto relazioni con dei parenti, magari cugini di qualche grado, inconsapevolmente, ma non potrei assicurartelo»
Continuai, prendendolo in giro.

«Sì, brava, prenditi gioco di me»
Mimò un applauso avvicinando i palmi delle due mani tra loro, mentre sorrideva divertito e di tanto in tanto, tra uno sbuffo e l'altro, lasciava che trapassassero delle risate.

«Ammetto di averlo fatto apposta, ma hai rovinato la mia passeggiata notturna stasera»
«Credevo fossi uscita apposta per incontrare persone come me, non per camminare»
«Touché»
Mormorai, per finire, mantenendo un piccolo sorriso ed abbassando lo sguardo sulle mani che unii e sfregai tra loro per pulirle dai sassolini del marciapiede che erano rimasti attaccati alla pelle.

«E poi c'è Cameron, che ha una sete non misurabile ma allo stesso tempo il bisogno urgente di usare un bagno»
Rialzai lo sguardo ridendo alle sue parole, passando poi la lingua tra le labbra prima di alzarmi con decisione e mettermi davanti a lui, porgendogli le mani ed aiutandolo ad alzarsi mentre mormorai in risposta:

«Che coincidenza, io ho un bagno e, in teoria, dell'acqua potabile in frigo, a meno che tu non voglia bere direttamente dal water già che ci sei»
«Mhn, no, penso che dopo il bagno passerò in cucina»
Annuì, rispondendomi con tono scherzoso, esattamente come avevo fatto io, poi strinse solo una delle mie mani e si alzò, senza che lo aiutassi, lasciando subito dopo la presa - inutile aggiungerei -, sorridendomi e concludendo la frase.

«Usufruisco e me ne vado, giuro» disse.

Ripercorsi il breve tratto che divideva l'ingresso di casa mia alla strada e premetti i palmi di entrambe le mani contro il legno liscio della porta, così da aprirla lentamente e sentirla cigolare appena, facendo subito dei piccoli passi all'interno per poi girarmi e far segno al ragazzo di entrare e far silenzio, richiudendola lentamente e mettendo poi la sicura.

«Su di sopra, la prima porta che ti trovi di fronte è il bagno»
Sussurrai, sporgendo il busto verso di lui per far si che potesse sentirmi senza problemi, indicando nel frattempo le scale.

Alzò un pollice facendomi quindi intuire che avesse capito, poi ammiccò e si voltò per camminare verso le scale e salire ogni gradino lentamente, con i bagagli in spalla.
Sì, anche il trolley.

Lo osservai per un breve istante facendo ricadere lo sguardo sulla sua figura magra oscurata dal buio che c'era all'intero, voltandomi poi per entrare in cucina ed aprire il frigo alla ricerca della bottiglia verde-acqua, afferrandola poi per estrarla dal frigo e portarla al petto, richiudendo l'anta e lasciando quindi che anche la luce all'interno si spegnesse.

Mi avvicinai ed aprii lentamente il piccolo mobile posizionato al di sopra del lavandino per estrarre due bicchieri, facendoli involontariamente tintinnare tra loro mentre cercavo di richiudere l'anta, accompagnandola per evitare di svegliare qualcuno con un tonfo.

Uscii dalla cucina e mi guardai intorno mentre mi avvicinavo in punta di piedi alla camera dei miei, così da controllare che stessero ancora dormendo, allora avvicinai l'orecchio alla porta cercando di sentire mio padre russare, cosa che fu inutile visto che quell'uomo era una banda, quando dormiva, infatti lo sentii senza avvicinarmi troppo e sospirai di sollievo.

Camminai velocemente verso le scale, rallentando quando iniziai a salirle, ed una volta arrivata in cima presi un respiro e guardai velocemente la porta del bagno, che però era ancora chiusa e ne approfittai per entrare in camera mia, portando con me il trolley e la borsa che aveva abbandonato lì vicino il ragazzo, per sistemarlo accanto alla porta subito dopo aver posato la bottiglia d'acqua e i bicchieri sulla scrivania, così da avere le mani libere, infine ripulii velocemente il tavolo bianco appallottolando i vestiti e lanciandoli nell'armadio.

Penso che sia un problema comune di tutti gli adolescenti quello della camera in disordine, legati a questo poi ci sono i genitori che ti urlano addosso tutto il giorno di sistemare, quando sono i primi che lasciano le ciabatte sotto il divano o sotto al tavolo in cucina.
Coerenti.

Uscii dalla stanza e mi avvicinai alla porta del bagno, che giusto in quel momento si stava aprendo, ed in quello stesso istante sentii la voce di Cameron pronunciare "hai davvero un bel-" ma lo bloccai, premendo una mano sulla sua bocca quando, sorpresa, vidi la porta della camera di mio fratello aprirsi e dei piedi strisciare verso l'esterno, allora mi fiondai sul corpo del ragazzo di fronte a me per mantenergli la bocca tappata, con una mano, e premere contro il suo petto l'altra per spingerlo nuovamente all'interno del bagno, chiudendo velocemente la porta con un piede e poggiandomi contro questa con la schiena mentre premetti le labbra una contro l'altra, facendo una piccola smorfia.

«C'era bisogno di traumatizzarmi così?»
Mormorò Cameron, spostando prima la mia mano verso il basso, accompagnandola con la sua.

Alzai lo sguardo ed incontrai il suo, notando la distanza che in tutto quel trambusto si era dimezzata tra noi, al che allontanai la mano dalla sua bocca e rilasciai la presa contro la sua maglia, che involontariamente avevo stretto tra le dita.

«Come spiegavo a mio fratello chi eri? A malapena lo so io..»
Sussurrai in risposta, non potendo però sentire la risposta di Cameron perché mio fratello lo batté sul tempo, mormorando il mio nome con voce assonnata.

«Amanda, sei tu?»

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