fourteenth

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Nonostante il primo giorno di scuola sia uno dei più leggeri di tutto l'anno, sa anche essere quello più distruttivo.
Le raccomandazioni, il programma, le minacce, sempre meno compagni di classe e quindi più probabilità di essere interrogati, i nuovi professori e le loro presentazioni..
Beh, appunto.

Capita una volta nella vita, ma che dico, probabilmente una volta alla settimana, ma capita a tutti bene o male di sentirsi altamente a disagio la mattina presto.
Una mattina ti svegli ed hai quello strano presentimento che qualcosa non andrà per il verso giusto, l'ansia per le varie cose da fare sale ed anche la stanchezza al pensiero di dover rivivere 300 e rotti giorni prima di rilassarsi ancora per tre mesi.
Insomma, una volta entrati a scuola non si esce finché non te lo dice la campanella.

«Spero abbiate passato delle belle vacanze, che vi siate rilassati, perché ora dovrete tornare a lavorare»
I suoi occhietti chiari si spostarono a destra e a sinistra sotto la montatura di plastica degli occhiali.

«Siamo coinvolti in vari progetti quest'anno e per starci col programma dovremo andare un po' di fretta, ma.. bla bla bla bla»
Le parole sembravano disperdersi in piccoli "bla bla" mentre la testa scivolava dall'appoggio che mi ero creata con la mano.

Mi sembrava di aver sentito quei discorsi pure la notte, li sapevo meglio di loro a forza di sentirli anno dopo anno, erano sempre gli stessi, chissà se sta volta quei progetti esistevano o no.

Driiin.
Dolce suono che mai ho amato tanto.
O forse sì.
Ci alzammo tutti contemporaneamente iniziando a parlare tra di noi mentre la professoressa era solo un urlo di sottofondo al nostro baccano, era arrivato il momento di raccontare la mia estate alle mie amiche prima che la prossima ora cominciasse con il cambio del professore, o almeno iniziare.
Mi sedetti su un banco dando le spalle alla cattedra ed iniziai a parlare con le due ragazze sedute di fronte a me, su due banchi.

«Senti Amy, ma quel Cameron vive davvero da te?»
Prima che potessi aprire bocca per respirare dovetti sbuffare (l'aria che ancora non avevo inspirato).

«Sì, perché?»
Dissi scocciata, guardandomi intorno o abbassando lo sguardo sulle mani.
Ricominciarono a parlare ma non le ascoltai, anche perché non appena alzai lo sguardo vidi una mano passare sul mio banco e buttare a terra il mio astuccio ancora mezzo vuoto.

«Andrew ma che diavolo fai?»
Urlai saltando giù dal banco per accucciarmi a terra mentre lui scappava al suo banco.
Cercai di raccoglierli il più in fretta possibile ma dovetti gattonare fino alla seconda fila, ed io stavo all'ultima, quando sentii chiudere la porta e tutti alzarsi in piedi.

Merda.
Mi alzai di scatto tenendo lo sguardo basso sul mio corpo per pulirlo dallo sporco del pavimento – perché pulirlo? – e tenendo stretti in mano una penna ed un evidenziatore rosa.

«Sedetevi pure ragazzi»
Sentendo quella voce alzai lo sguardo con tranquillità, come se fosse normale sentirla, ed in quello stesso momento il cuore mi si fermò.
Capelli corti, barba perfettamente tagliata, camicia chiara, il primo bottone sbottonato.

Daniel.
Mi voltai di scatto e camminai in fretta verso il mio posto, sedendomi sulla sedia e sperando anche di affondarci.

«Buongiorno ragazzi, io mi chiamo Daniel e –»
Ti prego non dirlo, ti prego no.
«.. sarò il vostro professore di spagnolo quest'anno»

Merda.
Lasciai ricadere la testa sulle mani che stavano posate una sull'altra sul banco di legno al quale stavo seduta, restando nascosta dietro le due ragazze nei banchi di fronte al mio.
Ora tutta l'ansia si era trasformata in terrore, senza un preciso motivo, in effetti..
Voglio dire, stavo per intraprendere una simil-relazione con un ragazzo che poi aveva affermato di doversene andare (anche se ora stava semplicemente ad un paese o due di distanza) ed oltretutto si era rivelato essere il mio nuovo professore di spagnolo.

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