E come se fossimo già morte

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Imprecai.
Un freccia mi colpì la gamba poi l'altra, non potevamo fare niente eravamo fregati, l'uomo che in teoria avevo ucciso mi venne in contro, a ogni suo passo una freccia partiva dalla sua balestra, e si conficcava nella mia carne strinsi i denti, mi voltai verso il licantropo che avevo aiutato,si chiamava Rich o così mi aveva detto, adesso era sdraiato per terra con un decina di freccia puntate a adosso, le sue urla lacerarono l'aria sotto il silenzio degli altri licantropi rimasti incatenati.
L'argento non mi indeboliva più di tanto essendo la figlia della Luna.
-Voglio sentire le tue urla, voglio sentirti supplicare affinché ti risparmi la vita- disse il cacciatore che avevo incontrato a scuola.
Bastardo.
Non gli avrei dato questa soddisfazione, corsi verso di lui cercando di colpirlo, ma non riuscii neanche ad avvicinarmi che altre cinque freccia mi tagliarono la carne.
Indietreggia trattenendo le urla, sputaii sangue, sentivo il peso delle mie gambe cedere, estrassi le frecce stringendo i denti.
Un altra freccia mi colpì la spalla.
-Voglio sentirti urlare- ripeté il cacciatore con un sorriso beffardo e arrabbiato sul volto.
-Va all'inferno-
Una freccia schioccò conficcandosi nella mia spalla, questa volta le mie gambe cedettero, il dolore aumentava sempre di più, il sangue colava a flotti da ogni ferita.
Lui avanzò e vidi la sua balestra puntata proprio sulla mia testa con la punta della freccia che era in leggero contatto con la fronte.
-Supplica per la tua vita se non vuoi che ti uccido-
Cosa avrei dovuto fare? Supplicare?No?
Quante volte mi avevano minacciato di uccidermi eppure ero ancora qui, ma se questa volta fosse davvero la mia fine.
Avrei dovuto ascoltare l'orgoglio o il buon senso?
Solo una era la risposta, e solo una era esatta, o forse no.
Se fossi morta, avrei risolto le divergenze fra i branchi e tutti i sospetti, ma nello stesso tempo avrei perso Tiberius, e i sentimenti che provavo per lui.
Cosa avrei dovuto sciegliere la ragione o l'amore.
Avrei dovuto pensare agli altri o solamente a me stessa.
Se fossi morta tutto si sarebbe risolto, tutto sarebbe tornato normale, Tiberius non avrebbe avuto più a che fare con i miei problemi, dopotutto se ne era andato e forse era meglio così, sarebbe stato meglio senza di me e tutti i miei casini.
Ormai la mia mente stava assimilando il pensiero di morire.
-Quindi, cosa vuoi fare?- ripeté il cacciatore.
Guardai la balestra puntata sulla mia testa, poi incontrai gli occhi del cacciatore verdi e oscuri.
-Va all'inferno-
Un freccia schioccò, mi mancò il respiro...
Il mio orecchio venne a contatto con lama gelida della freccia, che si trovava a pochi centimetri di distanza dal mio viso.
-Una morte rapida è un regalo troppo generoso- disse il cacciatore con sguardo beffardo.
-Per te una morte lenta e sofferta-
Sollevai gli occhi al cielo, ero pronta a morire e invece..
La mano del cacciatore mi afferrò il collo, i suoi occhi si scontrarono contro i miei in guerra di sguardi.
-Che pena che fate, il vostro onore supera anche la morte- sussurrò il cacciatore.
-E sai una cosa, decidere di lasciarti morire non ti da onore ne coraggio ma solo stupidità, voi licantropi fate solo pena- continuò il cacciatore

-Ma io..non lo faccio per l'onore- dissi soffocando in qualche colpo di tosse.

-Lo faccio per me stessa-
La mia vista lasciò spazio dall'oscurità.

Aprii gli occhi stordita.
feci per muovermi ma le mie mani erano incatenate con delle manette sopra la mia testa, erano tenute da una catena collegata al muro da un perno di ferro, lo stesso per il collo legato però con un'altra catena collegata allo stesso perno.
Le manette che mi imprigionavano le mani erano d'argento e la pelle bruciava al contatto.
Mi voltai, vidi Kaila di fianco a me anche lei incatenata al muro, aveva numerose ferite, il sangue gli colava dalle mani per colpa dell'argento, la sua testa tesa all'indietro, gli occhi chiusi.
-Kaila!- la chiamai.
Gli occhi di lei si spalancarono lentamente.
-Isabelle-
-Sono qui Kaila-
L'amica si voltò, il suo sguardo era buio e vuoto.
Eravamo chiuse dentro una specie di cella, oltre alle sbarre vedevo più avanti altri licantropi incatenati.
-Dobbiamo andarcene- dissi cercando di rompere le maniglie.
-Non possiamo- la sua voce era debole e spenta.
-Anche se rompiamo le manette, la cella è chiusa, non c'è via d'uscita-
La guardai sconvolta.
-Ma..ci deve essere..un modo..per uscire.-
Kaila tossì sangue.
-Sono cacciatori di licantropi.
E come se fossimo già morte-
Come poteva arrendersi così, senza combattere, Bhe dopotutto l'avevo fatto anch'io mi ero decisa a morire, mi ero arresa.
Ma non l'avrei fatto di nuovo.
-Non dire così, c'è sempre speranza- dissi cercando di rompere le manette.
-Per me no, forse te si, sei la Figlia della Luna-
La guardai i suoi guardavano il soffitto tetro.
-Non dire così-
-Isabelle è vero, se c'è qualcuno che si può salvare quella sei tu, se gli dici chi sei forse ti risparmiano- quelle parole gli uscirono dalla bocca come fossero veleno.
-O forse mi uccideranno prima di tutti- ribattei.
-Eh anche se mi risparmiassero la vita, io ti aiuterei e aiuterei Ethan.-
Kaila continuava a osservare il soffitto, come se stesse cercando qualcosa.
-Se mai riuscirai a uscire da qui l'unica cosa che puoi fare per noi è pregare.-

La Figlia della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora